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Messaggi WhatsApp: prova valida o inutilizzabile?

La Corte di Cassazione affronta il tema dell’utilizzabilità dei messaggi WhatsApp come prova. Pur ribadendo che i messaggi memorizzati su un dispositivo sono corrispondenza e la loro acquisizione tramite screenshot senza un decreto di sequestro li rende inutilizzabili, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso. La difesa, infatti, non ha dimostrato la decisività di tale prova ai fini della condanna, non superando la cosiddetta “prova di resistenza”.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messaggi WhatsApp nel Processo Penale: Quando la Prova è Inutilizzabile?

L’uso dei messaggi WhatsApp come prova nei processi penali è un tema sempre più centrale e dibattuto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla natura giuridica di queste comunicazioni e sulle corrette modalità di acquisizione, distinguendo nettamente tra corrispondenza e documento. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per reati legati agli stupefacenti, confermata in appello. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’inutilizzabilità dei messaggi WhatsApp usati per fondare la decisione. Secondo il ricorrente, i messaggi erano stati acquisiti dalla polizia giudiziaria tramite fotografie dello schermo del cellulare (screenshots) al momento dell’arresto, senza che il dispositivo fosse stato formalmente sequestrato.

La difesa sosteneva che tale modalità di acquisizione violasse le garanzie previste per la corrispondenza (art. 15 della Costituzione e art. 254 del codice di procedura penale), poiché i messaggi avrebbero dovuto essere oggetto di un decreto di sequestro emesso dall’autorità giudiziaria.

L’analisi sui messaggi WhatsApp: Corrispondenza o Documento?

La questione fondamentale affrontata dalla Corte riguarda la natura giuridica dei messaggi di messaggistica istantanea quando sono già stati ricevuti e sono memorizzati sul dispositivo di un utente.

La Corte, richiamando una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 170 del 2023), ha operato una distinzione cruciale:

* Intercettazione: Si ha solo quando la comunicazione viene captata in tempo reale, nel suo momento “dinamico”, mentre è in corso tra i mittenti e i destinatari. L’acquisizione di messaggi già presenti nella memoria di un telefono non è un’intercettazione.
* Corrispondenza: I messaggi di posta elettronica, gli SMS e i messaggi WhatsApp rientrano a pieno titolo nella nozione di corrispondenza, tutelata dall’art. 15 della Costituzione. Questa tutela non cessa con la ricezione del messaggio. Finché la comunicazione conserva un carattere di attualità e di interesse per i corrispondenti, essa mantiene la natura di corrispondenza e non degrada a mero “documento storico”.

Di conseguenza, l’acquisizione di tali messaggi deve seguire le forme previste per il sequestro di corrispondenza (art. 254 c.p.p.), che richiede un atto motivato dell’autorità giudiziaria.

La Prova di Resistenza e l’Inammissibilità del Ricorso

Nonostante la Corte abbia concordato in linea di principio con la difesa sulla natura di corrispondenza dei messaggi WhatsApp e sulla conseguente inutilizzabilità delle prove acquisite senza un decreto di sequestro, il ricorso è stato comunque dichiarato inammissibile.

Il motivo risiede in un altro principio cardine del processo penale: la cosiddetta “prova di resistenza”. Quando si lamenta l’inutilizzabilità di un elemento di prova, non è sufficiente dimostrare che sia stato acquisito illegittimamente. È necessario anche illustrare in modo specifico come l’eliminazione di quella prova avrebbe potuto condurre a una decisione diversa. L’imputato deve dimostrare che, senza quella prova, le altre risultanze processuali non sarebbero state sufficienti a giustificare la condanna.

Nel caso di specie, la difesa si è limitata ad affermare in modo generico che i messaggi erano stati decisivi, senza però argomentare concretamente l’impatto della loro eventuale esclusione rispetto al resto del quadro probatorio. Questa genericità ha reso il motivo di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ribadito un principio di diritto ormai consolidato: i messaggi di posta elettronica, gli SMS e le chat di messaggistica istantanea (come WhatsApp) conservati nella memoria di un dispositivo elettronico mantengono la natura di corrispondenza anche dopo la ricezione. La loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste per il sequestro di corrispondenza (art. 254 c.p.p.). L’acquisizione mediante “screenshots” eseguiti d’iniziativa dalla polizia giudiziaria, in assenza di ragioni d’urgenza e di un decreto di sequestro del pubblico ministero, rende i messaggi affetti da inutilizzabilità patologica. Tuttavia, la Corte ha sottolineato che chi eccepisce l’inutilizzabilità deve assolvere a un onere di specificità, dimostrando l’incidenza concreta dell’eliminazione della prova illegittima ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”. Se le residue risultanze sono sufficienti a giustificare l’identico convincimento, la prova illegittima diventa irrilevante.

Conclusioni

Questa sentenza offre due insegnamenti pratici di fondamentale importanza. In primo luogo, consolida la tutela della privacy delle comunicazioni digitali, equiparando i messaggi WhatsApp memorizzati alla corrispondenza tradizionale e richiedendo garanzie procedurali specifiche per la loro acquisizione. In secondo luogo, evidenzia un aspetto processuale cruciale: per far valere l’inutilizzabilità di una prova in Cassazione, non basta invocarla, ma bisogna dimostrare con precisione che essa è stata l’elemento determinante della condanna. Un monito per le difese a costruire ricorsi specifici e dettagliati, che non si limitino a denunciare una violazione di legge ma ne dimostrino l’effettiva e decisiva rilevanza.

I messaggi WhatsApp salvati su un telefono sono considerati corrispondenza?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando la Corte Costituzionale, ha stabilito che i messaggi WhatsApp e altre forme di messaggistica istantanea conservati nella memoria di un dispositivo elettronico mantengono la natura di corrispondenza, tutelata dall’art. 15 della Costituzione, anche dopo essere stati ricevuti e letti.

Come devono essere acquisiti i messaggi WhatsApp per essere usati come prova in un processo?
Devono essere acquisiti secondo le forme previste per il sequestro di corrispondenza (art. 254 cod. proc. pen.), che di norma richiede un decreto motivato dell’autorità giudiziaria. L’acquisizione tramite screenshot da parte della polizia giudiziaria, senza decreto e al di fuori di casi di urgenza, rende la prova inutilizzabile.

Cosa succede se una prova, come i messaggi WhatsApp, viene considerata inutilizzabile?
Se una prova è inutilizzabile, non può essere usata per fondare la decisione del giudice. Tuttavia, affinché la sua inutilizzabilità porti all’annullamento di una condanna, l’imputato deve dimostrare che quella prova è stata decisiva. Se le altre prove disponibili sono comunque sufficienti a sostenere la condanna (superando la “prova di resistenza”), la decisione può essere confermata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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