Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36287 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36287 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME e la memoria tempestivamente depositata con cui il difensore dell’imputato ha insistito nei motivi di ricorso;
Letta la comparsa conclusionale e la nota-spese con la quale il difensore delle parti civili NOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME e RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.
rilevato che il primo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione degli artt. 629 e 644 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nei reati di cui agli artt. 393 e 610 cod. pen., è aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente in ordine ai reati di estorsione e usura (vedi pagg. da 11 a 14 della sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
rilevato che il secondo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 194 cod. proc. pen. conseguente alla mancata assunzione di una prova decisiva non è consentito perché tardivamente eccepita. Il Collegio intende dare seguito al principio di diritto secondo cui la nullità che deriva dalla revoca dell’ordinanza ammissiva di un teste della difesa non sorretta da adeguata motivazione sulla superfluità della prova ha natura non assoluta ma intermedia, ed in tal caso è sanata, come accaduto nel caso di specie, se non immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 53823 del 05/10/2017, D., Rv. 271732 – 01; Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020, Polise, Rv. 279166 – 01; da ultimo, Sez. 2, n. 19541 del 14/03/2024, Rubbio, non massimata);
rilevato che il terzo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 7 della I. 152/1991 conseguente al riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso è manifestamente infondato. La Corte territoriale, con percorso argomentativo coerente con le risultanze istruttorie ed esente da illogicità, ha ritenuto sussistente l’aggravante de quo in considerazione del fatto che il ricorrente, al fine di intimidire maggiormente la persona offesa, ha prospettato “la violenta reazione con l’uso di armi da fuoco da parte di appartenenti a radicate organizzazioni criminali locali” (vedi pag. 14 della sentenza
impugnata). I giudici di merito hanno fatto corretto uso dell’univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la circostanza aggravante contestata., risponde, nello stigmatizzare un metodo e non un fatto, alla avvertita esigenza di prevedere un trattamento sanzionatorio più severo tutte le volte in cui l’evocazione della contiguità ad una organizzazione mafiosa pone la vittima in una condizione di soggezione ulteriore rispetto a quella solitamente derivata dalla condizione di vittima di condotte estorsive (vedi Sez. 2, n. 19245 del 30/3/2017, Rv. 269938), dovendo il giudice limitarsi a controllare che quella evocazione sia effettivamente funzionale a creare nella vittima una condizione di assoggettamento particolare, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a dover fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che quelle di un criminale comune.
rilevato che il quarto motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione degli artt. 62-bis, 69 e 133 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla mancata riduzione nella misura massima prevista a seguito della concessione delle circostanze attenuanti generiche è generico perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.; il ricorrente, fronte di una motivazione logicamente corretta (vedi pagg. 14 e 15 della sentenza impugnata), si limita a dedurre il vizio di motivazione con affermazioni generiche e prive di un nesso critico con il percorso argomentativo delle sentenze di merito.
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE che, in base alla qualità dell’opera prestata in relazione alla natura e all’entità delle questioni dedotte, vanno liquidate nei termini precisati in dispositivo. Il ricorrente, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere, altresì, condannato al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 10 settembre 2024.