Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8283 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8283 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Aversa il 29/03/1999
avverso l’ordinanz a del 23/09/2024 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/09/2024, il Tribunale di Napoli, in accoglimento dell’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere – emessa in data 19/08/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309/1990, art 416 bisl, comma 1, cod.pen.(capi 21-28-32-33-38 dell’imputazione provvisoria) – , sostituiva la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari con applicazione del presidio elettronico di cui all’art. 275-bis cod.proc.pen.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge con riferimento all’art. 273 cod. proc.pen. in relazione al capo 21) dell’imputazione e vizio di motivazione per carenza ed illogicità in relazione all’aggravante di cui all’art. 416bisl, comma 1, cod.pen.
Argomenta che il Tribunale aveva erroneamente confermato la gravità indiziarla relativa alla partecipazione al reato associativo senza operare un apprezzamento unitario degli indizi ma valutando isolatamente ogni elemento indiziaria; la piattaforma indiziaria, al contrario, dimostrava che il ricorrente non era coinvolto nelle dinamiche della gestione delle piazze di spaccio, nella distribuzione dello stupefacente e nella ripartizione dei profitti, ma solo nell’acquisto “forzato” dello stupefacente ed alle percentuali da corrispondere al gruppo associativo.
Lamenta, poi, che il Tribunale aveva confermato la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416bis1, comma 1, cod.pen., sotto il profilo della sussistenza del metodo mafioso, con motivazione carente ed inadeguata, emergendo, al contrario, dalle risultanze probatorio che era il ricorrente a subire il metodo mafioso da parte di esponente di spicco del gruppo associativo.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo consolidata nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 cod.proc.pen., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo in nuce tutti
o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, Costantino ed altro, Rv. 202002; Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, Rv.256657; Sez.2, n.12851 del 07/12/2017, dep.20/03/2018, Rv.272687).
La valutazione allo stato degli atti in ordine alla “colpevolezza” dell’indagato, per essere idonea ad integrare il presupposto per l’adozione di un provvedimento de libertate, deve, quindi, condurre non all’unica ricostruzione dei fatti che induca, al di là di ogni ragionevole dubbio, ad uno scrutinio di responsabilità dell’incolpato, ma è necessario e sufficiente che permetta un apprezzamento in termini prognostici che, come tale, è ontologicamente compatibile con possibili ricostruzioni alternative, anche se fondate sugli stessi elementi.
La valutazione della “prova” in sede cautelare rispetto a quella nel giudizio di cognizione si contraddistingue non in base alla differente intrinseca capacità dimostrativa del materiale acquisito, ma proprio per l’aspetto di provvisorietà del compendio indiziario che, in una prospettiva di evoluzione dinamica, potrà essere arricchito (Sez.1, n 13/02/2015, Rv. 262300 – 01).
Ed è stato precisato che, ai fini dell’applicazione delle misure cautelari, anche dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 63 del 2001, è ancora sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273, comma primo bis, cod.proc.pen. (introdotto dalla legge citata) richiama espressamente il terzo e il quarto comma dell’art. 192, ma non il secondo comma che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi: ne consegue che essi, in sede di giudizio de libertate, non vanno valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen.- che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizicome si desume dall’art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen., che richiama i commi terzo e quarto dell’art. 192 cod. proc. pen., ma non il comma secondo dello stesso articolo che richiede una particolare qualificazione degli indizi (Sez.4, n.37878 del 06/07/2007, Rv.237475; Sez.5, n.36079 del 05/06/2012,Rv.253511; Sez.6, n.7793 del 05/02/2013, Rv.255053; Sez.4, n.18589 del 14/02/2013, Rv.255928; Sez.2, n.26764 del 15/03/2013, Rv.256731; Sez.4, n.22345 del 15/05/2014, Rv.261963; Sez.4, n.53369 del 09/11/2016, Rv.268683; Sez.4, n.6660 del 24/01/2017, Rv.269179; Sez.2, n.22968 del 08/03/2017, Rv.270172).
Nella specie il Tribunale riteneva sussistente la gravità richiamando ed esaminando il compendio indiziario – costituito dagli esiti delle attività di
intercettazione telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione, control pedinamento, dichiarazioni testimoniali, perquisizioni, sequestri e arre dichiarazioni di collaboratori di giustizia- comprovante l’esistenza di associazione criminosa camorristica radicata sul territorio di Teverola e Carina in provincia di Caserta, facente capo a COGNOME NOME e COGNOME NOME; ta associazione traeva parte dei profitti illeciti dalla compravendita di not quantità di sostanze stupefacenti di diverso tipo, attività gestita da COGNOME con la protezione di COGNOME Aldo; all’attività di narcotraffico partecipa numerosi sodali, con specifici ruoli all’interno del gruppo associativo, tra i anche l’attuale ricorrente COGNOME NOME, che si occupava in maniera stabi dell’attività di deposito e custodia, confezionamento e cessione della sosta stupefacente; COGNOME NOME, inoltre, si riforniva dal gruppo per svolg un’autonoma attività di cessione e, previa autorizzazione del COGNOME, face capo anche ad altri fornitori di sostanza stupefacente.
Il Tribunale ha evidenziato, quindi, che il Detta COGNOME, collaborava stabilmen con il gruppo COGNOME nell’attività di spaccio, fornendo un ausilio per il dep e la preparazione dello stupefacente, così contribuendo all’esistenza e rafforzamento dell’associazione; al contempo, il predetto gestiva in autonomi un’attività di cessione, rifornendosi dallo stesso gruppo criminoso di appartenen e da altri fornitori, previo consenso del COGNOME; in tal modo il COGNOME dimostrava, in maniera evidente, la consapevolezza della sua condotta di partecipazione e, cioè, la coscienza e volontà di partecipare attivamente a realizzazione dell’accordo e quindi del programma delittuoso in modo stabile e permanente.
Con riferimento alla gravità indiziaria relativa alla circostanza aggravante metodo mafioso, utilizzato da parte dei membri dell’associazione per l’acquisizio ed il mantenimento dette piazze di spaccio, il Tribunale ha evidenziato che emergenze istruttorie davano atto di come la gestione delle piazze di spaccio fos monopolizzata dal sodalizio criminoso, tanto che tutti gli spacciatori locali e costretti ad approvvigionarsi di sostanza stupefacente dal gruppo criminoso e ch si erano registrate numerose azioni violente e minacce nei confronti di alcu acquirenti che avevano cercato, invano, di non sottostare alle rigide regole impo dal COGNOME.
La complessiva motivazione, congrua e non manifestamente illogica, è insindacabile in fatto ed è corretta in diritto.
Va ricordato che per la configurabilità della condotta di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti non è richiesto di investitura formale, ma è necessario che il contributo dell’agente ri funzionale per l’esistenza stessa dell’associazione in un dato momento stori
(Sez.3,n.22124 del 29/04/2015, Rv. 263662 – 01; Sez.4,n.51716 del 16/10/2013, Rv. 257905 – 01); è, quindi, indispensabile la volontaria e consapevo realizzazione di concrete attività funzionati, apprezzabili come effettivo e operat contributo all’esistenza e al rafforzamento dell’associazione (Sez.6, n.34563 17/07/2019, Rv. 276692 -01). In relazione alla specificità dei ruoli dei sin partecipi, questa Corte ha, inoltre, affermato che l’associazione per delinq finalizzata al traffico di stupefacenti sussiste non solo net caso di condotte par poste in essere da persone accomunate dall’identico interesse di realizzazione profitto mediante il commercio di droga, ma anche nell’ipotesi di un vincol durevole che accomuna il fornitore di droga agli acquirenti, che in via continuat la ricevono per immetterfa nel mercato del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione del vincolo associativo e alla realizzazione del fine comune né diversità di scopo personale, né la diversità dell’utile, ovvero il contrasto interessi economici che i singoli partecipi si propongono di ottenere da svolgimento dell’intera attività criminale (Sez.6, n.3509 del 10/01/20 Rv.251574); ed è stato chiarito che la circostanza aggravante del metodo mafioso ha natura oggettiva, derivando dalle modalità di realizzazione dell’azi criminosa, ed opera nei confronti di tutti i concorrenti ancorché le azion intimidazione e minaccia siano state materialmente commesse solo da alcuni di essi (Sez.2, n. 32564 del 12/04/2023,Rv.285018 – 02).,
Consegue, pertanto, come anticipato, il rigetto del ricorso e, a nor dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spe processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 30/01/2025