Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27172 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27172 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 02/02/2024 del
Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 2 febbraio 2024 con la quale il Tribunale di Napoli, in accoglimento del riesame proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza di rigetto di richiesta di applicazione di misura cautelare emessa, in data 21 dicembre 2023, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, ha disposto nei suoi confronti la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di estorsione aggravata dall’uso del metodo mafioso.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di reità.
La motivazione sarebbe contraddittoria nella parte in cui, con percorso argomentativo congetturale ed illogico, i giudici del riesame affermano come NOME COGNOME sia, al contempo, persona offesa di una estorsione attribuita a NOME ed intermediario tra quest’ultimo ed altri imprenditori vittime di analoghe condotte estorsive.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale avrebbe fondato la deliberazione esclusivamente in considerazione della possibile revoca della misura cautelare disposta in altro procedimento in relazione ad un diverso reato di estorsione, senza motivare in ordine al pericolo concreto ed attuale di reiterazione di delitti della medesima indole e senza tenere conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità dell’indagato e del contesto oggetto di indagine.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di impugnazione è aspecifico in quanto meramente reiterativo di censure, già adeguatamente vagliate e disattese dal Tribunale che ha escluso, con motivazione priva di illogicità e coerente con le risultanze indiziarie, le criticità ricostruttive evidenziate con l’atto di riesame.
Dalle intercettazioni riportate in motivazione e dalle dichiarazioni rese dagli imprenditori COGNOME e COGNOME, i giudici del riesame hanno desunto che NOME COGNOME svolgeva la funzione di intermediario tra COGNOME e gli imprenditori edili vittime delle pretese estorsive del clan camorristico, correttamente affermando che il ricorso alla collaborazione di soggetti attivi nel mondo imprenditoriale costituisce “modalità tipicamente mafiosa adoperata da costoro per poter avvicinare con maggiore facilità e senza rischiare personalmente gli imprenditori da sottomettere” (pagg. 3 e 4 dell’ordinanza impugnata). Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Il Tribunale, con percorso argomentativo coerente con le risultanze indiziarie ed esente da illogicità manifeste, ha inoltre evidenziato come le condotte del ricorrente siano consapevolmente finalizzate al funzionamento del sistema estorsivo del sodalizio camorristico attivo ad Afragola ed alla conservazione e al rafforzamento della capacità operativa del clan con conseguente sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui agli artt. 629 e 416-6/5.1 cod. pen. (vedi pagg 6, 7 ed 8 della ordinanza oggetto di ricorso).
Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi indiziari estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontar con quanto motivato dal Tribunale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di riesame e con le emergenze indiziarie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
Il secondo motivo di ricorso è anche esso aspecifico.
2.1. L’ordinanza impugnata è caratterizzata da un esame particolarmente accurato di tutte le deduzioni difensive, in questa sede sostanzialmente riproposte, e disattese con motivazione ampia, puntuale e immune da ogni vizio.
I giudici del riesame, con percorso argomentativo aderente alle risultanze indiziarie ed esente da illogicità, hanno dato rilievo alle particolari modalità del condotte estorsive -caratterizzate dal coinvolgimento di “soggetti vicini agli imprenditori per renderli latori delle sue richieste e vincere le loro resistenze” alla contestuale realizzazione di analoghe condotte estorsive in danno di altri soggetti, alla capacità intimidatoria del ricorrente desumibile dal comportamento delle sue vittime che si sono determinate a pagare quanto richiesto ed a mentire agli inquirenti per timore di possibili conseguenze nefaste nonché alla piena e pervicace adesione di COGNOME alle logiche camorristiche che sottendono tali episodi criminali (vedi pagg 8 e 9 dell’ordinanza impugnata).
Il ricorrente non si è misurato adeguatamente con questi elementi dai quali il Tribunale ha tratto «in positivo» la conferma dell’effettiva sussistenza e attualità del pericolo di reiterazione, dando rilievo a quei profili personologici comportamentali, che attestano il carattere tutt’altro che episodico della scelta di campo operata da NOME, con conseguente aspecificità della cloglianza.
2.2. I giudici del riesame, diversamente da quanto affermato dalla difesa, hanno correttamente ribadito il principio di diritto secondo cui la eventuale detenzione dell’indagato, a diverso titolo, al momento della assunzione del provvedimento impugnato non incide sulla valutazione di sussistenza delle esigenze cautelari poiché qualunque titolo detentivo (cautelare o definitivo) è suscettibile di estinzione per cause diverse e non controllabili dal Giudice che procede (vedi,Sez. 1, n. 3762 del 04/10/2019, COGNOME, Rv. 278498 – 01 Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021, NOME, Rv. 282416 – 01; da ultimo Sez. 4, n. 17121 del 28/02/2024, Corni, non massimata).
2.3. La motivazione risulta logica e incensurabile, dovendosi ribadire che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato sussiste a prescinder
dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo necessario e sufficiente formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socioambientale (vedi,Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Deve essere, peraltro, richiamato il principio di diritto secondo il quale la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., prevista anche per i delitti aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen., può essere superata soltanto quando, in relazione al caso concreto, siano acquisiti elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari siano venute meno ovvero si siano affievolite, elementi idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità non dedotti né ravvisabili nel caso di specie (Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004; Sez. 5, n. 4321 del 18/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280452; Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativannente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso, il 23 maggio 2024
Il Presidente