Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22122 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22122 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nata a San Giuseppe Vesuviano il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Somma Vesuviana il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a San Giuseppe Vesuviano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della Corte d’appello di Napoli dato avviso alle parti; letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di NOME, NOME e COGNOME NOME; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi, proposti con un unico atto, di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
reputato che l’unico motivo di ricorso relativo alla posizione di NOME COGNOME, con il quale si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta attendibilità del riconoscimento fotografico dell’imputata effettuato dalla persona offesa NOME COGNOME (atto acquisito a seguito del decesso dello stesso COGNOME), al travisamento dell’esito di detto riconoscimento e alla «mancata valutazione di riscontri esterni allo stesso», è manifestamente infondato, atteso che la Corte d’appello di Napoli ha ritenuto, con una motivazione congrua e, perciò, non sindacabile in questa sede, l’attendibilità del suddetto riconoscimento – adeguatamente evidenziando come lo COGNOME si fosse espresso
nel senso che «alla foto 33 riconosco la figlia di costui . Entrambi li ho riconosciuti negli uffici dei carabinieri come responsabili de tentativo di estorsione che ho subito» – e ha fondato l’affermazione di responsabilità dell’imputata non esclusivamente sul medesimo riconoscimento ma anche sulle dichiarazioni auto ed etero accusatorie dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME (padre dell’imputata) e NOME COGNOME, i quali avevano entrambi riferito come NOME COGNOME (e la madre NOME COGNOME) fossero le esattrici delle richieste estorsive di NOME COGNOME, oltre che sulla descrizione dell’imputata che era stata fornita sempre da NOME COGNOME;
si deve peraltro osservare che, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, basata sulla più aggiornata giurisprudenza della Corte EDU, le dichiarazioni predibattimentali acquisite ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen possono costituire – conformemente all’interpretazione espressa dalla Grande Camera della Corte EDU con le sentenze 15 dicembre 2011, COGNOME e COGNOME c/Regno Unito e 15 dicembre 2015, COGNOME c/Germania – la base «esclusiva e determinante» dell’accertamento di responsabilità, purché rese in presenza di «adeguate garanzie procedurali», individuabili nell’accurato vaglio di credibilità dei contenuti accusatori, effettuato anche attraverso lo scrutinio dell modalità di raccolta, e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto tra i quali possono rientrare anche le dichiarazioni dei testi indiretti, che hann percepito in ambiente extra-processuale le dichiarazioni accusatorie della fonte primaria, confermandone in dibattimento la portata (Sez. 2, n. 15492 del 05/02/2020, C., Rv. 279148-01);
ritenuto che l’unico motivo di ricorso relativo alla posizione di NOME COGNOME, co il quale si deduce il vizio della motivazione e la violazione dell’art. 500 cod. proc pen., in relazione all’art. 192 dello stesso codice, appare rivolto a prefigurare una rivalutazione e un’alternativa lettura delle fonti probatorie – in particolare, de dichiarazioni della persona offesa NOME COGNOME e del contenuto delle conversazioni intercettate – operazioni che sono estranee al sindacato di legittimità, senza che siano stati individuati dal ricorrente effettivi travisame delle suddette emergenze processuali, valorizzate dai giudici di merito;
reputato che l’unico motivo di ricorso relativo alla posizione di NOME COGNOME, con il quale si deduce il vizio della motivazione e l’erronea applicazione degli artt. 56 e 629 cod. pen. e dell’art. 192 cod. proc. pen., appare anch’esso rivolto a sollecitare una rivalutazione e un’alternativa lettura delle fonti probatori operazioni estranee al giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della Corte d’appello di Napoli che, in modo che risulta esente da contraddizioni e illogicità, tanto meno manifeste, ha ritenuto la natura consapevolmente minacciosa della richiesta di denaro quale contributo «per le spese legali» fatta
spendendo il nome di un soggetto (NOME COGNOME) la cui caratura criminale camorristica era ben nota alla persona offesa;
ritenuto, infine, che l’ultimo motivo di ricorso, con il quale si contes l’affermata sussistenza della circostanza aggravante del cosiddetto metodo mafioso, è manifestamente infondato, atteso che, contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, il riferimento alle spese legali dei detenuti e, in particolare, noto pregiudicato per camorra NOME COGNOME, appare senz’altro idoneo a evocare, dietro la condotta dell’agente, l’esistenza di consorterie di tipo mafioso, così da amplificare la carica intimidatrice della stessa condotta;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 23 aprile 2024.