Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44957 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44957 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Curtatone il 23/08/1948
avverso la sentenza del 21/12/2023 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
l’annullamento con rinvio.
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RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 21/12/2023, la Corte di appello di Brescia confermava Ila sentenza emessa in data 01/02/2023 dal Tribunale di Mantova, con la quale COGNOME NOME era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 10-ter digis 74/2000 e condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed alle correlate pene accessorie, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 168-bis cod.pen. e 464- quater cod,proc.pen., lamentando che la Corte territoriale aveva ribadito il rigetto della istanza di messa alla prova senza esperire la necessaria fase di predisposizione del programma di trattamento da parte dell’U.E.P.E., rilevando, sulla base di giurisprudenza di legittimità remota e contraria al più recente orientamento, che l’istanza conteneva una generica affermazione di voler risarcire il danno.
Con il secondo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 168-bis cod.pen. e 464- bis cod,proc.pen., argomentando che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello, il risarcimento del danno cagionato dal reato non costituisce condizione di ammissibilità dell’ordinanza di ammissione della messa alla prova, bensì un contenuto del programma di trattamento, peraltro solo eventuale.
Con il terzo motivo di ricorso deduce vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva ritenuto, con argomentazioni contraddittorie e illogiche, che era necessario procedere ad una valutazione in concreto della esigibilità della prestazione risarcitoria ma aveva rigettato, poi, l’istanza di messa alla prova senza la predisposizione del programma di trattamento.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
I Giudici di appello hanno respinto il motivo di appello con cui il difensore chiedeva la sospensione del procedimento con messa alla prova in accoglimento dell’impugnazione avverso l’ordinanza di rigetto dell’iniziale istanza di messa alla prova dell’imputato, condividendo le argomentazioni del primo giudice che aveva disatteso la richiesta per l’incapacità del prevenuto di offrire una restituzione o un risarcimento del danno, anche simbolici, all’Erario.
Tale affermazione è erronea in diritto.
Come già affermato da questa Corte (Sez. 3, n. 26046 del 05/04/2002, COGNOME non massimato; Sez.3, n. 23934 del 11/04/2024, Rv.286660 – 01, in motivazione), principio che va qui ribadito, fra le condizioni necessarie ai fini ammissione alla messa alla prova, il risarcimento del danno cagionato dal reato indicato solamente con la espressione “ove possibile”, evidenziandosi, con ta espressione non la inammissibilità delta istanza laddove, per fattori diversi compresa la incapienza dell’istante rispetto alla entità del danno cagionat risarcimento non sia concretamente praticabile, ma, al contrario, pur essen auspicabile tale risarcimento, la sua non assunzione a livello di condizione osta ove non realizzabile.
La valutazione dell’adeguatezza del programma presentato dall’imputato va, infatti, operata sulla base degli elementi evocati dall’art. 133 cod. pe relazione non soltanto all’idoneità a favorire il reinserimento sociale del preve ma anche all’effettiva corrispondenza alle condizioni di vita dello stesso, a riguardo alla previsione di un risarcimento del danno corrispondente, ove possibil al pregiudizio arrecato alla vittima o che, comunque, sia espressione – in un’ot che non sia esclusivamente retributiva ma tenda a favorire la riabilitazione, bonis operibus, del prevenuto – della sua disponibilità ad assicurare la prestazione, fini ripristinatori, dello sforzo massimo da lui sostenibile alla luce de condizioni economiche, che possono essere verificate dal giudice ex art. 464-bi comma 5, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 34878 del 13/06/2019, Rv. 277070 – 01).
Pertanto, avendo la Corte di appello valorizzato, nel confermare la sentenz impugnata, profili legislativamente non rilevanti ai fini della accoglibilità o della istanza di messa alla prova a suo tempo presentata dal COGNOME, risu integrata la dedotta violazione di legge.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio ad altr Sezione della Corte di appello di Brescia affinché il giudice del gravame si pronu nuovamente, in applicazione del principio di diritto dianzi enunziato, su sussistenza o meno delle condizioni per l’eventuale accoglimento della richiesta messa alla prova.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia.
Così deciso il 08/10/2024