Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7318 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7318 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 21/6/2024 la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza del GIP del Tribunale di Roma in data 3/10/2023 che, in esito a giudizio abbreviato aveva condannato, per qual che qui interessa, COGNOME NOME per più episodi di estorsione minaccia aggravati dal metodo mafioso e COGNOME NOME per il delitto di estorsio aggravata dal metodo mafioso.
La Corte di appello, inoltre, ha assolto COGNOME Roberto dai reati a lui ascritti ai capi dell’imputazione, quest’ultimo con riferimento all’episodio di minaccia in danno di COGNOME NOME, perché il fatto non sussiste; ha riqualificato i fatti di cui al capo 18) ai sensi dell cod. pen. e al capo 19) ai sensi dell’art. 610 cod. pen. escludendo, rispetto all’estorsione d al capo 19), l’aggravante del metodo mafioso rideterminando la pena in anni otto, mesi quattro e giorni venti di reclusione, oltre alla multa.
Quanto alla posizione di COGNOME NOMECOGNOME odierno ricorrente, la Corte di appell integralmente confermato la sentenza di primo grado che lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia in ordine al delitto di cui al capo 3).
2.Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione COGNOME NOME il quale, tramit l’avv. NOME COGNOME lamenta:
2.1.1. carenza ed illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussist dell’aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. in relazione al deli estorsione di cui capo 3). Ad avviso del ricorrente la riqualificazione del fatto estorsivo di capo 2) in violenza privata, con esclusione, rispetto a detta fattispecie, dell’aggra dell’utilizzo del metodo mafioso, avrebbe dovuto condurre la Corte di appello ad escluder (anche) in relazione al reato ritenuto più grave (capo 3): estorsione in danno di COGNOME, l’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. per l’assenza di minacce esplici parte del COGNOME, soggetto non appartenente ad un consorzio mafioso, il quale si era limitat dichiarare il proprio nome e cognome (così per tutte le ipotesi estorsive aggravate d metodo). Ad avviso del difensore la Corte di appello avrebbe reso, sul punto, una motivazione meramente apparente senza spiegare le ragioni per le quali ha ritenuto la fattispecie estorsiv dotata di maggiore forza intimidatrice.
2.1.2 violazione di legge in relazione all’art. 597 cod. proc. pen
La Corte di appello nel ritenere più grave il delitto di cui al capo 3) ha rideterminato l
partendo da una pena maggiore rispetto a quella inflitta a COGNOME NOME, condannato pe Io stesso reato, per il quale la pena è stata determinata partendo dal minimo edittale.
2.2.1.Con il ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME si ribadiscono le medesime censure poc’anzi illustrate in merito alla sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso in relazion tutti i reati per quali vi è stata condanna aggiungendo, quanto al capo 3), che COGNOME partecipò all’estorsione posta in essere, invero, solo da COGNOME NOME e, quanto al capo 3 (estorsione di danno di COGNOME NOME) che la motivazione sarebbe fondata sulle sole dichiarazioni della persona offesa, connotate da genericità e prive di riscontri oggettivi.
2.2.2.Con il secondo motivo, erroneamente rubricato come IV, il ricorrente eccepisce la nulli della sentenza per carenza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla rite sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., basata alla Cort appello sul legame parentale di COGNOME NOME con soggetti appartenenti a contes delinquenziali mafiosi e detenuti da tempo, senza considerare che l’imputato versava in condizioni economiche disperate, era stato assolto da diverse imputazioni vedendo così ridimensionata, nel complesso, la sua posizione. Tale circostanza avrebbe dovuto condurre la Corte di merito a riconoscere le attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle aggravant come richiesto dal difensore, tanto più che il giudice di appello aveva riconosciuto la “banali modestia” di molte delle richieste estorsive.
2.3. COGNOME NOME con il primo motivo contesta l’affermazione di responsabilità p delitto di estorsione in danno di COGNOME NOME siccome basata sulle dichiarazioni persona offesa e su quelle del coimputato COGNOME NOMECOGNOME divenuto collaboratore di giustizia i quali, tuttavia, non riferirono che COGNOME partecipò alla richiesta estorsiva
2.3.1.Deduce il ricorrente che COGNOME fece i nomi dei soli COGNOME NOME e COGNOME quali soggetti che gli offrirono gli protezione all’interno del carcere ove si trovava deten cambio della corresponsione di euro 2.000 e COGNOME non disse che l’imputato era a conoscenza della pretesa estorsiva, né dell’ingiustizia del profitto.
2.3.2. Con il secondo motivo, connesso al primo, il ricorrente lamenta il vizio di motivazi non avendo la Corte di appello spiegato le ragioni della mancata riqualificazione del delitt estorsione in quello di minaccia, posto che lo COGNOME non era animato da fine di profitt in sentenza sono stati richiamati pregressi accordi dell’imputato con i correi ovvero accordi la ripartizione dei profitti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili.
Essi, pur avendo formalmente espresso censure riconducibili alle categorie del vizio motivazione, in realtà, non lamentano una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio.
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, no rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizi motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti del motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazion probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perim cognitivo e valutativo della Corte di cassazione, alla quale, pertanto, è preclusa la possibil una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giud di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunqu attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217)
3. Partendo dai ricorsi di COGNOME NOMECOGNOME rileva il collegio che la doglianza di fondo sull si concentrano, sia pure con differenti accenti, entrambi i difensori riguardante la sussist dell’aggravante del metodo mafioso, contestata in maniera specifica con riferimento all estorsioni di cui capi 3) e 33) e genericamente in relazione a tutti gli episodi per i COGNOME NOME è stato condannato, è aspecifica.
3.1. La Corte di appello (cfr. pag. 12 e segg. della sentenza impugnata) con argomentazioni logico-giuridiche ineccepibili ha spiegato che la minaccia esercitata nei confronti di COGNOME, avvocato di Latina, detenuto in carcere, consistita dapprima nell’accusarlo ( COGNOME di avere arrecato nocumento ad un ragazzo che avrebbe dovuto risarcire e, qualche giorno dopo, direttamente da COGNOME NOME, il quale “offrì” a COGNOME, detenuto in ca protezione in cambio di denaro (euro 2000), non solo integrava gli estremi della estorsion ma era dotata di particolare efficacia intimidatrice, come è tipico nel caso di utilizzo del m mafioso, posto che COGNOME quando si presentò a Colletti ci tenne a fargli sapere che era il di NOME COGNOME detto “COGNOME“, ben consapevole della caratura criminale della famigli appartenenza. La Corte di appello, al riguardo, ha ricordato che i membri delle famiglie COGNOME e COGNOME sono stati condannati con sentenze definitive per il delitto di associazion delinquere di stampo mafioso e che lo stesso COGNOME riferì che il cognome dei COGNOME era noto per essere i membri della famiglia, soggetti che esercitavano un notevole potere crimina in territorio pontino.
3.2. Quanto all’affermazione di responsabilità per l’estorsione aggravata in danno di COGNOME NOME (capo 33), la sentenza poggia sulle dichiarazioni della persona offesa – la attendibilità è stata approfonditamente vagliata dal giudicante che ha rilevato l’assenz decisive contraddizioni o discrasìe – la quale ha riferito che dovette rinunciare al compenso gli spettava per la riparazione di una tenda presso un locale di Latina sottoposto alla protez dei COGNOME, in quanto la richiesta proveniva da COGNOME NOME appartenente alla nota fam mafiosa di Latina.
3.3. In entrambe le ipotesi dunque (e in tutti i casi in cui è stata contestata l’aggravan metodo mafioso) il giudicante ha valorizzato le modalità della richiesta estorsiva che sebben non violente, presentavano una notevole carica intimidatoria in quanto promananti da un
soggetto che si vantava di appartenere alla famiglia COGNOME, clan mafioso a base famili dotato di riconosciuta fama criminale operante nel territorio pontino.
La Corte territoriale, sul punto, si è uniformata all’indirizzo giurisprudenziale che il condivide, secondo cui integra la circostanza aggravante del metodo mafioso l’utilizzo di u messaggio intimidatorio anche silente, cioè privo di una esplicita richiesta, qua l’associazione abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l’avvertimen mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specifici comportamenti di violenza o mina (Sez. 3, n. 44298 del 18/06/2019, Rv. 277182; Sez. 2, n. 26002 del 24/05/2018, Rv. 272884, Sez. 2, n. 20187 del 03/02/2015, Rv. 263570).
Nella realtà accade infatti, soprattutto nei territori in cui allignano consorterie di noto criminale, che l’intimidazione è tale da non richiedere esplicitazioni plateali.
L’aggravante del metodo mafioso, che riguarda le modalità della condotta, e non un fatto, è correlata, infatti, alla avvertita esigenza di prevedere un trattamento sanzionatorio più se tutte le volte in cui l’evocazione della contiguità ad una organizzazione mafiosa pone la vit in una condizione di soggezione ulteriore rispetto a quella solitamente derivata dalla condizi di vittima di estorsione (Sez. 2, n. 19245 del 30/3/2017, Rv. 269938).
Non occorre, dunque, che alla evocata contiguità corrisponda una concreta e verificata origine mafiosa della minaccia, dovendo il giudice viceversa limitarsi a controllare (n verosimiglianza offerta dal dato dichiarativo) che quella evocazione sia effettivamen funzionale a creare nella vittima una condizione di assoggettamento particolare, come rifless del prospettato pericolo di trovarsi a dover fronteggiare le istanze prevaricatrici di un g criminale mafioso, piuttosto che quelle di un criminale comune.
3.4. Nella fattispecie, le persone offese hanno dato conto proprio di questo timore ingenera dalla spendita del nome, avendo il dichiarante avuto la percezione esatta del pericolo di dover trovare a fronteggiare una agguerrita ed organizzata plurisoggettività, che delinque co metodo mafioso, piuttosto che lo sprovveduto criminale comune ( Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019, Rv. 277222; Sez. 5, n. 14867 del 26/01/2021, Rv. 281027).
La Corte di appello ha congruamente valorizzato il radicamento territoriale che, alla stregua dato normativo, è condizione imprescindibile del concreto esercizio della metodologia mafiosa in quanto proprio attraverso il controllo, stabile e duraturo, del contesto ambientale si c le condizioni per l’efficace dispiegarsi dell’intimidazione e possono conseguirsi le condizio assoggettamento ed omertà che rendono pressocchè impermeabili intere comunità alle sollecitazioni istituzionali.
3.5. Il secondo motivo di ricorso proposto dall’avv. Parente che lamenta la violazione d divieto di reformatio in peius è manifestamente infondato.
Il giudice di appello ha proceduto alla ristrutturazione del reato continuato ritenendo il ca reato più grave ed apportando per i restanti reati satellite aumenti contenuti, sino ad irrogar una pena complessivamente inferiore (anni otto, mesi quattro e giorni venti di reclusione rispetto a quella inflitta dal primo giudice (anni nove reclusione oltre alla multa).
Intende il collegio ribadire il principio secondo cui non viola il divieto di “reformatio in peius” previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diviene quella più grave cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unif dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore rispetto a quella inflitta dal primo giudice (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, Rv. 258653; Sez. 2 n. 48538 del 21/10/2022 Rv. 284214). A ciò aggiungasi che la Corte di merito ha giustificando il differente trattame sanzionatorio riservato a COGNOME rispetto a COGNOME concorrente nel reato di cui al ca per la negativa personalità criminale dell’imputato.
I motivi di ricorso a firma dell’avv. COGNOME per COGNOME NOME sono parim inammissibili.
4.1. La difesa con argomentazioni in fatto, mette in discussione il coinvolgimento del ricorren nel delitto di estorsione in danno di COGNOME Fabrizio laddove la Corte di appello ha diffusam spiegato le ragioni del proprio convincimento circa la responsabilità di NOME COGNOME nell’estorsione in danno di COGNOME NOME, valorizzando le dichiarazioni della persona of rese il 14/6/2021 e quelle del collaboratore di giustizia NOME COGNOME in assenza travisamenti della prova.
4.2. Allo stesso modo per quanto riguarda l’estorsione in danno di COGNOME NOME (capo 33), la censura è inammissibile perché aspecifica.
Il ricorrente come anticipato al punto 3.2., non si confronta con l’ampia motivazione riportat pag. 24 della sentenza impugnata dovendosi qui ribadire che le dichiarazioni della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibi soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro de tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte l dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214).
4.3. Quanto all’aggravante del metodo mafioso si rinvia a quanto osservato al punto 3.3.
4.4. Con riferimento alla dosimetria della pena ed al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche si osserva che la motivazione appare tutt’altro che mancante, illogica o arbitrar avendo il giudice di appello valorizzato il grado di partecipazione dell’imputato alle vic estorsive e sottolineato come lo stesso ne fosse il protagonista attivo, evidenziando anche l gravità dei fatti. Questi infatti, seppur modesti sotto in profilo strettamente economico, er connotati da particolare gravità in quanto manifestazione della sistematica sopraffazione che l’imputato, in quanto appartenente ad una determinata famiglia, esercitava nei confronti de suoi interlocutori. E’ stata poi rimarcata la caratura criminale dell’imputato, gravato da pl precedenti penali e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
4.5. Il motivo sulla recidiva è inammissibile per carenza di interesse. Dalla sentenza risul infatti, che la recidiva è stata di fatto disapplicata (cfr. pag. 29 della sentenza impugnata).
5. Con riferimento a COGNOME NOME deve rilevarsi che entrambi i motivi, tra loro connes che contestano la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità sono non consentiti perché attraverso apparenti censure legittimità mirano, in realtà, sollecitare una rilettura del materiale probatorio, invero conformemente valutato nei due grad di giudizio, in assenza di travisamenti.
5.1. La Corte di appello, con motivazione logicamente ineccepibile ha ritenuto COGNOME partecipe dell’estorsione (pagg. 9 e 10 della sentenza impugnata) valorizzando le dichiarazioni della persona offesa COGNOME NOME, il quale riferì del collegamento percepito tra la min esercitata dall’imputato e quella poi posta in essere da COGNOME; e le dichiarazioni di COGNOME NOME, correo, della cui attendibilità non si dubita, il quale disse chiaramente che l’interv di COGNOME, consistito nell’esigere da COGNOME, con fare minaccioso, un risarciment dovuto, era funzionale a che poi il COGNOME, intimorito, accettasse la protezione di NOME ( cfr. anche pagg. 16-23 della sentenza di primo grado).
I giudici di merito hanno dunque fatto corretta applicazione del diritto vivente in tem concorso di persone nel reato: la responsabilità di chi partecipa a un fatto crimino presuppone che l’apporto di chi coopera sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla commissione del delitto; carattere decisivo rivest l’unitarietà del “fatto collettivo” realizzato, che si verifica quando le condotte dei conc risultino, con giudizio di prognosi postuma, integrate in unico obiettivo, perseguito in var diversa misura dagli agenti (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, Rv.218525; Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Rv. 277773; Sez. 2, n. 18745 del 15/01/2013, Rv. 255260).
Pertanto, per la configurabilità del concorso di persone è necessario e sufficiente che concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzion del reato.
Nel caso in esame la motivazione della sentenza impugnata non è affatto carente o contraddittoria, avendo i giudici di merito attribuito al ricorrente un contributo mat nell’esecuzione dell’ estorsione in danno dell’avvocato COGNOME, valorizzando prove dichiarativ pacificamente attendibili che davano conto della cadenza temporale delle due incursioni, susseguitisi in progressione criminosa, in un unico contesto, verso la stessa persona offesa, così da ritenere il fatto unitario.
La ricostruzione operata dai giudici di merito trova significativo riscontro nell’orientam pacifico della giurisprudenza di legittimità che ravvisa un unico delitto di estorsione, p presenza di molteplici atti di minaccia, allorché gli stessi siano sorretti da un’unica e con determinazione, che non registri sul piano della volontà interruzioni o desistenze (Sez. 2, 7555 del 22/01/2014, Rv. 258543; Sez. 2, n. 27314 del 05/06/2003, Rv. 225174; Sez. 6,n. 2070 del 10/11/1994, Rv. 200554).
5.2. Anche in punto di elemento soggettivo, la sentenza appare adeguatamente motivata dovendosi ricordare che in tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità di ch coopera ad un fatto criminoso non presuppone la convergenza psicologica sull’evento finale perseguito da altro dei concorrenti, essendo sufficiente che il suo apporto sia stato presta con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla verificazione del fatt criminoso.
La Corte di appello, contrariamente a quanto si assume nel ricorso, ha correttamente applicato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di dolo del reato concor (Sez. 2, n. 44859 del 7/10/2019, Rv. 277773). In particolare ha sottolineato che le modalit del fatto dimostravano che COGNOME avesse agìto nella consapevolezza della condotta altrui Egli, infatti, fu inviato dal correo COGNOME ad esercitare la pretesa risarcitoria, pales infondata, poco prima dell’intervento del COGNOME, al fine di creare nella persona offesa qu stato di soggezione psicologica che serviva a fargli accettare la proposta di protezione che correi di lì a poco gli avrebbero fatto ( pag. 10 della sentenza impugnata).
Appare dunque irrilevante che COGNOME non abbia conseguito dall’operazione un vantaggio di tipo economico avendo comunque contribuito, con il suo apporto, alla verificazione del fatto criminoso dovendosi ricordare che l’ingiusto profitto cui deve essere finalizzata la condot dell’agente si individua in qualsiasi vantaggio, non solo di tipo economico, che l’autore inte conseguire e che non si collega ad un diritto (Sez. 2, n. 16658 del 31/03/2008, Rv. 239780) rimanendo irrilevante, nel concorso di persone nel reato, che lo scopo perseguito, ancorché comunque tipico, non sia identico per tutti i correi (Sez. 5, Sentenza n. 8352 del 13/01/2016 Rv. 266066).
5.3. Alla stregua delle considerazioni che precedono appare manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso con cui si contesta la mancata derubricazione del delitto d estorsione in quello di minaccia, tema sul quale la Corte territoriale ha pertinentemen risposto (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata).
In conclusione, ritiene il collegio che i ricorsi introducano motivi non consentiti in qu sotto le spoglie del “travisamento della prova” che, preme ribadirlo, si identifica con le ip di infedeltà della motivazione rispetto al processo e, dunque, con distorsioni del patrimon conoscitivo valorizzato dalla motivazione rispetto a quello effettivamente acquisito nel giudiz deducono un “travisamento del fatto”, non deducibile nel giudizio di legittimità, stante preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanz processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Rv. 238215; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217).
La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché la condanna in solido alla rifusione delle spese processuali in favore delle parti civili come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presen giudizio dalla parte civile Ass. Nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie ” A Caponnetto” che liquida in complessivi euro 3.645,00 oltre accessori di legge e nei confronti del Comune di Latina che liquida in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso 1’8 gennaio 2025
Il consigliere estensore
Il presidente