Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9662 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9662 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a San Giorgio a Cremano il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli in data 23 maggio 2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona dell’AVV_NOTAIO
NOME, ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 23/05/2023, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha respinto il gravame proposto nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa in data 8/05/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, che aveva applicato loro la misura cautelare della custodia in carcere in quanto gravemente indiziati dei delitti previsti: dagli artt. 61, n. 2), 110 cod. pen., 10, 12, commi 1 e 2, 14, legg n. 497 del 1974, 416-bis.1 cod. pen., per avere, in concorso tra loro e con altri soggetti non identificati, al fine di commettere il reato di cui al capo b), detenuto
illegalmente e portato in luogo pubblico una pistola semiautomatica, arma comune da sparo provento di furto (capo A); dagli artt. 110 cod. pen., 13, legge n. 497 del 1974, 416-bis.1 cod. pen., per avere esploso, in concorso tra loro e con altri soggetti non identificati, al fine di incutere pubblico timore o di attentare all sicurezza pubblica, nel corso di una scorreria armata effettuata a bordo di due motoveicoli, numerosi colpi di arma da fuoco in una strada pubblica, in un momento di intenso traffico veicolare e alla presenza di numerosi pedoni, mettendo a repentaglio la sicurezza delle persone (capo B); dagli artt. 110, 337 cod. pen., 339, secondo comma, cod. pen., 416-bis.1 cod. pen., per avere, in concorso tra loro e con altri soggetti non identificati, usato violenza e minaccia consistite nel costringere personale del commissariato di P.S. di San Giovanni a un lungo inseguimento che metteva in pericolo la vita degli agenti e delle altre persone presenti sulla strada, nonché, successivamente, nel puntare all’indirizzo degli operanti la pistola indicata al capo A) per opporsi a costoro mentre compivano un atto del proprio ufficio, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto mediante uso di armi (capo C); dagli artt. 110, 648 cod. pen., per avere, al fine di procurarsi ingiusto profitto, in concorso tra loro e con altre persone non identificate, acquistato o, comunque, ricevuto un motociclo provento di rapina (capo D); dagli artt. 110, 648 cod. pen., perché, al fine di procurarsi ingiusto profitto, in concorso tra loro e con altre persone non identificate, acquistato o, comunque, ricevuto, una pistola semiautomatica TARGA_VEICOLO provento di furto presso la sede della Polizia municipale di Frattaminore (capo E); fatti accertati in Napoli, nella notte tra il 5 e il 6/05/2023, i soli delitti contestati ai capi A), B) e C) con l’aggrava dell’aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis cod. pen., compiendo un’azione dimostrativa di forza criminale con modalità eclatanti e plateali, tali da evocare nelle persone presenti la forza di intimidazione e dominio sul territorio tipicamente promananti dalle organizzazioni criminali di tipo mafioso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., «con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il capo B) della rubrica». Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., che gli indagati non possano essere gli autori degli spari in INDIRIZZO Volturno, tenuto conto della distanza chilometrica tra essa e la INDIRIZZO, nonché tra la stessa INDIRIZZO Volturno e INDIRIZZO e dei tempi di percorrenza tra i suddetti luoghi; e che il casco indossato da COGNOME era semi integrale e non integrale. Pertanto, il contrasto tra le risultanze investigative e la ricostruzion
fattuale compiuta dall’ordinanza impugnata ridonderebbe nella complessiv illogicità della relativa motivazione.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predet provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO deducendo quattro distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei li strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, com lett. b) , cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge pen in relazione alla qualificazione giuridica del capo A), ricondotto agli artt. della legge n. 497 del 1974 e non, come sarebbe stato corretto, all’art. 697 pen. Secondo la difesa, l’art. 10 si riferirebbe, mediante il richiamo al pre art. 9, alle sole armi comuni e alle munizioni per armi comuni da sparo. Perta la detenzione di armi comuni da sparo soggiacerebbe alla sanzione residuale di al citato art. 697 cod. pen.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 273 cod. pen. in relazione alla sussistenza del gravi indizi di colpevolezza in ordine B) dell’imputazione. Invero, nella ricostruzione dei tempi di percorrenza motorini operata dal Tribunale non si sarebbe tenuto conto dell’intenso tra veicolare, ritenuto insussistente nonostante la ricostruzione operata dall’ass COGNOME, teste oculare, che aveva riportato, nell’annotazione di servizio a sua la presenza di un intenso traffico veicolare. Tale circostanza sarebbe fondamen per la determinazione dei tempi di percorrenza del tratto da INDIRIZZO a Pia Volturno e da INDIRIZZO a INDIRIZZO, ritenuti dal Tribun «assolutamente compatibili», in quanto gli indagati viaggiavano su una moto grossa cilindrata e procedevano ad alta velocità, senza che, appunto, il Col abbia considerato il traffico esistente e tanto più che l’orario è stato secondo l’espressa indicazione contenuta al riguardo, solt «approssimativamente».
Carente sarebbe, ancora, la motivazione offerta in ordine all’incongrue rilevata tra la presunta esplosione dei colpi visti sparare dall’assisten Piazza Volturno e la pistola trovata in possesso del ricorrente, che l’otturatore completamente aperto sintomatico di una pistola che era s interamente scaricata; incongruenza risolta con la considerazione che aven l’assistente COGNOME parlato dell’esplosione di almeno due colpi da parte di c passeggero, egli avrebbe lasciato intendere che potessero essere di più.
E contraddittoria rispetto alle acquisizioni istruttorie sarebbe l’identif degli indagati con i fuggitivi, considerato che questi ultimi indossavano c integrali diversamente dai primi, come riportato nel verbale di arresto
l’indicazione del colore delle due moto, che diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale l’agente COGNOME non avrebbe individuato.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’esistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., che il provvedimento non spiegherebbe se non attraverso l’apodittica affermazione per cui la cd. «stesa», attribuita ai due indagati, costituirebbe una modalità tipica dell’agire della criminalità organizzata camorristica. L’illogicità dell’ordinanza sarebbe evidente nel caso di specie in quanto il metodo mafioso era stato riconosciuto dal primo Giudice per un ipotizzato collegamento tra l’azione intimidatoria e l’omicidio di NOME COGNOME, finalizzata ad affermare il potere criminale dell’organizzazione del clan a cui la vittima apparteneva; collegamento escluso dal Tribunale del riesame, di tal che l’impiego del cd. metodo mafioso si risolverebbe in una sorta di automatismo, mancando una ricognizione circa l’effettivo ricorso ai metodi propri delle consorterie criminali, non potendo il reperimento dell’arma ritenersi di per sé espressivo di una contiguità con ambienti mafiosi e mancando una motivazione in ordine alla circostanza che l’agente, con la sua condotta, abbia voluto evocare l’esistenza di un sodalizio criminoso a sostegno dell’agente.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari. Il provvedimento ometterebbe di valutare gli elementi offerti dalla difesa in ordine alla effettiva capacità delinquere di COGNOME e al concreto e attuale pericolo di commissione di ulteriori reati della stessa specie, ritenuto dal Tribunale del riesame sulla scorta dei medesimi elementi su cui è stata ritenuta la gravità indiziaria, senza confrontarsi con la personalità dell’indagato, incensurato, di giovane età, alla sua prima esperienza detentiva e soprattutto senza dar rilievo all’occasionalità della condotta stessa. Né l’ordinanza avrebbe motivato ai fini dell’adeguatezza della misura cautelare in relazione al profilo della personalità e della capacità a delinquere dell’indagato.
In data 12/09/2023 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati e, pertanto, devono essere respinti.
2. Va premesso che i due provvedimenti di merito, con motivazione niente affatto illogica, hanno ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordin alle condotte di cui ai capi A), B) e C), ricostruendo l’episodio contestato a partire dalle sommarie informazioni dell’agente COGNOME della Polizia di Stato e degli operanti che effettuarono l’arresto in flagranza di NOME COGNOME e di NOME COGNOME. Secondo il racconto di COGNOME, alle ore 00.05 del 6/05/2023, mentre si dirigeva verso casa a bordo del proprio motoveicolo, egli era stato sorpassato, all’altezza del INDIRIZZO, da due moto di grossa cilindrata – un Tmax di colore scuro con targa parziale “TARGA_VEICOLO” e un veicolo Honda Sh di colore grigio – con a bordo due persone ciascuna, le quali indossavano caschi con visiere scure abbassate e giubbotti neri. Giunti in prossimità di INDIRIZZO, i passeggeri dei due veicoli avevano entrambi estratto una pistola con la quale avevano esploso in aria almeno un paio di colpi, per poi darsi a precipitosa fuga in direzione di INDIRIZZO. COGNOME aveva avvertito la sala operativa che aveva diramato una nota radio agli equipaggi in servizio di controllo del territorio, i quali, all’e di un rocambolesco inseguimento, avevano tratto in arresto NOME COGNOME e NOME COGNOME. Costoro, trovati in possesso di una pistola semiautomatica TARGA_VEICOLO, erano stati quindi riconosciuti da COGNOME come i due soggetti che si trovavano a bordo del TARGA_VEICOLO di colore scuro sopra menzionato. Secondo il Tribunale non potevano condividersi i rilievi del difensore di COGNOME, secondo cui gli indagati non potevano essere gli autori degli spari in ragione sia della distanza chilometrica tra INDIRIZZO (dove COGNOME aveva notato i motoveicoli) e INDIRIZZO (ove erano stati esplosi i colpi di pistola) nonché tra INDIRIZZO e INDIRIZZO (dove una pattuglia li aveva avvistati), sia dei possibili tempi di percorrenza tra i detti luoghi, che avrebbero richiesto, nel primo caso, circa 4 minuti e, nel secondo, almeno 8/10 minuti. Infatti, i rilievi si infrangevano sulla circostanza che coincidevano: le caratteristiche delle due moto, il numero di soggetti che su di esse viaggiavano, l’abbigliamento, i caschi, la circostanza che la pistola sequestrata a COGNOME avesse sparato, atteso che presentava l’otturatore completamente aperto; e che i tempi di percorrenza relativi ai due tragitti fossero compatibili, dal momento che la difesa aveva considerato i tempi di percorrenza in macchina, mentre gli indagati viaggiavano a bordo di una moto di grossa cilindrata, sicché costoro, viaggiando ad altissima velocità, ben avrebbero potuto coprire, in tempi brevi, le distanze, tanto da essere stati avvistati dalla polizia INDIRIZZO alle 00.10 circa. Tanto più che non sarebbe emerso che il traffico veicolare fosse particolarmente intenso, atteso che, diversamente, le moto non avrebbero Corte di Cassazione – copia non ufficiale
potuto viaggiare ad altissima velocità, come, invece, risultava dall’annotazione di servizio della polizia giudiziaria.
Secondo il Tribunale, non poteva accedersi ai dubbi del difensore di COGNOME sulla bontà del riconoscimento, essendo stati i due passeggeri indicati come vestiti con un giubbotto nero e non potendo la presenza del colore arancione, insieme al nero, far dubitare che esso fosse stato percepito come scuro e come tale descritto dai verbalizzanti. Fermo restando che COGNOME era stato trovato in possesso, al momento dell’arresto, della piastrina di accensione del motoveicolo, custodita nella tasca del giubbotto; circostanza denotante continuità nella guida, dovendosi ragionevolmente escludersi che egli, nella concitata fase della fuga, potesse essere subentrato ad altro conducente.
Parimenti infondata è stata ritenuta la tesi difensiva volta alla derubricazione del fatto contestato al capo A) della rubrica nel reato previsto dall’art. 697 cod. pen., dovendo la detenzione e il porto illegali di armi comuni da sparo essere ricondotti, come ormai pacifico in giurisprudenza, all’art. 14, legge n. 497 del 1974, e rientrando nella contravvenzione ex art. 697 cod. pen. il porto delle armi proprie da punta e taglio e delle munizioni per armi comuni da sparo.
Quanto alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., l’ordinanza ha motivatamente ritenuto che la violenta azione intimidatoria, consistita nell’attraversare, velocemente e a bordo di moto di grossa cilindrata, le vie di determinate zone cittadine, sparando tutt’intorno e suonando ripetutamente i clacson, costituisse espressione tipica dell’agire della criminalità camorristica e che fosse suscettibile di integrare l’aggravante del metodo mafioso.
2.1. Quanto, poi, alle esigenze cautelari, il Tribunale ha osservato che il metodo mafioso determinava la duplice presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sotto il profilo della sussistenza delle esigenze cautelari e della esclusiva idoneità della misura inframuraria, senza che la difesa avesse allegato specifici elementi che facessero ragionevolmente escludere la pericolosità degli indagati. Al contrario, l’estrema gravità dei fatti e la negativa personalità di COGNOME e COGNOME non potevano che indurre a ritenerne l’elevata e attuale pericolosità, benché giovani e incensurati, avendo essi compiuto un gesto eclatante, volto ad accrescere il loro prestigio criminale, dopo essersi procurati un motoveicolo provento di una rapina commessa il giorno prima e una pistola provento di furto: circostanze sintomatiche di un inserimento in rilevanti circuiti malavitosi.
Tanto osservato preliminarmente, rileva il Collegio, muovendo dal ricorso proposto dall’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che con un unico motivo denuncia violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., «con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il capo B) della rubrica», che le doglianze difensive sono inammissibili.
3.1. Invero, deve ritenersi che la descrizione dell’abbigliamento tendenzialmente scuro, nonostante la possibile nota di colore delle sue inserzioni, come nota l’ordinanza impugnata – non abbia certamente rappresentato, nella complessiva articolazione del momento valutativo dei Giudici di merito, il dato circostanziale unico, né principale per fondare il riconoscimento dell’indagato. Infatti, il provvedimento impugnato ha dato conto dell’iniziale avvistamento da parte dell’agente COGNOME dei due aggressori a bordo del motoveicolo TMax; dell’esplosione dei colpi di pistola da parte di costoro in INDIRIZZO Volturno; della loro fuga precipitosa; dell’inseguimento da parte di un’auto della Polizia e, infine, del loro fermo da parte delle Forze dell’ordine: elementi che costituiscono, come condivisibilmente rilevato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO in sede di requisitoria, una sequenza unitaria e priva di soluzioni di continuità.
Ne consegue che, almeno allo stato, si sottrae alle esposte censure la ricostruzione dei Giudici di merito in ordine alla identificazione dei soggetti visti inizialmente dall’agente COGNOME in quelli fermati una decina di minuti dopo, apparendo non ipotizzabile, in ragione del tempo intercorso, un “cambio” alla guida della moto e considerato che, una volta fermato il motociclo, indosso a COGNOME, che lo conduceva, gli operanti avevano rinvenuto la piastrina di accensione del mezzo, alla guida del quale, sul piano logico, l’indagato si era trovato fin dall’iniz dell’avvistamento.
Ne consegue, pertanto, la complessiva infondatezza delle censure in parola.
Venendo, quindi, al ricorso proposto dall’AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME COGNOME, deve rilevarsene la complessiva infondatezza.
4.1. Il primo motivo, con cui si contesta la corretta qualificazione giuridica del fatto contestato al capo A), in quanto la detenzione illegale dell’arma da sparo sarebbe sanzionata dall’art. 697 cod. pen., è manifestamente infondato.
Invero, la giurisprudenza di legittimità citata in ricorso dalla difesa riguarda la detenzione illegale di munizioni per arma comune da sparo, che, secondo un consolidato indirizzo ermeneutico, non è sanzionata ai sensi degli artt. 10 e 14, legge 497 del 1974, ma ai sensi dell’art. 697 cod. pen. (Sez. 1, n. 6167 del 15/01/2020, COGNOME, Rv. 278687 – 01; Sez. 1, n. 51450 del 15/07/2014, COGNOME, Rv. 261583 – 01). Ciò in quanto la condotta prevista dall’art. 2, legge n. 895 del 1967 si riferisce, mediante il richiamo al precedente art. 1, alle sole munizioni da guerra, laddove, per quelle comuni, il successivo art. 7, nel richiamare le armi comuni da sparo (o parti di esse) atte all’impiego, non richiama anche il relativo munizionamento, che continua pertanto a soggiacere alla sanzione residuale prevista dall’originaria contravvenzione del codice penale (v. sul punto, Sez. 1, n. 6167 del 15/01/2020, citata). Dunque, mentre la detenzione delle munizioni comuni integra la fattispecie contravvenzionale richiamata dalla difesa, la
detenzione di armi comuni da sparo è pacificamente riconducibile, atteso l’inequivoco dato testuale, agli artt. 2 e 7 della legge n. 895 del 1967, donde, conclusivamente, la manifesta infondatezza della tesi difensiva.
4.2. Parimenti infondato è il secondo motivo, con cui la difesa di COGNOME deduce la nullità dell’ordinanza per mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativamente al reato contestato al capo B), nonché travisamento del fatto, atteso che l’affermazione dell’assenza di traffico contenuta nell’ordinanza impugnata sarebbe in contraddizione con l’affermazione contenuta nella relazione di servizio dell’agente COGNOME.
In disparte la circostanza che le indicazioni contenute nella relazione di servizio paiono riferirsi a un differente tratto di strada, e segnatamente a quello percorso dai velocipedi per arrivare a INDIRIZZO Volturno, rispetto al tragitto interessato nella successiva fuga, non può ritenersi, da un punto di vista logico, che la compatibilità dei tempi con il tragitto sia stata certamente esclusa dalla presenza di un volume di traffico intenso; presenza che è stata plausibilmente revocata in dubbio dal provvedimento, tenuto conto della elevata velocità dei due motocicli accertata in sede di indagini. Tanto più che i tempi stimati dal Collegio erano stati parametrati attraverso il riferimento alle biciclette, ovviamente meno veloci di un TARGA_VEICOLO; e che gli stessi inseguitori erano, comunque, riusciti a raggiungere i fuggitivi e ad assistere allo sparo in INDIRIZZO Volturno.
4.3. Infondato è anche il terzo motivo, con cui la difesa deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. L’ordinanza impugnata, infatti, ha posto in evidenza come la scorreria con armi costituisca, per le sue peculiari modalità e in ragione della sua specifica valenza simbolica, una tipica modalità di affermazione della supremazia sul territorio e di conseguente assoggettamento, grazie alla forza di intimidazione che esprime, delle persone che vi vivono da parte della criminalità organizzata. Su tali premesse deve, dunque, ritenersi che il percorso argomentativo del provvedimento impugnato si conformi correttamente ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui è configurabile la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso nel caso in cui le modalità esecutive della condotta siano idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso (Sez. 1, n. 38770 del 22/06/2022, COGNOME, Rv. 283637 – 01).
4.4. Inammissibile è, infine, il quarto motivo, con cui il ricorso denuncia l’erronea applicazione della legge penale nonché il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. Sul punto, appare assorbente il rilievo secondo cui l’aggravante del c.d. metodo mafioso implica la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. che deve essere applicata in assenza di
8 GLYPH
elementi in grado di pervenire al suo superamento. Tale corretta considerazione (pag. 8 ord.) non ha ricevuto alcuna idonea confutazione da parte ricorrente, il quale omesso di confrontarvisi, rivelando la totale aspecificità del motivo in esame.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
5.1. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà dei ricorrenti, la Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 3/10/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente