Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13881 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13881 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
del ricorrente dei fatti-reato per i quali Ł intervenuta l’applicazione del provvedimento cautelare ma solo la ricorrenza della contestata aggravante del ‘metodo mafioso’ di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. Osserva l’odierno Collegio che la motivazione contenuta nell’ordinanza impugnata circa la ritenuta configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. non solo Ł congrua e logica ma Ł pienamente rispondente ai principi di diritto che regolano la materia.
Il Tribunale del riesame, in sostanziale conformità a quanto già evidenziato dal Giudice emittente il
provvedimento cautelare genetico, ha debitamente sottolineato le conformi modalità di approccio del La Torre con le vittime delle azioni estorsive, imprenditori attivi sul territorio mondragonese, significativamente caratterizzate dal medesimo modus operandi e dalla evocazione ai fini intimidatori delle medesime circostanze rivelatrici della sua pericolosità criminale, dei suoi trascorsi giudiziari e, quindi, di fatto della sua pregressa e storica appartenenza ad un contesto criminale di stampo camorristico, noto alle parti, che lo aveva portato a scontare in carcere circa un trentennio.
Osserva l’odierno Collegio che quanto compiutamente e logicamente descritto dal Tribunale e non probatoriamente smentito dal contenuto del ricorso qui in esame, Ł situazione che risulta all’evidenza idonea ad indurre un profondo stato di soggezione e subordinazione delle persone offese, rese consapevoli della caratura delinquenziale di indagato, dei suoi trascorsi associativi in ambito organizzato e dello stretto legame di consanguineità con coloro della omonima famiglia COGNOME che per alcuni decenni (almeno fino alla collaborazione con la giustizia del capo del clan) avevano retto e diretto le fila dell’omonima organizzazione di stampo camorristico peraltro – come ricordato dallo stesso Tribunale – notoriamente federata al famigerato clan dei Casalesi.
Ancora, sempre il Tribunale del riesame ha evidenziato come anche la stessa entità delle pretese estorsive, reiterate riaffermate a piø riprese, quantificate in 10/15.000 euro, sono poi in sØ tali da evocare una derivazione ed una finalizzazione a soddisfare interessi di rango superiore e non certo da lasciar ipotizzare in alcun modo la estemporanea richiesta del piccolo delinquente di zona.
Si tratta di elementi – osserva l’odierno Collegio – di certo idonei a consentire la configurabilità della contestata circostanza aggravante alla luce dei principi enunciati da questa Corte di legittimità e correttamente applicati dal Giudici di merito secondo i quali la menzionata circostanza aggravante Ł configurabile a carico dei soggetti i quali, partecipi o meno di reati associativi, utilizzino ‘metodi mafiosi’ e cioŁ ostentino nel loro comportamento in maniera evidente e provocatoria una condotta intimidatoria idonea ad esercitare sui soggetti passivi quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione che sono proprie delle organizzazioni di tipo mafioso.
Del resto, ha sempre chiarito questa Corte di legittimità che la sussistenza del metodo mafioso ben può essere ricavata da alcune evidenze oggettive, quali le qualità soggettive dell’agente, la percezione delle persone offese (nel caso in esame ben evidenziate nell’ordinanza impugnata), il contesto ambientale del fatto, o comunque da qualunque elemento che risulti idoneo ad evocare l’esistenza di una struttura associativa mafiosa e ad avere efficienza causale nell’incutere un timore aggiuntivo nelle vittime. Elementi tutti che ricorrono nel caso in esame e che sono stati ben descritti in plurimi passaggi dell’ordinanza impugnata nei quali si Ł ribadito come l’indagato, per rafforzare la propria forza di intimidazione, ha inteso rappresentare alle persone offese con evidenza non solo il proprio carisma criminale ed i suoi trascorsi giudiziari ma anche la sua storica appartenenza al clan camorristico omonimo e dunque a contesti organizzati nell’area che accrescono il ‘potere impositivo’ e che sono sintomo di un rinnovato controllo del territorio mirante alla creazione di una situazione di generale sottomissione del locale tessuto imprenditoriale ed economico, situazione questa tipica dell’operare delle organizzazioni mafiose anche di stampo camorristico.
Rileva, ancora, l’odierno Collegio come il Tribunale del riesame ha anche dato congrua e logica risposta all’osservazione difensiva riproposta in questa sede secondo la quale il clan La Torre sarebbe oramai scompaginato comunque evidenziando, con una valutazione di merito non suscettibile di revisione in questa sede di legittimità, che non Ł escluso che l’indagato abbia intenzione di ricompattare le fila del clan, sia perchØ non mancano dati giudiziari che testimoniano del fatto che altri gruppi associati siano comunque pervasivi sul territorio in alleanza con soggetti e/o formazioni già attive nel periodo in cui imperava il clan COGNOME, situazione anche questa idonea ad evocare nelle persone offese l’esistenza di una realtà mafiosa ancora operante sull’intero agro casertano.
Osserva, altresì, l’odierno Collegio che manifestamente priva fondatezza Ł anche l’osservazione difensiva nella quale si sostiene che al piø sarebbe configurabile nei confronti dell’indagato, a causa del suo status , la circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3, cod. pen. richiamata dall’art. 629 cod. pen.
Questa Corte di legittimità ha infatti chiarito le sostanziali differenze tra le due circostanze aggravanti – che possono anche concorrere tra loro – ciò perchØ, l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen., presuppone che la condotta sia stata tenuta con modalità mafiose, pur non essendo necessario che il soggetto agente appartenga a un sodalizio criminale di tal genere, mentre la seconda postula la provenienza della violenza o della minaccia da persona appartenente ad associazione mafiosa, senza che sia necessario il concreto accertamento delle modalità di esercizio di tali violenza e minaccia, nØ che esse siano state attuate mercØ l’utilizzo della forza intimidatrice derivante dall’appartenenza all’associazione mafiosa (v. ex ceteris : Sez. 2, n. 20320 del 15/05/2024, COGNOME, Rv. 286426 – 01).
Orbene non v’Ł dubbio che nel caso in esame ricorra la prima delle due menzionate aggravanti perchØ il La Torre, indipendentemente dalla sua attuale appartenenza o meno ad un sodalizio mafioso (dal quale come evidenziato dallo stesso Tribunale non risulta comunque essersi mai dissociato) ha comunque sfruttato la sua notoria capacità criminale (di stampo camorristico) per indurre le vittime – alle quali ha ben curato di esplicitarla – a consegnargli del denaro così pacificamente ponendo in essere in modo larvato e implicito una intimidazione caratterizzata da indubbio ‘metodo mafioso’.
2. Manifestamente infondato Ł altresì il secondo motivo di ricorso attinente alla modalità di contenimento delle esigenze cautelari e, per l’effetto, alla natura della misura cautelare applicata. Besti osservare in proposito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, il Tribunale del riesame ha debitamente spiegato (pagg. da 11 a 13 dell’ordinanza impugnata) le ragioni per la quali la misura cautelare idonea a salvaguardare le esigenze cautelari nei confronti del La Torre non può che essere quella di massimo rigore e per le quali misure cautelari alternative, quand’anche cumulativamente applicate, non sarebbero di certo idonee a prevenire un intenso ed immediato pericolo per l’incolumità psicofisica e la sicurezza delle persone offese, oltre che ad impedire che l’indagato (oltretutto già raggiunto da altro provvedimento cautelare per vicende analoghe), visti i suoi pregressi delinquenziali e i possibili legami con compagini criminali operanti sul territorio non torni a reiterare le condotte criminose.
In sostanza, anche sotto il profilo della proporzionalità e dell’adeguatezza della misura cautelare adottata, il Tribunale del riesame, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, risulta avere compiutamente adempiuto all’obbligo motivazionale in punto di esigenze cautelari evidenziando scrupolosamente le ragioni per le quali ha sostanzialmente ritenuto inadeguata la misura degli arresti domiciliari.
E’ del tutto evidente che quella effettuata dal Tribunale del riesame nell’ordinanza impugnata Ł una valutazione di tipo prognostico, ma nel momento in cui la stessa Ł stata motivata – così come in effetti Ł stato – in maniera congrua e logica, nessun vizio Ł ravvisabile nella stessa.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
PoichØ dalla presente decisione non consegue la rimessione in liberta del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1ter , delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchØ provveda a quanto stabilito dal comma 1bis del citato articolo 94.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 04/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME
NOME COGNOME