Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1045 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1045 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a MOLFETTA il 05/05/1988
avverso la sentenza del 25/09/2023 della CORTE RAGIONE_SOCIALE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
uditi: il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; nonché, nell’interesse dell’imputato, l’avvocato NOME COGNOME che ha esposto i motiv di impugnazione e ha insistito per l’accoglimento di essi, e l’avvocato NOME COGNOME che si è riportato ai motivi di impugnazione e ha chi sto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25 settembre 2023 la Corte di assise di appello di Bari a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte il 7 aprile W23 ha confermato la decisidne del G.u.p. del Tribunale di Bari in data 1 0 ottobre 2020 che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva affermato la responsabilità di NOME COGNOME per i reati aggravati di omicidio (di NOME COGNOME e tentato omicidio (di NOME COGNOME – capo 1. della rubrica), detenzione e porto di arma da guerra (capo 2), ricettazione (capo 3), nonché per porto e detenzione di un’arma da sparo (capo 4), commessi in esecuzione del mec esimo disegno criminoso; e l’aveva condannato alla pena di trenta anni di recksione, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere, alle pene accessorie e alle misure di sicurezza pure indicate in sentenza.
Avverso la sentenza rescissoria è stato proposto ricorso per cassazione nell’interesse dell’imputato, formulando nove motivi (di seguito enunciEti nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, d. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo sono stati denunciati la violazione dell’art 627, comma 3, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, in quanto:
l’elemento indiziario decisivo (tra quelli acquisiti) su cui si forda la condanna del ricorrente è il cameramento in una stessa arma (diversa da iuelle impiegate nella specie) delle munizioni rinvenute sia in un locale ritenuto nella disponibilità dell’imputato sia sul luogo dell’agguato;
il Giudice del rinvio avrebbe acquisito unicamente le fotografie riportate alle pagine da 6 a 20 e le conclusioni formulate a pagina 21 dell’elaborato del consulente della difesa NOME COGNOME (compiegato ai motivi aggiunti di appello), laddove l’integrale acquisizione del medesimo elaborato avrebbe radicali – lente mutato la piattaforma probatoria (in particolare, con riguardo agli esiti di alcuni esperimenti di cameramento compiuti dal consulente); in tal modo, lo stesso Giudice non si sarebbe uniformato al dictum della sentenza di annullamento (secondo cui la presentazione da parte della difesa di un parere tecnico ron è suscettibile di alcun vaglio di ammissibilità, mentre quando il parere ha la f)rma di un documento deve verificarsene l’assoluta necessità ai fini della decisione) e avrebbe reso una motivazione carente e illogica in ordine al difetto dell’asspluta necessità di integrare il compendio probatorio (tanto che la stessa Cor:e di merito ha disposto perizia balistica), oltre che apodittica nella parte in cui ha ritenuto inutilizzabile l’atto difensivo.
2.2. Con il secondo motivo sono stati dedotti la violazione degli artt. 192, comma 2, e 627, comma 2, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, da considerarsi inidonea ad affermare la responsabilità dell’imputato ogni oltre ragionevole dubbio alla luce delle allegazioni difensive e della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria.
La difesa:
ha ribadito che l’elemento indiziario centrale è rappresentato dall’esito delle analisi delle munizioni e, in particolare, delle microstriature riscontrate su di esse, da qualificarsi – secondo la prospettazione su cui si fonda la condílnna impronte a freddo generate dal precedente cameramento in una stessa arma, con espulsione senza sparo; e che – secondo l’alternativa ipotesi difensiva (suffragata da una dichiarazione proveniente dell’impresa produttrice RAGIONE_SOCIALE, in particolare dalla dott.ssa NOME COGNOME – sarebbero invece state impresse in una fase della produzione industriale;
ha riportato le diverse risultanze acquisite nel corso del procediriento, ossia, la relazione del consulente del pubblico ministero cav. COGNOME quella difensiva prodotta in udienza preliminare redatta dal dott. COGNOME le fotcgrafie (da pagina 6 a 20) e le conclusioni (a pag. 21) contenute nell’elaborato r?datto dal dott. COGNOMEcome esposto, compiegato ai motivi aggiunti di appello e acquisito in parte qua dal Giudice del rinvio), l’elaborato del perito noninato dalla stessa Corte di assise di appello, dott. COGNOME e le relative controdeduzioni, nonché le dichiarazioni rese dai tecnici nel corso del loro esame, oltre alla già menzionata missiva inviata dalla Fiocchi S.p.A.;
ne ha censurato la disamina da parte della Corte territoriale, evidenziando come essa:
si sia trincerata dietro il dato formale della mancata sottopos zione a esame del consulente di parte COGNOME (cui la difesa ha rinunciato,
‘dopo l’acquisizione del suo elaborato, peraltro su richiesta del Presidente del Collegio) qualificandolo come inutilizzabile co una motivazione apparente;
abbia ritenuto inconferenti le diverse ricostruzioni relative ai segni sulle munizioni acquistate dal consulente della difesa, nuovariente valorizzando un dato formale (ossia il fatto che tale attività sia stata svolta dal consulente in totale autonomia, senza alcuna possibilità di verifica, nonché la mancata acquisizione di esse al procedimento con la conseguente impossibilità di valutazior e da parte del perito, nonostante le fotografie ritratte dal consulente di parte siano state acquisite e la Corte di secondo grado avrebbe comunque potuto esercitare i propri poteri istruttori al riguardo);
non si sia, dunque, curata del reale oggetto della valuta .ione richiesta allo stesso Giudice, ossia la verifica della possibilità che le microstriature si determinino durante la produzione delle munizioni;
abbia argomentato in maniera illogica e contraddittoria sul tc nore della missiva proveniente dalla Fiocchi S.p.A., che smentirebbe
quanto GLYPH esposto GLYPH dal GLYPH consulente COGNOME del GLYPH pubblico GLYPH ministero sull’identificazione del medesimo lotto delle cartucce (consulente che in maniera illogica è stato invece considerato affidabPe, peraltro, nonostante la sentenza impugnata abbia poi formulato la tesi inverosimile e astratta del cameramento in un’arma giocattolo, mai esposta dallo stesso consulente) e su cui invece e stata fondata la tesi difensiva (che non sarebbe stata vagliata nell’assunto della non esaustività di quanto rassegnato nella detta missiva, da cui si trae invece «la possibilità, anche solo astratta», atta dunque a ingenerare il ragionevole dubbio, che i segni siano stati impressi nella produzione); ed abbia svalutato la competenza della dott.ssa COGNOME senza pronunciarsi in alcun mode sulla richiesta difensiva di esaminarla, affermando apoditticamente che i microsolchi rilevati dal consulente lanieri su munizioni di nuova fattura non fossero identici a quelli presenti sul materiale balistico in sequestro;
abbia inteso fondare la statuizione di condanna sull’esitc della perizia, nonostante l’ausiliario del Giudice (nell’escludere :he le striature siano state determinate dalla produzione) si sia es )resso in contrasto con quanto rappresentato dalla società che procuce le munizioni che, invece, rende plausibile l’ipotesi alternativa avanzata dalla difesa;
abbia comunque argomentato in maniera illogica – in qua nto il perito ha attribuito verosimiglianza alla GLYPH ricostruzionE GLYPH del consulente della difesa COGNOME in ordine alla qualificazione dell’improntamento come «impronta a freddo» ed ha precisalo che non vi era la certezza tecnico-balistica che le impronte in di!corso fossero state generate da cameramento e successiva espulsione (mancando gli ulteriori «segni indicatori» tipici delle armi semiautomatiche e automatiche) -, travisando il contenuto dell’elaborato peritale (in particolare, in ordine alla determinazione dell’«improntamento sul fondello» delle munizioni da parte di un’arma artigianale non disponibile in commercio) e in particolare ipotizzando l’impiego di un’arma giocattolo in difetto di qualsivoglia dato probatorio in tal senso e, per l’appunto, con un assunto del tutto illogico (in considerazione della caratura criminale attr buita al COGNOME e dell’impossibilità di utilizzare un’arma di tale tipo – coerentemente con quanto esposto dal perito – per un’azione criminale quale quella in contestazione).
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Di conseguenza, poiché l’elemento indiziario in discorso è quello che la sentenza di annullamento con rinvio ha considerato dirimente ed esso – alla luce di quanto esposto – verrebbe meno, la difesa ha chiesto l’annullamentc senza rinvio della sentenza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo, in relazione ai fatti contestati al capo GLYPH della rubrica, sono stati prospettati la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1, comma 1, cod. pen., ritenuta dal primo Giudice solo sub specie dell’impiego delle condizioni previste dall’art. 416-bis cod. pen. (peraltro, argomentando in maniera contraddittoria, non tenendo conto dell’assoluí ione per la «vicenda» – di NOME COGNOME, capo del clan cui sarebbe legato il COGNOME, il quale avrebbe inteso salvaguardare – con la commissione de delitti in discorso – il proprio prestigio criminale; e, comunque, facendo riferimento ai presupposti dell’altra aggravante contemplata dall’art. 416-bis.1, comma 1, cit., ossia il «vantaggio per il clan criminale di appartenenza», recte, «il me di agevolare l’attività delle associazioni previste» dall’art. 416-bis cod. peti.). L. Corte di merito si sarebbe espressa in maniera apparente ed apodittica, richiamando anch’essa elementi che possono venire in rilievo per la cistinta aggravante pure prevista dall’art. 416-bis.1, comma 1, cit., per vero sulla scorta di meri assiomi, ed avrebbe descritto la dinamica del fatto, quantunque ql el che rilevi per la sussistenza della ritenuta aggravante sia il metodo utilizzato, non essendo sufficienti né la percezione dell’offeso, né l’ambito territoriale ir cui i fatto ha luogo, occorrendo invece «uno specifico riferimento, anche mediante evocazione, alla consorteria di riferimento (quand’anche inesistente) , mai esplicitato nella specie.
2.4. Con il quarto motivo sono stati addotti la violazione dell’art 577, comma 1, n. 3, cod. pen. e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della premeditazione (contestata per i fatti di cui al capo 1. della rubrica), quantunque ne difettino gli elementi necessari delineati dalla giurisprudenza di legittimità, che nella specie – come esposto nell’atto di appello – sarebbero contraddittori. La Corte territoriale avrebbe reso una motivzizione apparente poiché del tutto disancorata dagli elementi probatori e fatto riferimento soltanto al narrato dei collaboratori di giustizia, i quali hanno r ferit de relato e sono i medesimi le cui propalazioni sono state ritenute insufficianti a fondare la condanna del COGNOME (non comprendendosi allora perché esse siano sufficienti a fondare la sussistenza dell’aggravante per il COGNOME).
2.5. Con il quinto motivo, in relazione al capo 2. della rubrica, sonc stati prospettati la violazione degli artt. 110 cod. pen., 2 e 4 legge n. 895 del 1967′ 192, commi 2 e 3, 533 cod. proc. pen. e la carenza assoluta di motiva:ione ; nonostante con l’atto di appello si fosse denunciata la mancata verifica del
concorso del COGNOME nei reati in discorso e si fosse dedotto che egli è stato assolto dal contestato concorso quale esecutore materiale dell’agguato n cui sarebbe stata utilizzata l’arma da guerra de qua.
2.6. Con il sesto motivo, in relazione al capo 2. della rubrica, sonc stati assunti la violazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen, e la carenza assolt. ta di motivazione con riguardo alla sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, fondata su un’argomentazione del tutto inidonea che non ha indicato gli elementi di prova, richiesti dalla legge, perché essa ricorra.
2.7. Con il settimo motivo, in relazione al capo 3. della rubrica, sono stati denunciati la violazione degli artt. 110 cod. pen., 192 e 533 cod. proc. pel. e il vizio di motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità del De. NOME per la ricettazione dello scooter (oggetto di un precedente furto) utilizzato per commettere i reati di cui al capo 1.: con l’atto di appello ;i er osservato come il ricorrente fosse stato condannato solo quale mandante dell’azione omicidiaria altrui (e non come esecutore materiale), dunque era rimasto indimostrato un suo ruolo causale nella decisione di agire utilizando proprio un mezzo provento di furto; e al riguardo la Corte di merito avrebbe reso una motivazione apodittica e contraria alla legge, che non consentirebbe neppure di comprendere se il COGNOME sia concorrente morale o materiale nel reato in discorso.
2.8. Con l’ottavo motivo, in relazione al capo 4. della rubrica, sone stati prospettati la violazione degli artt. 2, 4 e 7 legge n. 895 del 1967, 192, cornmi 2 e 3, 533 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, ad avviso della lifesa apparente, in ordine al porto e alla detenzione di un’arma comune da sp iro di cui il ricorrente sarebbe stato ritenuto responsabile – come dedotto con l’atto di appello – sulla scorta delle dichiarazioni accusatorie de relato, apprese dai propalanti Pappagallo e Andriani, rispettivamente, dall’esecutore materiale (NOME COGNOME) e dal mandante (NOME COGNOME) dell’omicidio di NOME COGNOME (fratello del ricorrente), ossia da soggetti interessati a rappresentare fatti in grado di «alleggerire» la posizione (accusando altri del possesso dell’arma), le cui deposizioni necessitano di riscontri; inoltre, la proruncia impugnata avrebbe compiuto l’apprezzamento delle dichiarazioni a carico del ricorrente in difformità dai parametri chiariti dalla giurisprudenza di legittimità e senza argomentare su quanto, in contrasto con esse, esposto nella senten :a del G.u.p. di Trani di condanna del COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME la quale ha attribuito la collocazione di un’altra arma nella zona in cui avrebbe avuto luogo quest’ultimo delitto a soggetti «vicini aplo stesso] COGNOME»;.
2.8. Con il nono motivo sono stati dedotti la violazione degli art:. 62, comma 1, n. 2, 62-bis, 133 cod. pen. ed il vizio di motivazione:
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a
in ragione del mancato riconoscimento – sulla scorta di un iter llogico ed apodittico – dello stato d’ira (nonostante, come allegato con l’atto di appello, ricorra la proporzione tra offesa e reazione e quantunque lo stato d’ira possa conciliarsi con la premeditazione, nonché protrarsi nel tempo e debba essere apprezzato avendo riguardo a tutta l’eventuale serie di atti posti in essera dalla persona offesa e dunque, nella specie, considerando pure l’ultimo fatto ingiusto del Valente, ossia il suo ritorno nel territorio biscegliese); e della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, fondata su una motkazione inidonea (a fronte del prospettato stato d’ira e della necessità di adeguare la pena al caso concreto);
oltre che con riguardo alla determinazione della pena in nisura eccessiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il terzo, il sesto e il settimo motivo di ricorso sono fondati, nei limiti seguito esposti, rimanendo assorbite le censure (contenute nell’ottavo motivo) relative alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena; nel resto l’impugnazione è complessivamente infondata e deve essere rigettata.
Le deduzioni esposte nel primo motivo di ricorso sono corrE tte E?, tuttavia, non consentono di per sé di ritenere viziata la sentenza nella pa -te cui esse ineriscono, imponendosi unicamente al riguardo una rettificazione giacché l’errore in cui è incorsa la Corte distrettuale non ha avuto influenza decis va sul dispositivo (art. 619, comma 1, cod. proc. pen.), alla luce di quanto si esporrà infra, in particolare nel par. 3 (in relazione al secondo motivo di ricorso).
2.1. Per quel che interessa con riguardo alla censura in esarie, la sentenza rescindente aveva fondato l’annullamento con rinvio anche sulla fondatezza della prospettazione difensiva inerente all’ingresso nel processo e alla rilevanza probatoria della relazione di consulenza redatta da NOME COGNOME (e compiegata ai motivi aggiunti di appello). Più in dettaglio, essendosi proceduto nelle forme del rito abbreviato, nel precedente giudizio di legittimità:
si è richiamato il principio secondo cui «il difensore, a norma deg i arti:. 233 e 121 cod. proc. pen., può depositare memorie e allegare cons Jlenze tecniche di parte in ogni stato e grado del procedimento, anche nel caso in cui vi sia stata l’ammissione del giudizio abbreviato (Sez. 6, n. 44419 del 22/10/2015, C., Rv. 265040 – 01; in termini v. Sez. 5, n. 20802 del 7/03/2019, COGNOME, in motivazione; a Sez. 1, n. 23789 del 6/05/2005, COGNOME, in motivazione)», soggiungendo che «l’omessa valutazione di tali atti, pur non essendo ca Jsa di nullità della sentenza, può influire sulla congruità e correttezza Inico-
giuridica della motivazione della decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive (Sez. 6, n. 4449 del 22/10/2015, C., citata)»;
muovendo dalla premessa secondo cui, «ove si consentisse alla parte, dopo la richiesta e la successiva ammissione del rito abbreviato, di introdurre nel processo, senza alcun limite e controllo da parte del giudice, una consulenza tecnica, la stessa funzione del rito speciale verrebbe profondamente allerata, posto che si consentirebbe al richiedente di lucrare i vantaggi in termini di riduzione di pena in caso di condanna e, al tempo stesso, di realizzare una attività istruttoria anche significativa, tale da poter rendere necessari ulteriori adempimenti», si è puntualizzato che: «Da un lato, l’ingresso di una iera e propria consulenza tecnica è subordinata o al consenso delle parti o all’esercizio, da parte del giudice di appello, dei poteri di integrazione istruttoria, i quali, a lo volta, presuppongono, secondo la regola generale dell’art. 603, comma cod. proc. pen., che il Giudice ritenga “assolutamente necessaria” l’integrazione. Dall’altro lato, le parti conservano, secondo la regola generale dell’art. 121 cod. proc. pen., la facoltà processuale di presentare memorie e di allegure, a sostegno delle stesse, pareri di natura tecnica che, pur non potendo ssere giuridicamente qualificati come consulenze vere e proprie, costituiscono un puntello, in specie su temi tecnicamente complessi, alle argomentazioni eposte nelle memorie difensive»;
da ciò si è tratto che la Corte di merito «avrebbe dovuto prendere motivatamente posizione» sull’elaborato (definito dalla difesa consulenza tecnica) allegato ai motivi aggiunti di appello, pur non potendosi considerare -alla stregua di quanto esposto – «una vera e propria consulenza tecnica»: a «ciò sicuramente nel caso in cui essa sia considerata, a ragione, come un parere tecnico da ritenere sostanzialmente incorporato nei motivi nuovi ritualmente proposti, quale espressione una facoltà generale che le norme processuali consegnano alle parti, in ogni stato e grado del procedimento, per il tramite dell’art. 121 cod. proc. pen., che consente alle stesse di presentare al g udice anche pareri di carattere tecnico in ordine ai fatti di causa (Sez. 1, n. 2984·5 del 19/06/2018, dep. 2019, in motivazione; Sez. 6, n. 3500 del 23/09/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242522-01). Infatti, la presentazione, da parte della difesa, di un parere tecnico diretto a illustrare le proprie ragioni appare sempre espressione legittima della funzione dialogico-argomentativa de l’atto processuale definito come memoria. E anzi, proprio tale natura del pare -e, in quanto destinato a integrare l’atto della parte, non può ritenersi suscettitile di alcun vaglio di ammissibilità da parte del Giudice dell’appello. Viceversa, nel caso in cui detto parere abbia la forma del documento, esso deve essere ogge Io di
uno specifico scrutinio da parte del Giudice, al fine di verificare se la relativa acquisizione possa ritenersi assolutamente necessaria ai fini della decisione»;
– in altri termini, «in entrambi i casi il Giudice non può esp Jriger l’atto dal suo orizzonte cognitivo senza giustificare la propria decisione, salvo che ricorrano le condizioni di una motivazione implicita, laddove la st .uttura argomentativa della decisione sia radicalmente incompatibile alla stregua di considerazioni e rilievi espressi in maniera logica e aderente ai dati processuali, di tal che i contrari rilievi critici della difesa (o comunque della parte) a Dbian avuto chiara confutazione, ancorché non espressamente argomentata» (:osì la sentenza rescindente, Sez. 1, n. 22287 del 07/04/2023).
Avendo ravvisato, dunque, il difetto di una compiuta argomentazipne in ordine al detto elaborato (sia sull’an del suo ingresso nel compendio in zitti sia sulla non rilevanza della prospettazione in esso contenuta), si è disposto – come anticipato – l’annullamento con rinvio.
2.2. Difformemente dal dictum di questa Corte, il Giudice del rin /io ha svolto lo scrutinio di ammissibilità dell’atto del consulente della difesa, pur qualificandolo come parere, e ne ha negato l’assoluta necessità ai fini del decidere (in quanto i risultati dell’attività dell’ausiliario, esposti in essc, sarebbero utili né utilizzabili direttamente nel processo in ragione della diversità del materiale, ivi comprese le armi, sottoposte ad esperimento); vicever;a, ha acquisite le foto richiamate nei motivi aggiunti, facenti parte del medesimo elaborato, e le conclusioni rassegnate con esso (perché i motivi aggiunti vi nanno fanno rinvio). Lo stesso Giudice distrettuale ha negato che in tal modo si sia abbia inciso sul diritto di difesa perché i motivi aggiunti di appello hanno re:epito il riferito parere (tanto che nel giudizio di rinvio sono state acquisite le ritrazio fotografiche e le conclusioni del consulente); e, dunque, la prospettzizione difensiva è stata esaminata dallo stesso Giudice di secondo grado che ha pure provveduto sulla richiesta di perizia balistica, in effetti, disponendola ma limitandone la sfera al materiale probatorio in atti.
Come affermato dalla pronuncia di annullamento con rinvio, in presenza di un mero parere del consulente della difesa, occorreva disporre l’acquis zione dell’atto che lo contiene; laddove i documenti ad esso compiegati o da esso richiamati, come devono qualificarsi per pacifica giurisprudenza le fotografie (cfr. già Sez. 3, n. 11116 del 15/06/1999, COGNOME, Rv. 214457 – 01; cfr. pure Sez. 5, n. 21027 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 279345 – 01; Sez. 3, n. 4818 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271313 – 01; Sez. 3, n. 27118 del 05/03/2015, COGNOME, Rv. 264021 – 01), avrebbero dovuto essere sottoposte al vag io di ammissibilità secondo il parametro posto dall’art. 441, comma 5, cod. proc. pen. che rileva allorché si proceda, come nella specie, nelle forme del giudizio abbreviato («Quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti
assume, anche d’ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione»). A quest’ultimo riguardo è utile ribadire che, nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti della assoluta nece;sità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. – la cui valutazione è rimessa allo stesso Organo giudicante -, atteso che in sede di appello non può ricoroscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini divers i ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021 – dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585 – 01; Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, COGNOME, Rv. 278061 – 01; Sez. 2, n. 171)3 del 24/03/2017, A., Rv. 270069 – 01); e la valutazione del Giudice «può essere sindacata, in sede di legittimità, ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., soltanto qualora sussistano, nell’apparato motivazionale posto a base della conclusiva decisione impugnata, lacune, manifeste illogicità o contraddizioni, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rile’anza» (Sez. 2, n. 40855 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 271163 – 01); e ciò è 3 dirsi anche con riguardo alle prove nuove sopravvenute o scoperte successivamente, rispetto alle quali spetta «in ogni caso al giudice la valutazione in ordir e alla assoluta necessità della loro acquisizione» (Sez. 6, n. 37901 del 21/05,2019, COGNOME, Rv. 276913 – 02).
Al di là del fatto che non può frazionarsi un elaborato predisposto dal consulente della difesa, estrapolando da esso una parte da qualificare parere distinguendola dagli elementi di fatto (come nella specie, rappresentati pure tramite fotografie) cui la prospettazione tecnica inerisce, poiché questo è proprio il quid delle indagini tecniche, dell’acquisizioni di dati e delle valutazioni affidate chi sia dotato, per quel che qui interessa, di competenze tecniche o scient fiche, nel caso in esame è dirimente osservare che – come si chiarirà appena cltre -l’errore appena rilevato non ha minato l’iter argomentativo della pror uncia impugnata che ha offerto una compiuta disamina delle censure difensive, comunque dando più ampio conto del compendio probatorio (cfr. spec. p. 1.8 s.) e non solo lo specifico profilo oggetto di annullamento, pur avendo assunto che l’oggetto del giudizio di rinvio sarebbe stato limitato a quest’ultimo (cfr. S 2Z. 2, n. 33560 del 09/06/2023, COGNOME, Rv. 285142 – 01, in relazione all’annullamento con rinvio per inosservanza o erronea applicazione della legge penale; Sez. 5, n. 41085 del 03/07/2009, L., Rv. 245389 – 01, in tema di annullamento con rinvio per vizio di motivazione).
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1. Anzitutto, si ribadisce che – in conformità ai principi posti dalla giurisprudenza appena richiamata (cfr. retro, par. 2.2.) – il Giudice del rinvio non
ha argomentato soltanto in ordine alle ragioni per cui ha attribuito al ricorrente la disponibilità della cartucce impiegate nell’azione omicidiaria in danno del COGNOME e del tentato omicidio della moglie di quest’ultimo, NOME COGNOME. La sentenza impugnata, difatti, ha dato conto di più elementi (prove dichiarative, esito delle intercettazioni e degli atti a sorpresa posti in essere dalla polizi giudiziaria, immagini estrapolate da videoriprese, nonché di una pronuncia irrevocabile), sulla scorta dei quali non solo ha ricostruito l’antefatto che ha condotto alla commissione dei reati in discorso ma ha anche espícitato (rimarcandone la convergenza con esso) i dati probatori che hanno condetto ad attribuire a NOME COGNOME il ruolo di mandante di essi, in particolare valorizzando la disponibilità in capo a quest’ultimo di due giubbotti antipoiettiile (evidenziando come i killer che hanno posto in essere l’azione in dan io dei coniugi COGNOME ne fossero muniti) e delle 19 cartucce in sequestro con IE quelli sono state comparati i reperti rinvenuti sul luogo dell’omicidio. Si tratta di un apprezzamento non oggetto di censura da parte del ricorso, sulla cui cong -uità e non manifesta illogicità non ci si deve, dunque, soffermare.
3.2. Nel resto, segnatamente nella parte oggetto di censura e su cui si era incentrato la sentenza di annullamento con rinvio, la Corte di merito ha roso un apprezzamento del compendio probatorio non manifestamente illogicc, non inficiato da un travisamento della prova atto ad inficiarne la tenuta (Sez 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01), dando conto in maniera immune da vizi della sintonia di tale ulteriore profilo – ossia, per l’appunto, e dell’esito della comparazione tra le cartucce nella disponibilità di NOME COGNOME e il materiale balistico presente sul luogo dell’omicidio – c)n gli elementi già richiamati.
La Corte di assise di appello, dopo aver dato conto delle alternative prospettazioni delle parti (già emerse alla luce della consulenza, redatta dzil cav. COGNOME, disposta dal Pubblico ministero e della prima relazione, a firma de dott. COGNOME, depositata dalla difesa in udienza preliminare) – ha dato conto degli esiti della perizia disposta proprio per chiarire se i segni riscontrati sui reperti b3listi rinvenuti sul luogo dell’agguato fossero i medesimi presenti sulle cartucce, dello stesso calibro, di cui disponeva il ricorrente; e ciò, ovviamente, al f ne di attribuire allo stesso la disponibilità pure delle munizioni impiegate nell’agguato. Il Giudice distrettuale ha pure fatto riferimento alla prospettazione offerta dalla difesa in grado di appello, segnatamente dal consulente dott. COGNOME evidenziando che – pur non avendone acquisito integralmente l’elaborato compiegato ai motivi nuovi di gravame (cfr. retro, par. 2.2.) – ha sottoposto al perito la verifica degli aspetti tecnici emersi dall’attività svolta dal med simo consulente, profilo questo che non è stato qui oggetto di effettiva contesta , . Inoltre, dato centrale, lo stesso Giudice del rinvio ha preso posizione sui lati e
sulle valutazioni offerti alla sua attenzione, avendo riguardo and – e alle osservazioni e controdeduzioni a quanto esposto dal perito, oltre che – dato questo per nulla secondario – ai chiarimenti da quest’ultimo resi nel corso dell’esame orale; e ne ha offerto un apprezzamento compiuta mente argomentato, che le censure difensive – come anticipato – non riescono a intaccare neppure nella parte in cui denunciano un travisamento della prova ovvero si dolgono del mancato ulteriore esercizio – da parte della Corte territoriale – dei propri poteri di integrazione probatoria.
In sostanza, nel presupposto (condiviso dal consulente del pubblico ministero e da quelli della difesa, in particolare già dal dott. COGNOME) dell’identità del segno (a forma di semiluna) contenente microstriature riscontrato su 13 delle cartucce in sequestro e su cinque dei bossoli repertati sul luogo dell’aggu 3to, la sentenza impugnata ha escluso la fondatezza della ricostruzione difE nsiva, secondo cui i segni sarebbero stati impressi durante la produzione delle munizioni, ritenendo invece che essi si siano prodotti a causa del caricamE nto di tutte le cartucce in una stessa arma (o meglio dell’espulsione da essa senza sparo), da ciò traendo dunque – in maniera conseguenziale – che anche quelle esplose (con altra arma) per colpire i coniugi COGNOME fossero nella disponib lità cli NOME COGNOME (come quelle rimaste inesplose), corroborando il coacervo cli elementi su cui si fonda l’affermazione della sua responsabilità.
In primo luogo, la Corte di merito ha considerato condivisibile l’esclusione che la genesi delle impronte in discorso dovesse attribuirsi a una fase della produzione delle cartucce, rimarcando come il perito ne abbia esclLso la riferibilità alla serialità propria dell’impiego di macchinari industriali (indi:an pure il tipo e le caratteristiche di essi) poiché ha rilevato al collocazione dei segni (identici) in una zona sempre diversa rispetto alla scritta di conio presentE sulle munizioni. Di converso, la prospettazione difensiva sul punto è stata ritenuta generica poiché non ha neppure specificato in quale fase della produzicne le impronte si sarebbero prodotte; e ciò neppure per il tramite della missiva della dott.ssa RAGIONE_SOCIALE (ossia della casa produttrice). Sotto tale profilo, centrale nell’iter della decisione impugnata, non può rileva re il denunciato travisamento della prova, sub specie dell’erroneo assunto cie la risposta al quesito si fonderebbe sulla non esaustività dei dati rappresentati dal consulente della difesa alla dott.ssa COGNOME poiché ad esso non può attribt irsi il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottopo;to a critica (cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01). Né si può utilmente censurare il mancato esercizio dei poteri officiosi per assumEre la testimonianza della dott.ssa COGNOME dato che si è proceduto nelle forme del rito abbreviato e il dato rassegnato dal perito sulla scorta del quale la Corte di assise di appello ha negato la riconducibilità dei segni alla produzione industriale
costituisce a fortiori in uno agli altri elementi indicati di seguito un’argomentazione non manifestamente illogica atta ad escludere la :hiesta integrazione istruttoria. Il medesimo ordine di considerazioni vale a proposito dell’esclusione, da parte della Corte di merito, del rilievo alla identità de conio delle munizioni (quelle rinvenute nell’immobile nella disponibilità del COGNOME e quelle repertate sul /ocus commissi delicti): non è, infatti, per nulla illogica la considerazione, che si legge nella sentenza impugnata, secondo cui tale profilo non sarebbe per nulla dirimente al fine della decisione in quanto, indipendentemente dal conio e dal confezionamento (in un’unica scatola o – neno) delle munizioni, quel che nella specie ha rilevanza rispetto al thema di proma è la sussistenza o meno di elementi dimostrativi della disponibilità di esse in :ap0 a NOME COGNOME disponibilità (come anticipato) in effetti affermata dal G iudice del rinvio alla luce delle impronte presenti su di esse, secondo quanto si e ;porrà appena oltre.
In secondo luogo, la Corte distrettuale ha chiarito – parimenti, sen; .a che possa ravvisarsi una manifesta illogicità – le ragioni per cui ha denuto condivisibile quanto rassegnato dal perito in ordine alla qualificazione come impronte a freddo, determinate dal caricamento e dalla successiva espulsione senza sparo nella medesima arma, dei segni in discorso; e ciò anche alla lu:e dei chiarimenti e delle puntualizzazioni offerti dall’ausiliario nel corso del suo Esame orale. Più in dettaglio, il Giudice del rinvio ha evidenziato come il perito abbia individuato l’unico elemento (presente nelle armi automatiche o semiautomatiche) idoneo a determinare l’impronta nell’espulsore ed abbia escluso (nell’elaborato scritto) la certezza tecnico balistica al riguardo solo perché (come rassegnato nell’esame orale) la collocazione dell’improrta si collocava in una parte che non consentiva di attribuirla ad alcuna delle armi in commercio (secondo le tabelle predisposte dall’F.B.I. statunitense), d i ciò traendo che l’unica arma che ha impresso i segni sulle munizioni in parola dovesse essere un’arma artigianale ossia, come indicato in sentenza, un arma giocattolo modificata. Ancora la Corte di assise di appello ha dato :onta dell’alternativa ricostruzione esposta dal perito ossia la produzione delle impronte tramite un’operazione di sparo (cui avrebbe fatto seguito il lavagg o del bossolo e la sua ricarica) o un caricamento domestico (avvalendosi di una base reggi bossolo); e ne ha escluso la fondatezza nel caso di specie non sclo in quanto lo stesso perito le ha definite remote ma anche in ragione dell’asserza di elementi di fatto (quali il rinvenimento, all’atto delle perquisizioni dei luoghi nella disponibilità del COGNOME, degli strumenti necessari per dare corso a lette operazioni) a dispetto della decisamente plausibile facilità per un soggetti) del calibro criminale del ricorrente di procurarsi armi artigianali, ossia modificate, e del fatto che proprio la necessità di verificarne, prima di utilizzarle,
funzionamento (ossia l’assenza di inceppamenti) a seguito delle mcdifiche giustificasse il caricamento e l’espulsione senza deflagrazione di più mu Tale argomentazione non è per nulla manifestamente illogica e, sotto tale ultimo profilo, il ricorso prospetta non solo finisce col perorare. in maniera irrinale in questa sede, un alternativo apprezzamento (Sez. 2, n. 46288/2016, cit.) ma comunque difetta di specificità rispetto all’iter appena compendiato nella parte in cui assume che non sarebbe stato possibile utilizzare un’arma giocattclo per l’azione criminale in imputazione, dato che l’utilizzo di un’arma artigia iale o modificata nel caso in esame è stata correlata all’operazione che ha determinato i segni (anche) sulle cartucce poi esplose con un’altra arma. Così corre non coglie nel segno la prospettazione difensiva nella parte in cui assume che il Giudice del rinvio avrebbe fatto riferimento a un’arma giocattolo, ipotesi questa neppure presentata dal perito: invero, come si trae con evidenza dal testo del provvedimento impugnato, la Corte pugliese ha fatto riferimento all’impieg D (per l’operazione di caricamento ed espulsione) a un’arma artigianale (poiché, come esposto, i segni da essa impressi non sono risultati conformi a nessuna delle armi censite) o a un’arma giocattolo modificata, impiegando le due esprEssioni indifferentemente; il che esclude il travisamento di quanto rassegnato dal perito. Così come non ne è stato specificamente denunciato il travisamento, :The il ricorso correla al contenuto della relazione dell’ausiliario, senza tuttavia considerare in alcun modo quel che quest’ultimo ha rappresentato nel corsc della propria escussione, quantunque la sentenza impugnata abbia a chiare I attere affermato di aver fondato il proprio iter su quanto esposto oralmente dal p erito, nel contradditorio delle parti e proprio a fronte delle sollecitazioni ricevute in quella sede (ivi comprese quelle fondate sulle deduzioni dei consulenti della difesa). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Infine, erroneamente il ricorso ha assunto che la Corte distrettuale abbia disatteso solo per ragioni formali la prospettazione difesa basata su cuanto allegato dal consulente lanieri, erroneamente ritenuto inutilizzabile. In realtà, la sentenza impugnata non si è limitata a qualificare come inutilizzabili i risulta ti cui è pervenuto il consulente (perché compiuti al di fuori del contraddittorio proprio della disposta perizia e del materiale probatorio ritualmente acquisito) ma – quel che è dirimente e rende superflua ogni ulteriore considerazione – ne ha ritimuto l’inutilità in quanto non è stato possibile conoscere le caratteristiche dell’arma impiegata da lanieri (non potendosi pertanto apprezzare se fo;sero corrispondenti a quella, secondo l’ipotesi poi validata con la perizia, utilizzata per il caricamento e l’espulsione delle munizioni) né le condizioni e le modalità dell’attività svolta; e perché sono state messe a disposizione della Corte solo fotografie che ritraevano materiale balistico estraneo al processo, neppure
sottoposto al perito. Anche in parte qua la motivazione, evidentemente, non è manifestamente illogica.
4. Il terzo e il sesto motivo – entrambi inerenti alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1, comma 1, cod. pen. (ritenuta rispettivamente in relazione ai reati di cui ai capi 1. e 2. della rubrica) e che, perciò, possono essere trattati congiuntamente – sono fondati nei termini di seguito esposti.
Come evidenziato nella stessa sentenza impugnata, tra le due cistinte aggravanti contemplate dalla norma appena citata, è stata affermata la sussistenza soltanto di quella, di carattere oggettivo, di aver commesso i fatti avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis cod. pen., che icorre quando l’agente delinque con metodo mafioso, ponendo in essere una condotta idonea ad esercitare una particolare coartazione psicologica, anche !;u un numero indeterminato di persone, con i caratteri propri dell’intimidazione derivante dall’organizzazione criminale della specie considerata (cfr. Sez. U, n. 10 del 28/03/2001, COGNOME, Rv. 218377 – 01). Essa «si caratterizza e si esaurisce per le modalità dell’azione», ossia per «l’utilizzazione di una forza intimidatoria che – a prescindere da qualsiasi legame del suo autore con l’organizzizione mafiosa o con l’esistenza stessa di tale compagine in quel contesto – ne mutui le modalità di azione, per proporre il clima di assoggettamento che le è caratteristico» (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME , Rv. 278734: «Sotto questo profilo, la norma evidenzia un duplice carattere preventivo: evitare fenomeni emulativi, essi stessi forieri di un rafforzamento della tipica struttura mafiosa, volta alla sopraffazione, e liberare i soggetti passivi dal potenziale giogo conseguente a tali atti, restituendo loro strumenti per una pronta reazione, a tutela della libera di autodeterminazione.; cfr. pure Sez. 4, n. 5136 del 02/02/2022, COGNOME, Rv. 282602 – 02); la sua ratio è «contrastare in maniera più decisa, stante la loro maggiore pericolosità, l’atteggiamento di coloro che, facciano o meno parte di un’associazione di stampo mafiT o, si comportino, comunque, “da mafiosi”. Dunque, la circostanza in parcla si caratterizza per il fatto che le modalità esecutive del reato devono evoure la forza intimidatrice . del vincolo associativo» (Sez. 6, n. 41772 del 13/06/017, Vicidomini, Rv. 271103 – 01), capace di determinare «una particolare coartazione psico!ogica sulle persone, con i caratteri propri dell’intimida ione derivante dall’organizzazione criminale della specie considerata» (Sez. 2., n. 45321 del 14/10/2015, COGNOME, Rv. 264900 – 01); ed essa «non può ritenersi integrata dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportanenti propri dell’organizzazione mafiosa, ad esempio a partire dal mero carattere eclatante dell’azione, siccome commessa in pieno giorno, nel centro cittadi lo di Corte di Cassazione – copia non ufficiale
(
una zona di sicuro radicamento mafioso, nonché dalla sua efficiente pianificazione, essendo invece necessario che le modalità della ccndotta presentino un nesso immediato rispetto all’azione criminosa nel senso di connotarsi come funzionali alla più pronta e agevole realizzazione del reate (Sez. 1, n. 26399 del 28/02/2018, Barba, Rv. 273365 – 01; v. anche Sez. 1, n. 38770 del 22/06/2022, COGNOME, Rv. 283637 – 01)».
Ebbene, la Corte distrettuale ha affermato la sussistenza dell’aggravante oggettiva:
descrivendo il contesto in seno al quale è maturata la volontà orlicida, ossia la volontà di NOME COGNOME di vendicare il fratello NOME (attr buita, nell’ambiente criminale in discorso, al COGNOME la cui fiducia era stata tradita dallo stesso NOME COGNOME) e ritenendo che il ricorrente intendesse riscat:are il proprio prestigio all’interno del gruppo criminale di appartenenza, ripristinz ndo il proprio ruolo dominante e la propria capacità intimidatrice con un’azione eclatante come quella posta in essere;
e per l’appunto, dando conto delle modalità eclatanti criminale.
In tal modo, da una parte, il Giudice del rinvio ha dato conto della finalità perseguita con i delitti in discorso, profilo ex se non conducente ris petto all’aggravante oggettiva in contestazione poiché non coincide con l’evocEzione della forza intimidatrice del vincolo associativo; e dall’altra, in ogni caso n)ri ha in alcun modo indicato in che termini ha attribuito a tali modalità l’idoneità, in concreto, a evocare nei confronti dei consociati la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso e una valenza funzionale a una più agevole e !,icura consumazione del reato alla più pronta e agevole realizzazione dell agire criminoso.
Il quarto motivo, relativo alla sussistenza della premeditazione (contestata per i fatti di cui al capo 1. della rubrica) è inammissibile poiché ed è manifestamente infondato nella parte in cui denuncia l’apparenza della motivazione (che ha indicato le ragioni su cui ha fondato la sussistenza dell’aggravante: cfr. p. 39 della sentenza impugnata) nonché in quanto, luncii dal contenere compiute censure di legittimità, si affida ad asserti generici, senza confrontarsi effettivamente con la motivazione (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/ – 2013, NOME, Rv. 254584 – 01) e comunque ad allegazioni in fatto non consent te in questa sede (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01).
Il quinto motivo, inerente ai reati di cui al capo 2. della rubrica, è inammissibile poiché con evidenza intrinsecamente generico, conten?ndo enunciati assertivi e il generico rimando all’atto di appello (cfr. Sez. 3, n. i3065
del 21/09/2018 – dep. 2019, C., Rv. 275853 – 02; Sez. 3, n. 35954 del 04/11/2014 – dep. 2015, B., Rv. 264879 – 01) e non si confronta co l’iter esposto nella pronuncia impugnata che, peraltro in maniera adeguata r spetto all’atto di appello (che non affrontava ex professo il thema ma era incE ntrato sulle censure relative ai delitti di omicidio e tentato omicidio con part colare riguardo al movente e alle striature), dopo aver ricostruito gli elementi in E tti, ha attribuito al COGNOME il ruolo di mandante (in difetto di elemeni che consentissero di attribuirgli la partecipazione in prima persona all’azione omicidiaria) e da ciò ha tratto che sia stato egli stesso a fornire i mezzi per commettere il reato (ossia le armi, le munizioni e i giubbotti antiproiettile), facendo riferimento in particolare al rinvenimento di giubbotti all’esito della perquisizione e di quanto esposto a proposito del cameramento in altra arma (prima della commissione dei fatti) di alcune delle munizioni utilizzat2 per l’agguato.
7. Il settimo motivo, che riguardo il capo 3. della rubrica, è fondato.
La Corte distrettuale ha infatti ritenuto il COGNOME responsabile della ricettazione dello scooter (oggetto di un precedente furto) utilizzato per commettere l’omicidio e il tentato omicidio sulla scorta di un enunciato disancorato dal rifermento a specifici elementi di prova diretta sul punto, del tutto assertivo e congetturale nella parte in cui ha tratto dalla dotazione, da parte sua agli esecutori materiali, delle munizioni e dei giubbotti antiproiett le (la cui disponibilità in capo al ricorrente, tuttavia, è stata chiarita dal Giudice del rinvio) anche la messa a disposizione di costoro del veicolo, evidenziando che cià era funzionale alla riuscita dell’azione omicidiaria e che lo stesso COGNOMEo, in ragione del proprio spessore criminale, ben avrebbe potuto procurarselo (:ome dimostrato dal rinvenimento nella villa nella sua disponibilità di altri me;:zi di provenienza furtiva).
Anche in parte qua, dunque, la sentenza deve essere annullata con riivio.
L’ottavo motivo, che ha ad oggetto i reati in materia di armi di c ui al capo 4. della rubrica, è inammissibile. Con esso è stato reiterato il medesimo ordine di censure già disattese dalla Corte territoriale con una motivione congrua e logica, non oggetto di compiuta critica da parte della difesa che, peraltro, in maniera manifestamente infondata ha assunto il difetto di riscontri alle propalazioni su cui si è fondata la decisione. Basti osservare che la sentenza impugnata ha dato conto di quanto esposto nella sentenza definitiva ch a ha condannato NOME COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME fratel o di NOMECOGNOME correttamente apprezzandola ex art. 238-bis cod. proc. pen. (second , ) cui «le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della pro ,, a di
fatto in esse accertato e sono valutate a norma degli artt. 187 e 192, comma 3»), discostandosi dalla ricostruzione in essa offerta solo in rel3zione all’attribuzione della disponibilità (della detenzione e del porto) dell’arma oggetto materiale dei reati alla luce di quanto rassegnato, in maniera converger) – e dunque riscontrata ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 – 01: «in tema di chiamata in correità, i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correità, purché la cono5cenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che o:corre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovend ) cioè riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello ;tesso all’imputato, mentre non è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore (li una prova “autosufficiente” perché, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità»), dalle fonti dichiarative acquisite nel pr€ sente procedimento, rispetto alle quali le critiche difensive sono nel resto del tutto assertive e versate in fatto.
Le censure sollevate con il nono motivo sono nel complesso infondate inerenti all’esclusione dell’attenuante della provocazione ed assorbite, in ragione dell’annullamento con rinvio sopra disposto, in ordine alla mancata concesione delle circostanze attenuanti generiche e della commisurazione della pena.
Infatti, vero è che, ai fini della configurabilità della provocazione, pe – quel che qui interessa, -«lo “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva, [.. I può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il ‘fatto ingiusto altrui”» (Sez. 1, n. 21409 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 275894 W; cfr. pure Sez. 1, n. 48859 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265220 – 01: «ai fui del riconoscimento dell’esimente della provocazione nei delitti contro l’onore, lon è necessario che la reazione venga attuata nello stesso momento in cui sia ricevuta l’offesa, essendo sufficiente che essa abbia luogo finchè duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio»). Tuttavia, «l’immediatezza della reazione rispetto al fatto ingiusto altrui rende più evidente la sussistenza dei presupposti di tale circostanza attenuante, mentre il passaggio di un lasso di t3mpo considerevole può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causa1 ,3 e ci riferire la reazione ad un sentimento differente, quale l’odio o il rancore a ungo provato» (cfr. Sez. 5, n. 7244 del 06/07/2015 – dep. 2016, Presta, Rv. 26737 01, che richiama Sez. 1, n. 16790 del 08/04/2008, COGNOME, Rv. 240283).
La Corte distrettuale, con motivazione non manifestamente illog ca e dunque qui non sindacabile, ha escluso i presupposti dell’attenuante non a’endo
riguardo unicamente al tempo (56 giorni), peraltro non limitato, trascorso tra l’assassinio del fratello del ricorrente e le condotte omicidiarie di cui quesnItimo è mandante ma negando che l’imputato abbia agito in preda a uno stato emotivo che ha inciso sul suo stato emotivo, alla luce della complessiva ricostruzione della vicenda, segnatamente osservando come nel periodo in discorso egli abbia coltivato il proprio proposito (sorto immediatamente dopo la mort2 del congiunto) non soltanto predisponendo i mezzi necessari per la reazior e ma rifiutando ogni mediazione con il COGNOME, da ciò traendo che egli abbia agi:o per rancore. Non occorre dilungarsi per osservare che non può com inque considerarsi, al fine di limitare l’arco di tempo da apprezzare al riguardo, come «ultimo fatto ingiusto del COGNOME», il suo ritorno nel territorio biscegliE se (a fronte del divieto a lui imposto, dopo l’omicidio di NOME COGNOME), nel contesto criminale di riferimento), cui non può attribuirsi il necessario «canttere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuri liche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale» (Sez. 1, n. 21409/2019, cit.).
10. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente all’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. (ritemta in relazione ai reati di cui ai capi 1. e 2. della rubrica) nonché al reato di cui al capo 3., con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Bari.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. e al reato di cui al capo 3 delle imputazioni, con rinviD per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Bari.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 24/09/2024.