Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20022 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20022 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOME, nato a Lamezia Terme il 27/4/1999; avverso la sentenza del 05/11/2024 della Corte di appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore dell’imputato ricorrente, avv. NOME Chirumbolo, presente anche i sostituzione dell’avv.to NOME COGNOME che ha illustrato i motivi di ricorso ed ha insist l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUT.0 IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro, sostituita la sanzione accessoria per la durata della pena, con quella temporanea, confermava nel resto la sentenza emessa dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro all’esito del r abbreviato “puro” eletto dall’imputato, dopo il rigetto della richiesta di definizione co abbreviato condizionato.
1.1. All’imputato è contestato il reato di estorsione tentata, aggravata dal metodo mafio la responsabilità è stata accertata sulla base della convergenza plurale degli indizi compendi nella informativa di polizia giudiziaria, utilizzabile ai fini del decidere, in ragione del dall’imputato.
Avverso tale sentenza ricorre l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia all’uopo offici che ha dedotto i seguenti motivi di impugnazione:
2.1. Violazione di legge e vizi esiziali di motivazione in ordine alla valutazione degli posti a fondamento della affermazione di responsabilità per il fatto contestato. In quanto compendio di evidenze utilizzabili ai fini del decidere risulta che:
il ricorrente, negli orari in cui era stato lasciato il messaggio minatorio presso l’es commerciale, si trovava a distanza di oltre tre chilometri dal luogo della condotta;
la successiva telefonata estorsiva era stata ricevuta da persona che conosceva bene il ricorrente e che, dunque, avrebbe dovuto identificarlo con certezza attraverso la voce;
che la distanza tra INDIRIZZO” e INDIRIZZO era tale per cu non era possibile che il ricorrente l’avesse percorsa due volte in quattro minuti, effettu anche la chiamata;
l’analisi del DNA non avrebbe capacità dimostrativa probatoria, ma solo labilmente indiziaria;
la ricostruzione del fatto sarebbe carente e contradditoria;
le persone offese non sarebbero state affatto intimorite dalle telefonate ricevute, ment la sussistenza della minaccia sarebbe rilevante la percezione della persona offesa.
2.2. Inosservanza della norma processuale posta a pena di nullità e vizio di motivazione, pe mera apparenza, quanto a riconosciuta correttezza della decisione del G.u.p. di non ritener utilizzabile ai fini del decidere (nel procedimento definito con rito abbreviato sec dichiarazione difensiva resa fuori dal procedimento, non verbalizzata e non acquisita al fascic delle indagini preliminari.
2.3. Violazione di legge (art. 416-bis.1 cod. pen.) e vizi di motivazione in relazio riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso, la cui sussistenza era stata ritenuta nonostante non fosse stato provato che il ricorrente appartenesse ad alcuna consorteria locale.
CONSIDERARTO IN DIRITTO .
1.1. Tanto chiarito quanto all’ambito del sindacato di legittimità sulla motivazione d sentenza d’appello, va rilevato come le deduzioni opposte dal ricorrente alla motivazione d merito, che dà conto della completezza del mosaico di tessere indiziarie collimanti, siano volt sollecitare una diversa e atomistica valutazione delle emergenze processuali (in particolare, peso degli argomenti offerti con le prove storiche e logiche assunte nel corso del giudizio di pr grado), operazione che, a fronte del preciso ancoraggio alle emergenze processuali e del rigore logico giuridico che connota le scansioni dell’iter argomentativo della decisione impugnata, n può trovare spazio in sede di legittimità.
Il tema è quello della solida e razionale giustificazione complessiva che la motivazione de offrire circa il valore persuasivo attribuito agli elementi posti a sostegno della decisione l’irrilevanza degli elementi prospettati – nella dialettica delle parti – come antagonisti particolare, Sez. 6, n. 6582 del 13.11.2012, Rv. 254572; Sez. 2, n. 44048 del 13.10.2009, Rv.
245627; Sez. 1, n. 41110 del 24.10.2011; Sez. 6 n. 8705, del 24.1.2013; Sez. 1 n. 8163 del 10.2.2015; Sez. 5, n. 10411 del 28.1.2013).
E’ del tutto evidente che tale compito deve essere svolto dal giudice di legittimità attrav la verifica della razionalità argomentativa (e della proiezione finalistica) dei passaggi espr in cui si articola la decisione e non mediante una impropria rivalutazione ‘diretta’ di s elementi istruttori o mediante l’apprezzamento ‘diretto’ di prospettazioni difensive su p alternative rimaste, a parere del ricorrente, inesplorate (giurisprudenza costante, sin da Sez n. 8411, del 21/5/1992, Rv. 191487).
Tali canoni di valutazione hanno guidato l’esame dei motivi di ricorso, posto che le doglian – in punto di ricostruzione del fatto oggetto di giudizio – non riescono ad evidenziare reali fr non percepite del percorso logico posto alla base della affermazione di penale responsabilità, n individuano punti dimostrativi realmente antagonisti e non logicamente confutati rispetto a opzione ricostruttiva selezionata dai giudici del merito, che hanno calcato il tema d responsabilità ascritta sulla base della logica convergenza di quanto emerso dall’esame di più fonti, storiche e logiche, differenti (Sez. U., 4.2.1992, ric. COGNOME, con insegnamento ribadi Sez. U n. 33748 del 12.7.2005, ric. COGNOME, Rv. 231678).
Ciò posto, nella fattispecie aperta all’attenzione della Corte dai motivi di ricorso, l demolitoria alternativa a quella ritenuta non appare l’unica logicamente percorribile e neppu (per quanto suggestiva) la più probabile, come diffusamente argomentato in sentenza, giacché il momento storico della prossimità (logica, cronologica e topografica) qualificata del soggett luogo di deposito del messaggio intimidatorio, è testimoniato dal complesso articolarsi del plurime fonti, storiche, logiche e tecniche. La Corte di merito ha dunque argomentato funditus il superamento del ragionevole dubbio e tale argomentare non palesa alcuna manifesta illogicità.
Nella conformità verticale del giudizio di merito è rimasto accertato che:
le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona in cui è posto l’eserciz commerciale “RAGIONE_SOCIALE“, nonché quelle tratte dai sistemi di sorveglianza dell’area limitrof davano conto della presenza dell’autovettura del ricorrente;
l’attività investigativa relativa all’utenza mobile in uso Monteleone aveva rilevato l’all di celle telefoniche in zone compatibili -e non topograficamente estranee- con quelle in cui stata realizzata la condotta criminosa;
gli esiti dei rilievi biomolecolari avevano confermato la compatibilità dei profili gen rilevati sul passamontagna abbandonato dall’autore del reato con i tratti biologici del ricorre
le immagini tratte dai sistemi di videosorveglianza posti nei pressi della cabina telefon dalla quale era partita la telefonata di natura intimidatoria hanno consentito di riscontr transito di un’autovettura di modello e caratteristiche compatibili con quella in uso al ricor
le immagini riprese dalle telecamere dell’attività commerciale “RAGIONE_SOCIALE“, sita in INDIRIZZO del INDIRIZZO hanno consentito di individuare la presenza dell’indagato presso il INDIRIZZO
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esercizio “Gpa slot” ed il successivo allontanamento dello stesso in direzione della. cabi telefonica, in orano compatibile con quello della telefonata intimidatoria.
2.1. Quanto all’idoneità costrittiva della minaccia, non appare superfluo riaffermare che fini dell’integrazione del reato, non è affatto necessario che il soggetto passivo si sia s effettivamente intimidito, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in esser dall’agente sia “potenzialmente idonea” ad incidere sulla libertà morale del soggetto passi (Sez. 5, n. 9392 del 16/12/2019, dep. 2020, Di COGNOME, Rv. 278664; Sez. 1, n. 44128 del 03/05/2016, Nino, Rv. 268289- 01).
Nella fattispecie, in coerenza con tali principi il Collegio di merito rilevava la pote minatoria del comportamento accertato, ritenendo che lo stesso fosse sicuramente idoneo, anche perché agito con ricorso a modalità mafiose nell’incutere timore, nulla rilevando la eventu concreta capacità di resistenza della vittima.
Con riguardo al secondo motivo di ricorso, osserva il Collegio che, nell’ambito procedimento celebrato con il giudizio abbreviato, la richiesta di assumere una prova, nel cas specifico le dichiarazioni spontanee della fidanzata dell’imputato o il documento rappresentati del legame di parentela tra offensore e destinatario della domanda estorsiva, alla quale non stata condizionata la scelta del rito, non è idonea a far risorgere in capo all’istante, né in grado, tantomeno in appello, quel “diritto alla prova” al cui esercizio l’imputato ha rinunc formulando la richiesta di rito alternativo non condizionato. Sicché, il mancato accoglimento tale sollecitazione non può costituire vizio censurabile ex art. 606, comma 1, lett. d, cod. pen. (nei termini: Sez. 5, n. 5931 del 2006, Rv. 233845; Sez. 6, n. 15086 del 2011, Rv. 249910; Sez. 1, n. 3253 del 2019, Rv. 276395; Sez. 1, n. 3253 del 12/06/2018, Benvenuti, Rv, 276395; Sez. 5, n. 1763 del 04/10/2021, dep. 2022, Provenza, Rv. 289395; Sez. 2, n. 24290 del 16/02/2023, COGNOME n.m.).
Correlativamente, sul piano del preteso vizio di motivazione, si è pure stabilito che “celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, se non impedisce al giudice d’appell di esercitare i poteri di integrazione probatoria, comporta tuttavia l’esclusione di un dell’imputato a richiedere la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ed un corrisponden obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale richiesta” (Sez. 2, n. 5629 del 30/11 dep. 2022, Rv. 282585 – 01). Questa Corte ha infatti affermato che il giudice del rito abbrevi esercita, in punto di integrazione della prova, ed in particolare di rinnovazione della istru un potere discrezionale che attiene al merito, e che sotto questo profilo è insuscettibi sindacato, anche nella forma indiretta, costituita dal parametro della motivazione esplici aggiungendo però che ciò non vuol dire che siano possibili ed inemendabili comportamenti arbitrari od irrazionali (Sez. 5, n. 2910 del 04/12/2024, dep. 23/01/2025, Rv. 287482 – 02 Deve però trattarsi di vizi della decisione e della relativa motivazione, che all’evidenza dipen dall’erronea decisione di non provvedere, ove ritenuto necessario, all’integrazione della prova
In altre parole, il ricorrente deve dimostrare l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medes provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate qualora si fosse provveduto, come richiesto, all’assunzione o alla riassunzione determinate prove nel giudizio di appello (Sez. 2, n. 48630 del 2015, Rv. 265323; Sez. 2, n 40855 del 2017, Rv. 271163; Sez. 5, n. 32379 del 2018, Rv. 273577).
Peraltro, l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente (“manife illogicità”), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocull, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininflu minime incongruenze. Nella fattispecie, il ricorrente si è limitato a lamentare la manc acquisizione del documento contente le dichiarazioni e la fotografia attestante una conoscenza episodica e datata, senza dimostrare, non solo la novità della prova, ma soprattutto se d tessuto argomentativo della sentenza fosse desumibile una grave lacuna del ragionamento probatorio e della sua rappresentazione motivazionale, emendabile con l’acquisizione delle dette evidenze. La Corte di merito ha peraltro diffusamente argomentato sui punti dedotti, ritendo de tutto superflua la “prova nuova”, giacché incapace di incidere sulla complessiva impalcatura che regge l’architettura dell’accertamento indiziario della responsabilità per il fatto ascritto.
Le censure difensive risultano pertanto generiche e comunque manifestamente infondate, perché non pongono in evidenza la desumibilità o meno, dal tessuto argomentativo della sentenza, posto in relazione alla lamentata mancata acquisizione, di una grave lacuna del ragionamento probatorio e della sua rappresentazione a livello motivazionale.
4. Il terzo motivo di ricorso, che contesta la legittimità del riconoscimento dell’aggrav del ricorso all’uso del metodo mafioso è manifestamente infondato in diritto. Per integrar concetto contenuto nella fattispecie ingravescente non occorre sia dimostrata l’esistenza un’associazione a delinquere di stampo mafioso, tantomeno l’inserimento organico dell’agente in tale compagine; la circostanza aggravante in questione, infatti, non consiste, a differenz quella prevista dall’art. 628, comma terzo, n. 3 cod. pen., nell’appartenenza ad organizzazio criminose di tipo mafioso, bensì nel solo fatto che la violenza o la minaccia assumano la vest propria della violenza o della minaccia mafiosa, quella cioè ben più penetrante, energica e efficace, che deriva dalla prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio dell’assoggettamento omertoso del territorio la sua linea guida: una volta accertato che il metod “mafioso” è stato utilizzato, l’aggravante si applica a prescindere dalle qualità sogget dell’agente.
In coerenza con tali indicazioni ermeneutiche, i giudici di merito hanno ritenuto sussiste l’aggravante, anche fuori dalla prova della qualità di associato dell’agente, poiché la condo criminosa caratterizzata dal “ricorso al metodo mafioso” si configura ogni volta che la car intimidatoria proveniente dalla azione minatoria sia fondata sulla coazione psicologic riconducibile all’evocazione, anche solo suggestiva, del capitale criminale delle consorte
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mafiose, come si evince emblematicamente dalla intimazione di mettersi a posto, cioè
omologarsi al costume imposto in un determinato territorio da chi su quel territorio eserc egemonia nell’assoggettamento omertoso.
5. Alla inammissibilità del ricorso, per la indeducibilità del primo motivo di merit manifesta infondatezza in diritto del secondo e del terzo motivo, consegue la condanna del
ricorrente, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processua della somma, a titolo di sanzione per la provocata inammissibilità, di euro tremila in favore d
Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 aprile 2025.