LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Messa alla prova risarcimento: ok a offerta simbolica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Procuratore Generale contro una sentenza che estingueva un reato fiscale per esito positivo della messa alla prova. Il Procuratore lamentava la sproporzione tra il danno erariale (oltre 400.000 euro) e il risarcimento simbolico versato (5.000 euro). La Corte ha stabilito che la valutazione sull’adeguatezza del programma di messa alla prova risarcimento, inclusa l’offerta economica, è un giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato dal giudice di primo grado sulla base delle reali capacità economiche dell’imputato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla prova risarcimento: anche un’offerta simbolica può bastare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38489 del 2024, ha affrontato un tema delicato: la congruità del messa alla prova risarcimento in caso di reati tributari. La pronuncia stabilisce che la valutazione del giudice sulla proporzionalità dell’offerta risarcitoria dell’imputato è un giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità se basato sulle reali capacità economiche dell’imputato, anche quando l’importo appare meramente simbolico rispetto al danno causato.

Il caso: Evasione fiscale e risarcimento minimo

Il caso trae origine da un procedimento penale a carico di un imprenditore per omesso versamento di imposte per un ammontare superiore a 400.000 euro. L’imputato chiedeva e otteneva dal Tribunale di primo grado di essere ammesso alla messa alla prova. Il programma di trattamento, approvato dal giudice, prevedeva, tra le altre prescrizioni, il versamento di una somma di 5.000 euro a titolo di risarcimento in favore dell’Agenzia delle Entrate.

Al termine del periodo di prova, il cui esito veniva giudicato positivo, il Tribunale dichiarava estinto il reato. Contro questa decisione, il Procuratore generale presso la Corte di Appello proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una manifesta violazione di legge. Il fulcro della doglianza era l’insanabile sproporzione tra l’enorme profitto del reato (il risparmio d’imposta di oltre 400.000 euro) e la somma irrisoria versata a titolo risarcitorio.

L’adeguatezza del programma di messa alla prova e risarcimento

Il ricorrente sosteneva che il giudice di merito avesse errato nel convalidare un programma di probation che, di fatto, non prevedeva condotte riparatorie effettive e proporzionate. Accettare un risarcimento simbolico avrebbe violato i principi della messa alla prova, la quale presuppone un serio sforzo da parte dell’imputato per elidere le conseguenze dannose della sua condotta.

La normativa sulla messa alla prova (art. 168-bis c.p.) prevede, infatti, che il programma includa, “ove possibile”, condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché il risarcimento del danno. La locuzione “ove possibile” è il cardine attorno al quale ruota la decisione della Suprema Corte.

I limiti del sindacato della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo i confini del proprio potere di revisione. Il giudizio sull’adeguatezza del programma di trattamento, e in particolare sulla congruità dell’offerta risarcitoria, è una valutazione di merito riservata in via esclusiva al giudice che procede.

Questo giudizio non si basa su un mero confronto matematico tra il danno e la somma offerta, ma deve tenere conto di parametri soggettivi, quali le effettive capacità patrimoniali e le condizioni di vita dell’imputato. L’obiettivo non è necessariamente il ristoro integrale, ma la prestazione dello “sforzo massimo esigibile” dall’imputato alla luce della sua situazione economica.

le motivazioni
La Corte ha evidenziato che il giudice di merito, nel caso specifico, aveva basato la sua decisione sulla relazione dei servizi sociali (UEPE), ritenendola esaustiva e sufficiente a delineare il quadro economico dell’imputato, tanto da non ritenere necessarie ulteriori indagini. La prestazione economica era stata definita “simbolica” ma adeguata nel contesto di un programma complessivamente ritenuto idoneo e validato anche dal consenso del Pubblico Ministero in prima istanza. Il giudice della Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che quest’ultima non sia del tutto assente o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la motivazione, seppur sintetica, esisteva e si fondava su elementi concreti (la relazione UEPE). Pertanto, il ricorso, mirando a una nuova valutazione dei fatti, esulava dai poteri del giudizio di legittimità.

le conclusioni
In conclusione, la sentenza riafferma un principio cruciale: la valutazione sull’idoneità del messa alla prova risarcimento è discrezionale e ancorata alla situazione specifica dell’imputato. Il risarcimento integrale del danno non è un prerequisito assoluto per l’accesso al beneficio. Ciò che conta è che l’impegno risarcitorio rappresenti lo sforzo massimo concretamente esigibile dal soggetto, sulla base di un’istruttoria che il giudice di merito è sovrano nel ritenere completa. La decisione del giudice di merito può essere contestata in Cassazione solo per vizi di legittimità (violazione di legge o motivazione assente/illogica), non per rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti.

È sempre necessario il risarcimento integrale del danno per accedere alla messa alla prova per reati fiscali?
No, la legge prevede che le condotte riparatorie, incluso il risarcimento, siano attuate “ove possibile”. Non è un requisito assoluto, ma va valutato in base alle concrete capacità economiche dell’imputato.

Quale parametro usa il giudice per valutare l’adeguatezza del risarcimento offerto dall’imputato?
Il giudice non si basa solo sul confronto tra il danno e l’importo offerto, ma valuta se la prestazione economica rappresenti lo “sforzo massimo esigibile” dall’imputato, considerando le sue reali condizioni patrimoniali, personali, familiari e sociali, come emerse dall’istruttoria e dalle relazioni dei servizi sociali.

È possibile contestare in Cassazione la decisione del giudice di merito sulla congruità del risarcimento nella messa alla prova?
No, non è possibile contestarla nel merito. La valutazione sulla congruità è un giudizio di fatto riservato al giudice del processo. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se si lamenta una violazione di legge o una motivazione del tutto assente, contraddittoria o manifestamente illogica, ma non per chiedere una nuova e diversa valutazione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati