Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2165 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2165 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/10/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Cirò il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 07/03/2023 del Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica depositata nell’interesse del ricorrente;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, emessa il 13 febbraio 2023, che aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere in
relazione ai reati di illecita concorrenza con violenza e minaccia ed estorsione, entrambi aggravati dall’art. 416-bis.1. cod.pen., posti in essere nei confronti di alcuni pescatori di Cirò Marina costretti con minaccia dai connotati mafiosi a rifornirsi di pesce dal ricorrente ed altri correi appartenenti alla locale di Cirò dell ‘ndrangheta (capi 15 e 17).
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, deducendo, con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza
Il Tribunale si sarebbe adagiato sulle valutazioni del Giudice per le indagini preliminari senza procedere ad alcuna autonoma elaborazione dei dati investigativi.
Sarebbero state travisate, a proposito del reato di illecita concorrenza con violenza o minaccia di cui al capo 15, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME NOME e le intercettazioni telefoniche riportate nel provvedimento impugnato, in realtà dimostrative della mancanza di soggezione dei pescatori di Cirò Marina verso il ricorrente e gli altri coindagati, nonché dell’assenza di contenuti minacciosi nelle condotte dell’indagato o di monopolizzazione dello spazio di mare antistante tale località, circostanza, quest’ultima, resa oggettivamente impossibile per le esigue risorse imprenditoriali del ricorrente.
Anche il reato di estorsione di cui al capo 17 non sarebbe sostenuto da indizi, tali non essendo le conversazioni utilizzate dal Tribunale.
Mancherebbe anche ogni riferimento all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod.pen. sotto entrambi i profili indicati dalla norma.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.11 ricorrente deduce argomenti che rimangono relegati al merito del giudizio, non rivedibile in questa sede; egli tenta di fornire una alternativa ricostruzione del significato da attribuire alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia e d dialoghi intercettati, che il Tribunale ha analizzato e valutato sinergicamente senza incorrere in vizi logici rilevabili nel giudizio di legittimità.
In particolare, il collaboratore di giustizia NOME COGNOME ha inserito la condotta del ricorrente relativa al reato di illecita concorrenza con violenza e minaccia di cui al capo 15, all’interno di una diffusa dinamica di vessazione dei pescatori di Cirò Marina da parte di appartenenti alla locale di ‘ndrangheta colà radicata, intenzionati ad accaparrarsi il pescato a prezzi e con modalità da loro decise unilateralmente.
In questo ambito, il collaboratore di giustizia ha fatto carico al ricorrente – legato a tali personaggi anche da parentela – di una condotta consistita nell’occupare lo spazio di mare antistante Cirò Marina esercitandovi in regime di esclusiva la pesca del polipo ed impedendo ad altri pescatori di effettuarla a loro volta, nel che risiede la condotta illecita contestata.
Tale atteggiamenti prevaricatori indicati dal collaborante, avevano trovato conferma, secondo il Tribunale, in alcune conversazioni intercettate il cui contenuto anche il ricorso in parte trasfonde, dimostrative del fatto che un pescatore in particolare aveva subito il ricatto nei termini prima indicati, con il ricorrente che si inseriva in quella dinamica illecita.
Anche con riferimento al reato estorsivo di cui al capo 17, il Tribunale ha riportato passaggi di conversazioni nelle quali si evidenziava che i coindagati del ricorrente imponevano le loro condizioni ai pescatori (nel caso specifico a tale Sessa) ed anche in questo caso l’indagato risultava inserito in quell’ambito, ricevendo il pescato a prezzi imposti al pescatore di turno (cfr. fgg. 6-9 del provvedimento impugnato).
3. Infine, quanto alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod.pen., le valutazioni di contesto effettuate dal Tribunale rendono ragione dell’uso del metodo mafioso, non necessariamente estrinsecantesi in minacce esplicite visto l’ambiente di riferimento connotato dalla presenza egemone di una locale di ‘ndrangheta, nonché della finalità di agevolazione della cosca posto il collegamento del ricorrente, emergente dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni accusatorie prima evidenziate, con gli indagati intranei al sodalizio (Sez. 5, Sentenza n. 17081 del 26/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263701: Nel reato di estorsione, integra la circostanza aggravante dell’uso del metodo mafioso l’utilizzo di un messaggio intimidatorio anche “silente’, cioè privo di richiesta, qualora l’associazione abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l’avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specifici comportamenti di violenza e minaccia. Massime precedenti Conformi: N. 38964 del 2013 Rv. 257760; Sez. 1, n. 17532 del 02/04/2012, COGNOME, Rv. 252649. Vedi, anche, Sez. 2, n. 21707 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 276115; Sez. 2, n. 26002 del 24/05/2018, COGNOME, Rv. 272884; Sez. 3, n. 44298 del 18/06/2019, COGNOME, Rv. 277182).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp.att.cod.proc.pen..
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 13.10.2023. Il Consigliere estensore COGNOME Il Presidente
NOME COGNOME COGNOME
NOME COGNOME