Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27164 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27164 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a BARI il 27/01/1964
NOME COGNOME nato a ANDRIA il 28/09/1963
avverso la sentenza del 10/01/2025 della CORTE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; uditi i difensori:
Avv. NOME COGNOME per la parte civile, che ha concluso chiedendo di confermarsi la sentenza impugnata, depositando comparsa conclusionale e nota delle spese;
Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per NOMECOGNOME
Avv. NOME COGNOME per COGNOME NOME, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bari, in esito a giudizio abbreviato, parzialmente riformando la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bari, emessa il 7 novembre 2023, ha confermato la responsabilità dei ricorrenti e la loro condanna anche al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile in relazione ai reati di estorsione consumata (ascritto al COGNOME) ed estorsione tentata (ascritto al COGNOME), entrambi aggravati dall’uso del metodo mafioso, commessi, in concorso con COGNOME NOME separatamente giudicato, in danno di COGNOME NOME, titolare di un esercizio commerciale in Trani, al quale ripetutamente chiedevano denaro per i “carcerati” ed anche di gestire il suo locale secondo le direttive impartitegli.
Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro rispettivi difensori e con distinti atti.
NOME.
3.1. Dopo aver premesso di aver rinunciato ai motivi inerenti al giudizio di responsabilità, il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, deduce violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’uso del metodo mafioso.
La Corte non avrebbe valutato la mancanza di concrete ed oggettive modalità della condotta del ricorrente idonee a connotare l’aggravante, riferibili al solo coimputato separatamente giudicato COGNOME Angelo.
La rinuncia ai motivi concernenti il giudizio di responsabilità non si estenderebbe alle ragioni poste nell’atto di appello a sostegno della esclusione dell’aggravante.
Il ricorrente non avrebbe utilizzato il metodo mafioso in nessuna circostanza, non richiamando gruppi mafiosi né l’intervento di altri soggetti di caratura criminale, limitandosi, semmai, ad enfatizzare il profilo personologico del coimputato COGNOME.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata esclusione della recidiva.
Non si sarebbe tenuto conto della vetustà dei precedenti penali e dell’assenza di carichi pendenti, essendosi la Corte limitata a richiamare la biografia criminale del ricorrente, così sottraendosi ai propri obblighi motivazionali.
Regano NOME
4.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta responsabilità.
La Corte non avrebbe adeguatamente valutato l’alternativa ricostruzione difensiva secondo la quale il ricorrente avrebbe agito nell’esclusivo interesse della vittima, che lo aveva coinvolto nella vicenda solo in un secondo tempo, allorquando era
rimasto deluso dal fallimento del tentativo di mediazione con gli estorsori da parte dell’imputato, a ciò richiesto dalla persona offesa.
Tanto giustificherebbe le condotte del ricorrente riferite da quest’ultimo e quanto emerso dalle videoriprese, nonché la presenza di un risentimento della vittima verso l’imputato, rinvenibile nella circostanza di avergli falsamente attribuito il possesso di un’arma nella occasione dell’incontro verificatosi il 29 giugno 2021 e nell’aver affievolito la valenza dei loro rapporti amicali.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso.
La Corte non avrebbe spiegato in che modo il ricorrente avrebbe aderito alla condotta dei correi anche con riferimento all’aggravante in parola, non avendo egli personalmente commesso alcuna condotta integrante l’uso del metodo mafioso e non essendo a conoscenza delle azioni commesse dai coimputati.
4.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, avendo la stessa Corte attribuito al ricorrente un ruolo di secondo piano ed atteggiamenti solo apparentemente violenti.
L’esclusione della recidiva avrebbe dovuto giustificare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; sul punto, la Corte di appello non avrebbe offerto alcuna motivazione.
Si dà atto che nell’interesse del ricorrente è stata depositata una memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché proposti con motivi generici e, comunque, manifestamente infondati.
1. NOME
1.1. Quanto al primo motivo, il ricorrente non tiene in adeguato conto il fatto di aver rinunciato ai motivi inerenti al giudizio di responsabilità e, dunque, anche alle argomentazioni ad esso relative per quanto inerenti alla individuazione del suo pieno concorso nel reato, in particolare con riferimento alla adesione alla condotta commessa dal coimputato COGNOME separatamente giudicato.
Ciò posto, deve ricordarsi che l’aggravante del metodo mafioso ha natura oggettiva e si comunica ai concorrenti ai sensi dell’art. 59, comma secondo, cod. pen.
Infatti, giova ricordare che ai fini della configurabilità dell’aggravant dell’utilizzazione del metodo mafioso, di cui all’art. 7 d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203, non occorre che sia dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo necessario solo che la violenza o la minaccia assumano la veste propria della violenza o della
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minaccia mafiosa, ossia di quella ben più penetrante, energica ed efficace che deriva dalla prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti, sicché, una volta accertato l’utilizzo d metodo mafioso, l’aggravante, avente natura oggettiva, si applica a tutti i concorrenti nel reato, ancorché le azioni di intimidazione e minaccia siano state materialmente commesse solo da alcuni di essi (Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, COGNOME, Rv. 285018-02).
Nel caso in esame, il coimputato COGNOME secondo il racconto della vittima ritenuto attendibile, aveva chiesto a costei un regalo per “i carcerati”.
In tema di estorsione, integra la circostanza aggravante dell’uso del metodo mafioso la condotta di colui che prospetti l’utilizzo delle somme estorte per aiutare le famiglie degli “amici carcerati”, non rilevando in proposito che l’esistenza dell’organizzazione criminale non sia stata menzionata nel contesto delle richieste estorsive, in quanto il mezzo di coartazione della volontà facente ricorso al vincolo mafioso, e alla connessa condizione di assoggettamento, può esprimersi in forma indiretta o anche per implicito (Sez. 2, n. 7558 del 06/02/2014, Miranda; Sez. 6, n. 31385 del 04/07/2011, Carrubba; Sez. 5, n. 3101 del 06/10/2010, Citro).
Al di là di ciò, non è neanche vero che il ricorrente non aveva personalmente esternato alla vittima alcuna minaccia permeata da metodo mafioso, avendo egli, al contrario, fatto riferimento sia alla circostanza di comandare nel territorio ove la persona offesa esercitava la sua attività commerciale (fg. 21 della sentenza impugnata) – così evocando esplicitamente la presenza di una organizzazione in grado di svolgere tale ruolo nei confronti degli abitanti del luogo – sia anche di assicurare la protezione del commerciante, come precisato a fg. 22 della sentenza impugnata, altro richiamo ad organizzazioni criminali strutturate capaci di tal genere di prestazioni.
Di tanto il ricorso non dà contezza, dimostrando anche la sua genericità.
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto la sentenza impugnata ha espressamente indicato le ragioni che hanno condotto la Corte territoriale all’applicazione della recidiva reiterata specifica siccome contestata, basate sui numerosi e gravi precedenti penali del ricorrente e sulla sua pericolosità sociale e capacità criminale come attualizzata dalla commissione del grave reato per cui si procede (fgg. 39 e 40 della sentenza impugnata).
In proposito, si ricordi il principio secondo cui, in tema di recidiva facoltativa, richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa. (In motivazione la Corte ha chiarito che tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo
delinquenziale già avviato) (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Franco, Rv. 274782).
2.Regano NOME.
2.1. In ordine al primo motivo, deve rilevarsi che il ricorrente reitera una tes difensiva che la Corte di appello ha ampiamente tenuto in considerazione, superandola attraverso argomenti di merito non rivedibili in questa sede.
Affermando la credibilità della persona offesa, siccome basata anche sulla presenza di riscontri esterni indicati ai fgg. 25 e 26 della sentenza impugnata (dichiarazioni della madre della vittima e fotogrammi tratti da videoriprese), la Corte territoriale ha ritenuto che il ricorrente non aveva agito nel solo interesse della vittima, come sostenuto in ricorso, ma, al contrario, aveva coadiuvato, anche con modalità violente, la condotta dei correi, veicolando alla persona offesa i termini dell’estorsione nella più accesa delle pretese illecite (quella che la persona offesa avrebbe dovuto finanche abbandonare la sua attività commerciale) e riferendo anche di essere stato pagato dai coimputati per questo incarico, così dimostrando piena adesione ad esso.
Nel giudizio di sicura attendibilità della persona offesa – non intaccato dalle generiche affermazioni difensive – è stata correttamente inserita dalla Corte anche la valutazione in ordine all’assenza dì ogni forma di risentimento da costei vantato verso il ricorrente.
2.2. La natura oggettiva della circostanza aggravante, rapportata alla piena condivisione del proposito estorsivo dei correi da parte del ricorrente, attraverso una personale azione contro la vittima nel momento culminante della estorsione, fa sì che l’aggravante dell’uso del metodo mafioso, per le ragioni in diritto esplicitate a proposito del precedente ricorrente, si estenda anche al COGNOME NOME, secondo la logica ricostruzione operata ai fgg. 38 e 39 della sentenza impugnata prendendo spunto da elementi di fatto non rivedibili in questa sede e dalle stesse parole attribuite all’imputato.
Per tali ragioni, è manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso.
2.3. Quanto al terzo motivo, la Corte ha giustificato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed il trattamento sanzionatorio richiamando í gravi precedenti penali del ricorrente (sebbene non idonei rispetto all’applicazione della recidiva) e le altrettanto gravi modalità del fatto, motivazione da intendersi riferita anche alla minima entità della diminuzione per il tentativo.
La motivazione è rispettosa dei principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimit Ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità
del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime. (da ultimo, Sez. 2, n.
23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 4790 del 16.1.1996,
Romeo, rv. 204768).
Inoltre, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende
che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez.
5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME; Sez. 3 n. 1182 del 17/10/2007 dep. 2008,
COGNOME, rv. 238851).
Tanto assorbe ogni altra considerazione difensiva, anche con riferimento al contenuto della memoria.
Alla declaratoria dì inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa
delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità, nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME NOME, che liquida in complessivi euro 3686,00 oltre accessori di legge. Così deciso, il 26/06/2025.