Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1078 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1078 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nata il 10/01/1943 a Cittanova;
COGNOME NOMECOGNOME nato il 16/05/1970 a Cittanova;
3 COGNOME NOMECOGNOME nato il 13/01/1974 a Cittanova
avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 26/09/202.3
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Prociir tore generale NOME COGNOME che ha chiesto che i ricorsi vengano rigettati; sentito il difensore degli imputati, Avvocato NOME COGNOME che ha insistit per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 26 settembre 023 (motivazione depositata il successivo 22 dicembre) – emessa in seguit ad annullamento con rinvio disposto da questa Corte, Sez. 2, n. 4166 del 16/11/’018 – dep. il 28/01/2019 – in riforma della sentenza di primo grado del Tribt n le di Palmi, ha riqualificato il fatto, originariamente contestato come estorsio e in concorso pluriaggravata, anche dalla “mafiosità”, quale violazione degli art. 110, 612, capoverso, e 416-bis.1 cod. pen., condannando gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME alle pene ritenute di gius
Avverso la sentenza di appello gli imputati hanno, a mezzo del pr pino difensore, proposto ricorsi nei quali deducono due motivi comuni, declinai orne violazione di legge e vizio della motivazione relativamente alla qualifica ione giuridica del fatto e all’aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen.
2.1. In primo luogo si eccepisce che la Corte territoriale – non tenend ) onta dei rilievi formulati dalla Cassazione nella sentenza di annullamento con lin io ha, in modo illogico e obliterando le dichiarazioni dibattimentali rese dalla per ona offesa COGNOME COGNOME (da ultimo in sede di rinnovato esame in appello), rit nuto erroneamente che alla base delle minacce non vi fosse un negozio lecito (atti ente alla compravendita di bestiame e/o a un appalto per il taglio di legnam( d un fondo di proprietà degli imputati) di tal che sarebbe stato in caso ipotizz3b le la fattispecie di cui all’art. 393 cod. pen.
2.1. Con il secondo motivo si deduce che la sentenza impugnata ha erat. nel ritenere che tali minacce fossero aggravate dalla “mafiosità”; ciò sia riguardi alla asserita esplicazione di un “metodo mafioso” che nel caso in esame n n è rinvenibile, sia in riferimento al fine di “favorire” un sodalizio di tal genere, a te che la “associazione RAGIONE_SOCIALE” non era più operativa dal 2000, come ac.ce tato da sentenze irrevocabili; peraltro, proprio basandosi su tale aspetto, in ede cautelare il Gip distrettuale, con decisione non impugnata dal PM, aveva 2s luso la sussistenza di tale metodo con un’ampia e del tutto logica motivazione (che viene riportata nel ricorso).
2.3. NOME COGNOME ha altresì censurato la sentenza della lorte territoriale in merito all’affermazione della partecipazione del predetto alle condotte asseritamente illecite ascritte ai coimputati.
2.4. Il difensore degli imputati ha depositato memoria nella quale ha rett rato le questioni contenute nei ricorsi insistendo per l’accoglimento
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno dunque rigettati.
La sopra riportata sentenza rescindente di questa Corte ha così motivato l’annullamento con rinvio: «La Corte d’Appello, infatti, ha in buona s Dstanza “recuperato” le prime dichiarazioni del COGNOME (peraltro dallo stesso reiteratamente disconosciute, nel corso della deposizione dinanzi al Tribunale di Palmi), non solo senza motivare in alcun modo la propria diversità di vedute rispetto al primo giudice, ma anche – ed è quel che più rileva in questa sede senza prendere in considerazione, ad ogni effetto, le già richiamate implicazioni derivanti dalla ricostruzione prescelta: l’ininterrotta detenzione di COGNOME NOME a far data dal dicembre 2009, e l’altrettanto incontroversa epoca dei pagamenti, ricostruita dal giudice di primo grado sulla base dei documenti trovati a COGNOME NOME (cfr. pag. 23 della sentenza del Tribunale, in cui si chiarisce che la persona offesa aveva iniziato a pagare nel 2010), appaiono incompatibili con il racconto (originario) del COGNOME, stando al quale egli avrebbe ricevuto la richiesta di interessi dopo aver pagato il prezzo concordato per i bovini. E’ superfluo evidenziare che tale discrasia non può in alcun modo essere “derubricata” ad aspetto marginale o secondario della prospettazione accu.;atoria, come tale non decisivo dinanzi ad una “doppia conforme” di condanna. Al contrario, la non risolta incertezza in ordine ad uno snodo essenziale de l’intera vicenda, quale quello delle concrete modalità in cui sarebbe stata formulata la richiesta di ulteriori esorbitanti somme al COGNOME, non può che riverberarsi sulla complessiva tenuta dell’impianto accusatorio non solo quanto alla posizione di COGNOME NOME, ma anche quanto a quella degli altri ricorrenti, dal momento che l’accusa di estorsione continuata oggetto dell’odierno giudizio si fonda, come già ricordato, su condotte violente e minacciose indissolubilmente legate a quella richiesta. Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annulli mento della sentenza impugnata (restando assorbite le ulteriori censure dedottr2), con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria, per nuovo e , ;ame». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il deficit della motivazione è stato adeguatamente colmato dalla Corte territoriale che ha proceduto a nuovo esame del COGNOME e ha esc uso la sussistenza della fattispecie di estorsione – per difetto della prova di un “ingiusto profitto” – ritenendo configurabile il reato di minacce, aggravato dalla pluralità delle persone e dalla “mafiosità”.
3.1. La sentenza impugnata ha evidenziato che, all’esito dell esame della persona offesa, le cui dichiarazioni risultano corroborate da conv , 2rgenti
riscontri probatori, è emerso “lo stato di soggezione e condizionamento subito dal COGNOME e le continue pressioni e minacce poste in essere dagli imputati c:he, con comportamenti ripetuti nel tempo, lo vessavano affinchè “onorasse” gli impegni economici … La versione degli imputati sentiti in dibattimento non è stata tale da smentire quanto dichiarato dal COGNOME il quale dichiarava che le somme riportate nell’agenda a lui sequestrata erano relative a un taglio di uliveto per ccnto dei COGNOME e che le somme da corrispondere erano anche relative all’acquisto di ovini da lui fatti, oltre che dei bovini”. COGNOME – precisa ancora la Corte di appell – ha ammesso nel dibattimento le continue e vessanti insistenze ricevute per il tramite di COGNOME NOME finalizzate ad ottenere il denaro a titolo di interessi, precisando di avere paura dei COGNOME (“Certo. Poi sono arrivato a un limite di disperazione totale di pressione totale, ho pure una famiglia. Sono spos9to, ho pure dei figli”). Minacce e pressioni confermate da una serie di elementi oggettivi, indicati nella sentenza di appello e consistenti in: ben 63 chiamate sul cellulare della persona offesa da parte di COGNOME NOME che si recava sotto casa sua “facendo sentire la sua presenza minacciosa”; telefonata in data 8 marzo 21)14 del Talarico con il fratello NOME, nel corso della quale la persona offesa chiedeva al germano del denaro in prestito per poter pagare “NOME COGNOME” (ossia COGNOME NOME); sms inviato al Talarico il giorno successivo dal fratello COGNOME con il quale chiedeva “se era tutto a posto, in quanto anche lui era stato sottoposto a pressioni da parte dei COGNOME che si erano presentati anche sotto casa s.:ua con la macchina affinchè veicolasse il messaggio al fratello”; analoghe pressioni subite dal cognato del COGNOME (COGNOME NOME), riscontrate dal tenore di una tel( fonata intercorsa tra i due. Condotte, queste, non illogicamente ritenute espressive di valenza minacciosa e finalizzate a ottenere dalla persona offesa la dazic:ne del denaro. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.2. Adeguatamente provata risulta, altresì, la circostanza che le F:retese riguardavano un incremento notevolissimo della somma da versare, da imputare a “presunti interessi di mora” (COGNOME nel giudizio di primo grado ha dichiarato: “per me, quando gli ho dato 20.000 euro, per me la cosa era chiusa. Non l’hanno voluta chiudere e mi hanno chiesto 14.000 di interessi … ). Pertanto, considerata la misura comunque del tutto “sproporzionata” del tasso preteso (Talarico nell’esame dinanzi alla Corte di appello ha parlato di un “raddoppio”), si tratta di richiesta certamente non azionabile dinanzi al Giudice, di tal che non può configurarsi il reato di cui all’art. 393 cod. pen., come invocato dai ricorreni.
3.3. Infondato è anche il motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME nel quale il predetto deduce l’assenza di prove in ordine alla propria responsabilità nei fatti contestati. Invero, la sentenza impugnata dà atto (pag. 6) che COGNOME nel corso del suo nuovo esame dinanzi alla Corte di appello nel rievocare i fitti ha
dichiarato che le richieste di denaro gli erano state in origine rivolte da “NOME COGNOME NOME e NOME“, con ciò dimostrandosi il pieno coinvolgimento, sin dall’inizio, dell’imputato nelle condotte minacciose.
Riguardo all’utilizzo del “metodo mafioso” la sentenza impugnata , richiamando l’ampia motivazione del Tribunale (pag. 33/37 della sentenza di primo grado), evidenzia che “le modalità particolarmente incisive delle pressioni e intimidazioni più o meno larvate che hanno raggiunto la persona offesa rendendolo sottomesso e spaventato della ben nota caratura criminale dei soggetti agenti, sono espressione della supremazia mafiosa che gli stessi avevano sul territorio di Cittanova e zone limitrofe che non necessitava di particolari forme estenori ben bastando la loro presenza per intimorire la vittima”. Motivazione non Illogica, tenuto conto anche di quanto dichiarato dal COGNOME nell’esame reso dinanzi alla Corte territoriale nel quale, richiesto di spiegare perché avesse accettato di dare ai COGNOME gli ulteriori dieci mila euro, risponde “ho cercato di accettare per poter pacificare la situazione, perché bene o male COGNOME li conosciamo al paese, quindi questa era la situazione”.
4.1. Non possono al riguardo essere condivise le censure dei ricorrenti secondo i quali l’aggravante non sarebbe sussistente in quanto “l’associazione COGNOME” non sarebbe stata più operativa da tempo. Invero, come è noto, per la configurabilità dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso” non è necessario che sia stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia assumanc: veste tipicamente mafiosa (da ultimo, Sez. 5, n. 37489 del 13/09/2024, n. m.; in precedenza, tra le tante, Sez. 5, n. 21530 del 08/02/2018, Rv. 273025 – 01). E’, quindi, necessario solo che la violenza o la minaccia assumano la veste propria della violenza o della minaccia mafiosa, ossia di quella ben più penetrante, energica ed efficace che deriva dalla prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti, sicché, un 3 volta accertato l’utilizzo del metodo mafioso, l’aggravante, avente natura ogget:iva, si applica a tutti i concorrenti nel reato, ancorché le azioni di intimidazione e m naccia siano state materialmente commesse solo da alcuni di essi (Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, COGNOME, Rv. 285018 – 02). Connotazioni queste ritenute dalle Corte di appello, con motivazione non illogica e dunque insindacabile in sede di legittimità, presenti nella condotta degli imputati.
4.2. Sotto altro profilo, non assume rilievo l’eventuale insufficienza motivazionale in merito alla “finalità agevolatrice” dell’associazione ex art. 416 bis.1 cod. pen. delle condotte dei RAGIONE_SOCIALE (comunque affermata dalla sentenza impugnata a pag. 12 s.). Da un lato, la contestazione in forma alterna Afa di
entrambi i profili che caratterizzano l’aggravante speciale di cui all’art. – i’ d.l. n. 152 del 1991, conv. in legge n. 203 del 1991 (ora art. 416 bis.1 cod. pen,), quali l’utilizzo del metodo mafioso o la finalità di agevolazione mafiosa, non è illegittima, perché in presenza di condotte delittuose complesse ed aperte all’una o all’altra modalità operativa od anche ad entrambe, essa amplia e non riduce le prerogative difensive (da ultimo, v. Sez. 5, n. 18635 del 14/02/2017, COGNOME, Rv. 270019 – 01); dall’altro lato, per l’ascrizione dell’aggravante è sufficiente l’accertamento della sussistenza di una delle due modalità in cui essa si a rticola (nella specie, il “metodo mafioso”).
Infine, va rilevato che il reato ascritto agli imputati non è prescritto. Inver a carico dei predetti è stata ritenuta sussistente la aggravante della “mz fiosità” (oltre alla recidiva “a effetto speciale”), di tal che il reato, contestato car commesso sino alla data del marzo 2014, non è estinto. Invero, a norma iiell’art. 161, comma 2, cod. proc. pen., per i delitti aggravati da detta circostan2:a, riconnpresi nell’art. 51, comma 3 bis, cod. proc. pen., non vi sono limiti all’alimento del tempo di prescrizione per effetto dei diversi atti interruttivi.
5.1. Inoltre, sussistendo la aggravante delle “più persone riunite” di cu all’art. 339, comma 1, cod. pen. (originariamente contestata sub art. 628, corrimi 3 n. 1 e ricompresa nell’art. 612 comma 2 cod. pen. – che rinvia appunto all’art. .339 cit. – così come riqualificata l’imputazione dalla sentenza impugnata) il Nato di minacce aggravate per il quale è stata pronunciata condanna è persi!guibile d’ufficio, anche dopo le modifiche del d.lgs. n. 36 del 2018, e quindi irri evante risulta l’eventuale mancanza di querela, profilo comunque non dedolto dai ricorrenti.
Al rigetto dei ricorsi segue, come per legge, la condanna degli innp ‘dati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2024
Il onsigliere e