Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1804 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1804 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOMECOGNOME nata a Napoli 1’11/04/1967, avverso la ordinanza emessa in data 26/07/2024 del Tribunale di Roma, visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le memorie; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha illustrato i motivi di ricorso in per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con unico motivo di ricorso, la ricorrente impugna l’ordinanza di riesame, in epigr indicata, deducendo vizi esiziali di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen illogicità e mera apparenza della stessa (art. 292, comma 2, lett. c e c bis, cod. proc. pen relazione sia alle ravvisate esigenze cautelari di inquinamento della prova in formazione pericolo di reiterazione di analoghe condotte (art. 274, comma 1, lett. a e c, cod. proc. p che alla esclusiva adeguatezza della misura di massima afflittività applicata dal Giudice per indagini preliminari (art. 275, comma 3 e 3 bis, cod. proc. pen.).
1.1. Le argomentazioni addotte sul tema delle esigenze cautelari e della adeguatezza della misura coercitiva carceraria difetterebbero, infatti, sia della necessaria valutazio concretezza ed attualità delle ravvisate esigenze (non potendosi in proposito valorizzare solo modalità della condotta, in termini assai generici, senza tener conto del ruolo in conc svolto nella concreta fattispecie e della data dei fatti rispetto al momento genetico misura), che della altrettanto necessaria valutazione di adeguatezza della misura di massima afflittività applicata, non potendo svalutarsi l’assoluta incensuratezza dell’indagat concreta possibilità di presidiare le ritenute esigenze con la meno afflittiva misura degli a domiciliari elettronicamente assistiti.
1.2. Con memoria di replica trasmessa a mezzo p.e.c. in data 8 novembre 2024, la difesa ripercorreva i motivi di ricorso, insistendo per l’annullamento della ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si procede in cautela per il reato di estorsione tentata in concorso, aggravata metodo mafioso. I fatti risultano contestati come commessi dal luglio 2023 al gennaio 2024 con intervento personale e diretto della ricorrente nell’episodio del 28 novembre 2023. Il ru rivestito dalla ricorrente nella vicenda (soggettivamente complessa) è quello della mandante principale interessata alla retrocessione dell’immobile confiscato ed acquistato dalla perso offesa al pubblico incanto. La minaccia estorsiva è stata portata richiamando in più occasion concretamente esponenti del sodalizio mafioso egemone sul territorio di Latina, facendo esplicito riferimento all’interesse che quel clan vantava nella vicenda immobiliare.
1.1. Il Tribunale per il riesame di Roma, adito con istanza proposta dalla dif dell’indagata, oggi ricorrente, ha, con accorte argomentazioni in fatto non censurate dai mot di ricorso proposti, confermato la qualificazione (anche circostanziale) dei fatti, attene correttamente al consolidato orientamento di questa Corte, che stima configurabile l’uso de metodo mafioso allorquando l’agente spenda, per rafforzare l’intimidazione, il nome o la fam o i caratteri paradigmatici dell’assoggettamento omertoso (Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019 COGNOME, Rv. 277222 – 01). La disposizione circostanziale tesa a stigmatizzare la mafiosità d
metodo (oggi inserita nella organica complessità codicistica, in ragione del principio d riserva di codice, enfaticamente enunciato all’art. 3 bis cod. pen., secondo gli auspici di c dottrina ispirata alla teorica generale del diritto penale) ha natura oggettiva e risponde, stigmatizzare un “metodo” e non un fatto, alla avvertita esigenza di prevedere un trattament sanzionatorio più severo, tutte le volte in cui l’evocazione della rappresentata (e necessariamente esistente) contiguità ad una organizzazione mafiosa pone la vittima in una condizione di soggezione ulteriore rispetto a quella solitamente derivata dalla condizione vittima di estorsione (Sez. 2, n. 19245 del 30/3/2017, COGNOME, Rv. 269938). Non occorre, dunque, che alla evocata contiguità, rappresentata in questo caso dalle modalità iterate particolarmente insistenti della domanda e dal contesto familiare cui la stessa ricorre peraltro appartiene, corrisponda una concreta e verificata origine mafiosa della minacci dovendo il giudice viceversa limitarsi a controllare (nella verosimiglianza offerta dal dichiarativo o di contesto) che quella evocazione sia effettivamente funzionale a creare ne vittima una condizione di assoggettamento particolare, come riflesso del prospettato pericol di trovarsi a dover fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafi piuttosto che quelle di un criminale comune, il che non è escluso neppure dalla dialett negoziale della intimazione (Sez. 2, n. 6683 del 12/01/2023, Bloise, Rv. 284392). Ricorrono pertanto, certamente i presupposti di fatto, opportunamente valorizzati dai giudici del mer per il riconoscimento della aggravante ad effetto speciale contestata.
1.2. La premessa, ancorché non sollecitata dal motivo unico di ricorso, che non contesta la sussistenza ontologica e giuridica della detta aggravante, appare necessaria, giacché il ricor non pare tener conto che nella fattispecie, in ragione del fatto oggetto di imputazione, oper disposto del comma 3 dell’art. 275 cod. proc. pen., che pone una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari ed una presunzione assoluta, per quanto “temperata” dalla decisione della Corte costituzionale n. 57 del 2013, di adeguatezza del presidio di massima afflittività, ove il fatto sia commesso (come nella fattispecie contestata) con modal evocazione mafiosa.
1.3. Ebbene, la prima presunzione (relativa) che impinge l’an delle esigenze cautelari non è stata vinta, ad avviso del Tribunale impugnato, dalle censure che intendono valorizzare non attualità dei pericula libertatis ed il difetto di concretezza degli stessi. Se infatti pu convenirsi con il motivo di ricorso nel punto in cui censura una motivazione no particolarmente convincente (ma non per questo manifestamente illogica o meramente apparente, in quanto pur sempre ancorata a dati di fatto non controversi) spesa in tema de pericolo per la genuinità della prova in formazione (art. 274, comma 1, lett. a, cod. p pen.), la motivazione spesa dal Tribunale in punto di concretezza ed attualità delle esigenze prevenzione speciale (pericolo di reiterazione di altri fatti omogenei, art. 274, comma 1, le cod. proc. pen.) appare ineccepibile, traendo questa argomento dalle modalità iterate ed assai insistenti della domanda, portate avanti ricorrendo assai concretamente alla capacità d assoggettamento omertoso del sodalizio egemone sul territorio di Latina. La giurisprudenza
recente di questa Corte, del resto, non impone al giudice del merito di dar conto in posit della ricorrenza dei pericula libertatis, ma soltanto di apprezzarne le ragioni di esclusione e ciò, ovviamente, se queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dag atti, precisando che tale motivazione deve essere tanto più convincente quanto più dilatato si lo iato tra la data di commissione del fatto e la data di adozione della misura cautelare (Sez n. 24533 del 22/03/2024, COGNOME Rv. 286698; Sez. 5, n. 36891 23/10/2020, Quaceci, Rv. 280471; Sez. 5, n. 35288 del 18/05/2022, non massimata). Orbene, il Tribunale della cautela ha fornito ampia motivazione in merito alla sussistenza (recte, al non superamento della presunzione relativa di sussistenza) delle esigenze cautelari anche in relazione al ‘fat tempo’, in quanto le date dell’agire (dal luglio al 28 novembre 2023, fino al gennaio 20 sono state logicamente ritenute non così risalenti nel tempo da neutralizzare le esigenz cautelari, che invece sono fondate sul manifestato, recente e perdurante interesse all soluzione imposta della vicenda immobiliare, sulle modalità di veicolazione costrittiva di interesse, oltre che sulla concreta e ripetuta evocazione dell’interesse alla vicenda del sodal egemone sull’entroterra pontino.
Anche sul tema della adeguatezza della sola restrizione inframuraria (art. 275, cod proc. pen.) il Tribunale ha ritenuto che la presunzione di adeguatezza scolpita al comma 3 dell’art. 275 del codice di rito non poteva considerarsi vinta da alcun segnalato elemen avverso: non dalla incensuratezza della ricorrente, che è mandante interessata nella concreta fattispecie ed ha agito in maniera particolarmente pervicace nella costrizione della perso offesa a rinunciare ai suoi interessi patrimoniali di natura reale, rappresentando la conti familiare con esponenti apicali del sodalizio egemone; non dal luogo di residenza della indagata (distante dal luogo teatro dei fatti poco meno di 180 chilometri), che evocava la presen immanente sul territorio pontino di esponenti mafiosi a lei vicini; non dal carattere deten (elettronicamente controllato) del presidio alternativo autocustodiale proposto in sede riesame, inconciliabile con la ritenuta ricorrenza della più volte richiamata presunzi processuale (Sez. U, n. 20769 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266651-01, che esclude l’onere motivazionale imposto dal comma 3 bis dell’art. 275 cod. proc. pen. laddove sia contestata e ritenuta l’aggravante ad effetto speciale c.d. del metodo mafioso). In ogni caso, il Tribunale controllo cautelare, ritenuta non vinta da alcun elemento di valutazione la presunzione adeguatezza della sola misura carceraria, ha comunque concretamente apprezzato l’inanità della misura domiciliare invocata, a contenere la spinta criminale dell’agente, per co rappresentata dai fatti per cui è cautela e dai rappresentati elementi di contiguità con il gr camorristico egemone sul territorio.
2.1. Il ricorso, che con tali diffuse argomentazioni non si confronta in concret inammissibile per evidente difetto di specificità.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – in ragione del grado di colpa nel determinare la inammissibilità del ricorso (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, 186) – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzion pecuniaria.
3.1. Il contenuto della presente sentenza deve essere comunicato alla ricorrente, ai sens di quanto dispone l’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen., onerando di tan direttore della Casa circondariale di detenzione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 19 novembre 2024.