Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10225 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10225 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME BITONTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/10/2023 del TRIBUNALE di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari che ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere, emessa nei confronti del ricorrente dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 56-629 e 416-bis.1 cod pen. e 61 n. 2, 110, 582, 416-bis.1 cod. pen.
Con il primo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., ritenuta sotto il prof del metodo RAGIONE_SOCIALE. La censura riguarda l’episodio relativo all’aggressione che COGNOME NOME aveva perpetrato ai danni di COGNOME NOME, ritenuto, secondo quanto riferito dalla persona offesa, un suo socio nell’acquisto del capannone che il ricorrente ed i suoi familiari anche mediante reiterate minacce estorsive – volevano fargli cedere affinché il bene tornasse nella loro disponibilità. In particolare, secondo i giudici di merito, l’aggressione era riferibile ad un mandato RAGIONE_SOCIALE, conferito per il tramite di COGNOME NOME e origiNOME dal fatto che il ricorrente ed i suoi familiari erano vicini al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per come ricavato dalla circostanza che il fratello ed il nipote si fossero fermati nei press dell’abitazione del COGNOME, non tenendosi conto, però, che non vi era alcun elemento che dimostrasse che vi fosse stato tra costoro un incontro.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione per avere sussunto i fatti contestati nell’alveo della fattispecie estorsiva, anziché della violenza privata, per difetto di un concreto danno patrimoniale, posto che i COGNOME avevano offerto alla persona offesa una somma maggiore di quella che questa aveva sostenuto in sede di acquisto del bene all’asta giudiziaria. Si assume anche l’assenza di intimidazioni, considerato che delle presunte minacce estorsive la persona offesa ne aveva generica contezza de relato e che sfornito di prova era l’episodio estorsivo, riferito dall’offeso, che avrebbe coinvolto direttamente il ricorrente ed avvenuto presso il bar Privilege.
Inoltre, si lamenta una scarsa credibilità della persona offesa che aveva omesso di precisare che tra le parti era intercorrente una trattativa per l’acquisto del capannone.
Con il terzo motivo si eccepisce che la decisione era fondata sulle intercettazioni assunte in violazione dell’art. 267 cod. proc. pen., giacché prive dei decreti autorizzativi da parte del giudice per le indagini preliminari: infatti, intercettazioni tra COGNOME COGNOME, COGNOME Dario e COGNOME Cosimo non erano mai state autorizzate; a nulla poteva valere l’eventuale argomentazione secondo cui la mancanza dei decreti autorizzativi ab origine era stata superata dal requisito della assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini ex art. 267 comma 1
cod. proc. pen., essendo evidente che il Pubblico Ministero avrebbe potuto solo in astratto indicare la indefettibilità dello strumento captativo e l’attualità di pericolo di perdita di rilevanti dati investigativi in assenza del mezzo di ricerca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Con riguardo alle censure spiegate in tema di gravità indiziaria e, in particolare, a quella avente carattere preliminare con cui si è eccepita l’inutilizzabilità delle intercettazioni, va ribadito il principio affermato dalla Cort legittimità secondo cui «in tema di intercettazioni telefoniche, la mancata allegazione, da parte del P.M., dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta di l’applicazione di misure cautelari e la successiva omessa trasmissione RAGIONE_SOCIALE stessi al Tribunale del riesame a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina né l’inefficacia della misura né l’inutilizzabilità del intercettazioni, ma obbliga il Tribunale ad acquisire d’ufficio tali decreti ove la part ne faccia richiesta» (Sez.1, n. 823 del 11/10/2016, dep. 10/01/2017, NOME, Rv. 269291); l’affermazione che le intercettazioni erano nulle perché prive dei decreti autorizzativi non può pertanto essere sindacata in sede di legittimità, considerato che la questione avrebbe dovuto essere proposta al tribunale del riesame, in modo tale da consentire la trasmissione RAGIONE_SOCIALE atti e al tribunale di pronunciarsi sul punto.
Peraltro, l’eccezione è anche priva di decisività, in quanto dalla lettura dell’ordinanza genetica alla quale quella impugnata fa espresso rinvio, risultano indicati una serie di convergenti elementi di carattere logico e fattuale che, pur in assenza delle conversazioni ambientali denunziate come inutilizzabili, avvalorano la credibilità di quanto riferito dalla persona offesa (v. pagg. 9-14 ordinanza del Gip).(Nel senso che il giudice di legittimità non è tenuto a dichiarare preventivamente l’inutilizzabilità della prova contestata qualora ritenga di poterne prescindere per la decisione, ricorrendo al cosiddetto “criterio di resistenza”, applicabile anche nel giudizio di legittimità vedi Sez. 2, n. 30271 dell’11/5/2017, De Matteis, Rv. 270303).
Si è, infatti, precisato come negli altri dialoghi captati tra coloro che sarebbero stati destinatari indiretti delle minacce rivolte al COGNOME affinché fosse costretto vendere alla famiglia COGNOME il capannone (si tratta dell’COGNOME e del COGNOME) emergano, contrariamente a quanto da costoro riferito alla polizia giudiziaria, elementi di diretta conoscenza della vicenda, dei rispettivi protagonisti, della causale delle minacce e financo dell’identità di colui che era stato l’autore dell’aggressione ai danni dell’COGNOME.
Inoltre, significative conferme del narrato della persona offesa sono state tratte anche nelle intercettazioni dei dialoghi captati tra gli indagati dopo essere stati sentiti dalla polizia giudiziaria, da cui il giudice del merito ha tr significative conferme del loro ruolo di mandanti nell’aggressione subita dall’COGNOME, reo di avere ricoperto insieme alla persona offesa un ruolo nell’avvenuta operazione di acquisto del capannone e il collegamento con l’autore del gesto criminoso (COGNOME NOMENOME.
Si tratta di un complesso di decisivi elementi con cui il ricorrente aveva l’onere di confrontarsi, considerato che laddove col ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218 – 01).
E tantopiù se si considera che i provvedimenti di merito danno anche conto di altri elementi confermativi delle accuse provenienti dalla persona offesa, quali l’evidente contrasto tra la tipologia delle lesioni subite dall’COGNOME e le circostanze e modalità in cui costui riferisce essersele provocate, reticenza logicamente spiegabile con un’aggressione proveniente proprio da quegli ambienti mafiosi a cui la persona offesa ha fatto riferimento, nonché gli accertamenti svolti presso il bar ove il COGNOME riferisce essere stato minacciato dal ricorrente e presso il civico ove risiede il COGNOME, indicato come reggente per molti anni del RAGIONE_SOCIALE, ovvero della consorteria criminale a cui il RAGIONE_SOCIALE dei “RAGIONE_SOCIALE” è da sempre vicino e al cui interno opera lo stesso COGNOME (v. pag. 14 ordinanza Gip).
Peraltro, il ricorrente, con riguardo alla valenza probatoria di tali accertamenti di polizia giudiziaria, ne censura la valenza dimostrativa come prova, mentre correttamente sono stati valorizzati dall’ordinanza impugnata quali elementi di riscontro. Premesso che nel caso in esame la gravità indiziaria è stata correttamente tratta dalle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono integrare i gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’applicazione della misura, senza necessità di acquisire riscontri oggettivi esterni al fine della valutazione di attendibilità estrinseca (Sez. 1, n. 44633 del 21/09/2018, M., Rv. 273981 – 01), non va dimenticato che, con orientamento espresso dalla Corte di legittimità seppur in materia di chiamata di correo (nel caso in esame, invece, si è al cospetto di una chiamata proveniente dalla persona offesa), i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio,
sia rappresentativo che logico, a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso all’imputato, mentre non è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova “autosufficiente” perché, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità (Sez. 2, n. 35923 dell’ 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 01).
Manifestamente infondato è il motivo dedotto in punto di sussistenza dell’aggravante speciale, risultando puntualmente declinati dall’ordinanza impugnata chiari indici dimostrativi del metodo RAGIONE_SOCIALE e del coinvolgimento del ricorrente: l’aggressione subita dall’COGNOME è stata ricondotta nell’ambito di un mandato avente origine negli ambienti mafiosi locali e perpetrata da un noto appartenente ad un RAGIONE_SOCIALE attivo sul territorio, circostanze di cui è indicato avere comunque contezza anche il ricorrente (si vedano sul punto le intercettazioni del Gip); le reticenze di coloro che avrebbero dovuto riferire sulla reale dinamica e causale della vicenda sono state logicamente spiegate col timore di subire ritorsioni proprio da coloro che attraverso metodi mafiosi le avevano prospettate; le minacce di morte sono state profferite evocando tipiche modalità dell’agire RAGIONE_SOCIALE quali il ricorso ad attentati dinamitardi e/o incendiari al capannone, ovvero mediante il riferimento a non meglio identificati sodalizi criminosi pronti a spalleggiare i COGNOME (in termini proprio quelle che a detta della persona offesa il ricorrente gli avrebbe rivolto in occasione dell’incontro al bar Privilege).
Si è fatta quindi corretta applicazione del principio affermato dalla Corte di legittimità secondo cui:
ricorre la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo RAGIONE_SOCIALE, di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., quando l’azione incriminata, posta in essere evocando la contiguità ad una associazione mafiosa, sia funzionale a creare nella vittima una condizione di assoggettamento, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che di un criminale comune. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile l’aggravante nella minaccia rivolta all’avente titolo a rinunciare all’assegnazione di un’abitazione popolare, attuata prospettando che essa serviva alla figlia di un esponente apicale di un RAGIONE_SOCIALE nnafioso).(Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019, Pagnotta, Rv. 277222 – 01);
ai fini della configurabilità dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo RAGIONE_SOCIALE“, non è necessario che sia stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente ed alla sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice
tipicamente mafiosa del vincolo associativo. (Sez.2, n. 36431 del 02/07/2019, Bruzzese, Rv. 277033).
Manifestamente infondato è anche il motivo dedotto in punto di qualificazione giuridica del fatto.
Nel delitto di estorsione c.d. contrattuale, che si realizza quando al soggetto passivo sia imposto di porsi in rapporto negoziale di natura patrimoniale con l’agente o con altri soggetti, l’elemento dell’ingiusto profitto con altrui danno è implicito nel fatto stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto in violazione della propria autonomia negoziale, essendogli impedito di perseguire i propri interessi economici nel modo da lui ritenuto più opportuno (Sez. 2, n. 12434 del 19/02/2020, Di NOME, Rv. 278998 – 01).
La dedotta convenienza dell’affare che il Tribunale avrebbe pretermesso fa riferimento ad elementi di merito che, in difetto di specifici ed allegati travisamenti, non sono scrutinabili in questa sede. Peraltro, nel caso in esame, la prospettata esclusione dell’ingiusto profitto viene riferita esclusivamente alla proposta che i COGNOME, attraverso una società costituita ad hoc, avrebbero avanzato alla persona offesa, e non tiene conto della possibilità di ulteriori offerte più vantaggiose provenienti da terzi allorché il bene fosse stato messo liberamente in vendita sul mercato ovvero alieNOME nel tempo a seguito di migliorie.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186).
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell’indagato, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 13/02/2024