Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33395 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33395 Anno 2025
Presidente: NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 20577/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TAORMINA il 15/05/1965 avverso l’ordinanza del 03/04/2025 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 31 marzo 2025, il Tribunale del riesame di Messina accoglieva parzialmente il ricorso di NOME COGNOME annullando l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina in relazione al capo di incolpazione n. 55, confermava la misura della custodia cautelare in carcere relativamente al reato di cui al capo n. 59 (estorsione ai danni di NOME COGNOME, aggravata dal metodo mafioso); avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento. Al riguardo, deduce:
1.1 violazione degli art. 292 comma 2 lett. c) e 273 commi 1 e 1bis cod. proc. pen.; appariva meritevole di censura la tecnica di redazione della motivazione utilizzata, che integrava nullità dell’ordinanza genetica della misura cautelare ,in quanto gran parte dell’ordinanza applicativa emessa dal giudice per le indagini preliminari era costituita dalla ricostruzione dei fatti fondata sul materiale captativo in atti; inoltre, dall’ordinanza del Tribunale del riesame non emergeva in alcun modo la valutazione degli elementi forniti dalla difesa, in particolare dell’interrogatorio di garanzia reso dall’indagato e delle spontanee dichiarazioni dallo stesso rese nel corso dell’udienza del 31 Marzo 2025, con le quali aveva fornito la propria versione ricostruendo il proprio rapporto con la persona offesa e fornendo spunti capaci di trovare riscontro nelle intercettazioni; non era stata in alcun modo valutato l’annullamento disposto dal Tribunale di Catania nel procedimento ‘Isola Bella INDIRIZZO‘ dell’originaria ordinanza applicativa della custodia cautelare per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. nei confronti dell’indagato, soprattutto in relazione al fatto che nel capo 59) COGNOME veniva definito come ‘contiguo al clan COGNOME‘; l’intera ordinanza genetica poggiava, oltre che sulle intercettazioni, sul narrato di NOME COGNOME le cui dichiarazioni erano state ritenute inattendibili nel procedimento ‘Isola Bella 2’;
1.2 violazione degli artt. 273 e 274 cod. proc. peni. e 629 cod. peni., contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al giudizio di sussistenza di gravi indizi di incolpazione in relazione al capo 59): non era stato compiuto alcun vaglio sulle dichiarazioni di COGNOME, pur ritenendo il Tribunale riconosciuto quanto riferito da COGNOME in ordine alla divisione delle aree in cui gli operatori economici dovevano intercettare i turisti all’interno della baia di Taormina, in relazione al fatto che si era creata una competizione tra COGNOME e COGNOME: se il proposto economico di COGNOME era, come ritenuto dal tribunale, ricollegato ad un intento di natura illecita perchØ egli avrebbe voluto lucrare costringendo con la forza COGNOME a spostarsi nei pressi di un’area diversa, non si comprendeva come non potesse ritenersi che analogo proposito ce lo avesse lo stesso COGNOME, il quale voleva reprimere l’attività di COGNOME; in questo contesto si inserivano le conversazioni tra COGNOME e il figlio; inoltre, era evidente l’astio che COGNOME nutriva nei confronti di COGNOME, testimoniato dalle conversazioni riportate a pag. 17 dell’ordinanza impugnata.
Non vi era poi alcun tipo di riscontro volto a certificare che quanto sostenuto da COGNOME circa il lucro cessante ed il danno emergente conseguente allo spostamento della postazione fosse veritiero, nØ vi era riscontro a eventuali minacce che COGNOME avrebbe effettuato ; del resto, non si comprendeva come COGNOME, che non si era fatto intimorire da COGNOME al punto da denunciare la richiesta estorsiva pur conoscendone la caratura criminale e la dichiarata appartenenza ai clan catanesi, fosse invece stato costretto da COGNOME che pagava il pizzo, ad abbandonare la propria postazione; nessuna verifica era stata effettuata in ordine all’assenza di intenti calunniatori di COGNOME;
1.3. violazione degli artt. 273 cod. pro. pen.e 416bis cod. pen.: erronea appariva la valutazione in ordine alla sussistenza della contestata aggravante del cd. metodo mafioso; sul punto, si richiamavano le conclusioni rassegnate dal Tribunale di Catania con provvedimento dell’1.12.2022 (che si allegava), dalle quali si evinceva che COGNOME era stato sottoposto ad estorsione e cercava di barcamenarsinei delicati equilibri economici della baia; inoltre, il tribunale dapprima condivideva la scelta del giudice per le indagini preliminari di non ritenere integrata l’aggravante sotto il profilo della agevolazione mafiosa, salvo poi ritenere che la condotta fosse tuttavia connotata dal metodo mafioso perchØ COGNOME sarebbe soggetto vicino al clan COGNOME ed agirebbe con modalità mafiose, le quali non vengono esplicitate; peraltro, COGNOME ben conosceva COGNOME e sapeva che si trattava di una persona estranea ai clan catanesi;
1.4 violazione degli artt. 273, 274 comma 1 lett. a), b) e c) cod. proc. pen. e 275 cod.proc. pen.: la motivazione relativa alle esigenze cautelari era illogica rispetto al complessivo quadro cautelare: la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati vi sia un obbligo di motivazione sulla attualità delle esigenze cautelari; l’ordinanza impugnata si fondava invece sulla logica secondo la quale, a fronte di fatti penalmente rilevanti risalenti al 2020 e noti all’accusa da circa tre anni, in presenza di uno status detentivo protratto da oltre tre anni in regime ex art. 41bis o.p. del padre, si sosteneva che il figlio, incensurato, possa avere l’attitudine a sostenere il sodalizio, intrattenere contatti con altri soggetti intranei (a lui però assolutamente ignoti) ed eventualmente porre in essere le medesime condotte anche in termini di attualità, sebbene tutti i maggiorenni fossero ristretti in vinculis o deceduti, svilendo di fatto il contenuto della previsione legislativa di cui all’art. 274 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. Si deve infatti ribadire che il controllo di legittimità relativo ai provvedimenti de libertate , secondo giurisprudenza consolidata, Ł circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012, Siciliano, Rv. 251760-01). La sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen., Ł, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato: il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nØ la ricostruzione dei fatti, nØ l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 1, n. 1769 del 23/3/95, COGNOME, Rv. 201177-01), sicchØ, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, Ł demandata al giudice di merito la valutazione del peso probatorio degli stessi, mentre alla Corte di cassazione spetta solo il compito di verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità o meno del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012-01; cfr. altresì, Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, COGNOME, Rv. 202001-01).
Ciò premesso, l’ordinanza impugnata ha evidenziato che le dichiarazioni di COGNOME hanno trovato riscontro sia nelle conversazioni intercettate (si vedano, in particolare, quelle riportate a pag.16 dell’ordinanza impugnata), sia nei sopralluoghi effettuati, che avevano accertato la posizione di assoluto predominio di COGNOME nella ripartizione delle aree di operatività dei vari operatori economici che agivano sulla baia di Isola Bella (pagg.14 e 15)
1.2 Quanto all’aggravante del cd. metodo mafioso, il tribunale ha data atto che non vi era stata una specifica contestazione e che comunque l’offerta di protezione effettuata da COGNOME (‘io gli posso dire che tu appartieni a me’, pag.19) in un contesto territoriale sotto il controllo di clan mafiosi portava a ritenere sussistente l’aggravante in esame; si deve inoltre rilevare che ai fini della configurabilità dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso” non Ł necessario che sia stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente ed alla sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo; la “ratio” sottostante all’art. 416bis .1 cod. pen. non Ł solo quella di punire piø severamente coloro che commettono reati con il fine di agevolare le associazioni mafiose, ma essenzialmente quella di contrastare in maniera piø decisa, data la loro maggiore pericolosità e determinazione criminosa, l’atteggiamento di coloro che, partecipi o non di reati associativi, utilizzino metodi mafiosi, cioŁ si comportino come mafiosi oppure ostentino, in maniera evidente e provocatoria, una condotta idonea ad esercitare sui soggetti passivi quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione che sono proprie delle organizzazioni della specie considerata; l’ordinanza impugnata ha correttamente applicato i principi sopra indicati, evidenziando a pag.19 gli elementi in base ai quali Ł stata ritenuta sussistente la contestata aggravante.
1.3 Relativamente alla sussistenza delle esigenze cautelari, premessa la doppia
presunzione prevista dall’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. in caso di reato aggravato ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen. e la mancata contestazione specifica del ricorrente in sede di riesame atta a superare la suddetta presunzione, vi Ł ampia motivazione alle pagine 20 e 21 dell’ordinanza impugnata.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 16/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME