Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36737 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36737 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a POZZUOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/01/2024 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette4sentit le conclusioni del PG , NOME COGNOME
udito il difensore
Trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di Napoli, investito di richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere, applicata dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 10 novembre 2023, nei confronti di NOME COGNOME, in relazione ai reati di tentato omicidio e tentata estorsione ai danni NOME COGNOME, rispettivamente contestati ai capi 1) e 2) dell’imputazione provvisoria. Ha, tuttavia, escluso per entrambi i reati, l’aggravante di cui all’ar 416-bis 1. cod. pen.
A ragione della decisione, premesso che l’aggravante in parola era stata ritenuta dal Giudice per le indagini preliminari solo sotto il profilo del metod mafioso, ha ritenuto che non si potesse attribuire alle pur «gravi condotte poste in essere, la veste propria della violenza o della minaccia mafiosa, ossia di quella più penetrante, energica ed efficace che deriva dalla prospettazione della sua provenienza da un sodalizio di tipo criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti» e che la ricostruzione dei fatti non induceva a ritenere che «le modalità dell’azione evocassero la percezione nella persona offesa di trovarsi di fronte ad una associazione mafiosa».
Avverso detta ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e – con un unico, articolato motivo – lamenta l’inosservanza ovvero l’erronea applicazione dell’art 416-bis 1. cod pen.
A tal fine, preliminarmente richiama la condivisa motivazione resa, sul punto, dal Giudice per le indagini preliminari, che ha ritenuto sussistente l’aggravante in parola esclusivamente sotto il profilo del metodo mafioso con riferimento sia al reato di tentato omicidio, sia a quello di estorsione, inferendol dall’avere l’indagato, unitamente ai complici, agito in pieno centro cittadino, unitamente a cinque persone che fronteggiavano un’unica vittima, fatta simbolicamente inginocchiare «a mo’ di esecuzione».
Il Pubblico ministero ricorrente valorizza, inoltre, l’atteggiamento della vittima che, con grande timore, aveva indicato i nomi dei soggetti che si erano recati presso la sua abitazione, riconoscendoli nelle foto segnaletiche, nonché le minacce allo stesso COGNOME e alla sua famiglia, successivamente all’aggressione, da parte di soggetti che si erano presentati «a nome di quelli di Pomigliano», così chiaramente evocando l’esistenza del sodalizio mafioso.
Il Sostituto Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta in data 29 aprile 2024, ha prospettato l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Non è superfluo premettere che il Collegio condivide l’orientamento, ormai affermatosi come maggioritario, secondo cui «Nel procedimento incidentale cautelare, deve ritenersi concreto e attuale l’interesse del pubblico ministero a impugnare l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari, pur accogliendo la richiesta di applicazione della custodia in carcere, abbia escluso la sussistenza della circostanza aggravante ad effetto speciale del c.d. metodo mafioso, atteso che dal riconoscimento della predetta circostanza conseguono l’applicazione dì termini più lunghi di durata della misura, l’operatività de presunzione di adeguatezza della misura custodiale, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. ed il radicarsi della competenza a svolgere l’attività dì indagine in capo all’ufficio distrettuale» (Sez. 2, n. 37977 del 24/11/2020, Guerra, Rv. 280469).
Venendo alla dedotta violazione di legge, questa Corte ha più volte chiarito che l’aggravante del metodo mafioso è configurabile quando si ponga in essere un comportamento minaccioso tale da richiamare alla mente e alla sensibilità del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga ad un sodalizio del genere anzidetto e a esercitare sulle vittime del reato una particolare coartazione psicologica (Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, Marando, Rv. 273190; Sez. 6, n. 41772 del 13/06/2017, COGNOME; Sez. 2, n. 45321 del 14/10/2015, COGNOME, Rv. 264900; Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, COGNOME, Rv. 263525; Sez. 2, n. 38094 del 05/06/2013, COGNOME, Rv. 257065).
Proprio in tema di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, questa Corte ha affermato che «l’accertamento dell’idoneità e della direzione non equivoca degli atti del tentativo deve essere svolto sulla base di un giudizio ex ante che tenga conto delle intrinseche connotazioni dell’atto stesso, e, quindi, della concreta situazione ambientale in cui l’atto è stato posto in essere, nonché della connotazione storica del fatto, delle sue effettive implicazioni co riferimento alla posizione dell’agente e del destinatario della condotta e del suo significato alla luce delle consuetudini locali» (Sez. 5, n. 44903 de 13/09/2017,COGNOME, Rv. 271062).
Infine, se per la configurabilità dell’aggravante è sufficiente, in un territ in cui è radicata un’organizzazione mafiosa storica, che il soggetto agente si
riferisca implicitamente al potere criminale della consorteria, in quanto tale potere è di per sé noto alla collettività (Sez. 2, n. 34786 del 31/05/2023, COGNOME, Rv. 284950), si è tuttavia precisato che la stessa può sussistere anche in assenza di una compagine mafiosa di riferimento, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia assumano veste tipicamente mafiosa (Sez. 2, n. 36341 del 02/07/2019, COGNOME, Rv., 277033; Sez. 5, n. 21530 del 08/02/2018, COGNOME, Rv. 273025; Sez. 6, n. 41772 dei 13/06/2017, COGNOME, Rv. 271103; Sez. 2, n. 49090 del 04/12/2015, COGNOME, Rv. 265515; Sez. 2, n. 322 del 02/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258103; Sez. 2, n. 17879 del 13/03/2014, COGNOME, Rv. 260007).
Ciò premesso, il Pubblico Ministero ricorrente a buona ragione lamenta che il Tribunale del riesame, nell’escludere la circostanza de qua, ha reso una motivazione assertiva e, comunque, contraria alle risultanze investigative e ha trascurato elementi indicati nella stessa ordinanza, in punto di ricostruzione dell’agguato omicidiario e della condotta estorsiva, con riferimento ai quali ha ritenuto la sussistenza della gravità indiziaria, intesa come qualificata probabilit di colpevolezza (ex plurimis Sez. 3, n. 17527 del 11/01/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275699; Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270172; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269179; Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, COGNOME, Rv. 268683), così rendendo la motivazione manifestamente illogica.
Il Tribunale – come segnalato dal Pubblico ministero ricorrente – ha, invero, trascurato di considerare che le richieste estorsive rivolte alla vittima erano stat accompagnate, con ogni evidenza al fine di ingenerare nel destinatario il necessario metus, dall’affermazione di agire «a nome di quelli di Pomigliano» e che l’esecuzione era avvenuta in pieno giorno, con modalità eclatanti funzionali a determinare una condizione di omertà ovvero d’intimidazione, evocata traverso l’ostentazione della capacità criminale del gruppo.
Sotto tale profilo, vale la pena di richiamare l’ulteriore principio espress dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’aggravante non può ritenersi integrata sulla mera scorta della connotazione mafiosa dell’azione o dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportamenti di tale organizzazione e, ad esempio, dal mero carattere eclatante dell’azione, ma è configurabile nel caso di condotte che presentano un nesso eziologico immediato rispetto all’azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla più pronta e agevole perpetrazione del crimine (Sez. 1, n. 37621 del 14/07/2023, C., Rv. 285761; Sez. 1, Sentenza n. 26399 del 28/02/2018, Barba, Rv. 273365).
S’impone pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata relativament all’aggravante di cui all’art. 416-bis 1. cod. pen., con rinvio per nuovo g che, libero negli esiti, sia ossequiante dei principi sin qui richiamati.
La cancelleria curerà l’adempimento di cui all’art. 94, comma 1-t disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al punto concernente l circostanza all’aggravante di cui all’art. 416-bis 1. cod. pen. e rinvia pe giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, dsp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente