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Messa alla prova: risarcimento non è obbligatorio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44957/2024, ha annullato la decisione di una Corte d’Appello che negava la messa alla prova a un imputato per reati fiscali a causa della sua incapacità di risarcire il danno. La Suprema Corte ha chiarito che il risarcimento del danno è una condizione da adempiere solo ‘ove possibile’ e non costituisce un requisito di ammissibilità assoluto, ribadendo la finalità riabilitativa dell’istituto.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla prova: il risarcimento del danno non è un ostacolo assoluto

La messa alla prova è un istituto fondamentale del nostro ordinamento che offre un percorso alternativo al processo penale, puntando alla riabilitazione dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 44957 del 2024) ha fatto chiarezza su uno degli aspetti più dibattuti: il ruolo del risarcimento del danno. La Corte ha stabilito che l’incapacità economica dell’imputato di risarcire il danno non può essere un motivo automatico per negare l’accesso a questo beneficio. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso

Un imprenditore veniva condannato in primo e secondo grado per un reato tributario previsto dall’art. 10-ter del d.lgs. 74/2000. Durante il processo, l’imputato aveva presentato istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato la richiesta. La motivazione principale del rigetto si basava sulla constatazione che l’imputato non aveva offerto, neanche in forma simbolica, un risarcimento del danno all’Erario, affermando che tale mancanza rendeva la richiesta inammissibile.

La Questione Giuridica e i requisiti della messa alla prova

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito avessero applicato erroneamente la legge. I motivi del ricorso si concentravano su un punto cruciale: il risarcimento del danno è una condizione di ammissibilità inderogabile o una delle possibili prescrizioni del programma di trattamento, da valutare in base alle concrete possibilità dell’imputato?

La difesa ha evidenziato che la legge stessa, all’art. 168-bis del codice penale, subordina le condotte riparatorie alla clausola “ove possibile”. Negare la messa alla prova solo per l’incapacità economica di risarcire il danno significherebbe trasformare un istituto con finalità riabilitative in un beneficio accessibile solo a chi possiede adeguate risorse finanziarie, creando una palese disparità di trattamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni della difesa, definendo l’interpretazione dei giudici di merito come “erronea in diritto”. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: il risarcimento del danno non è una condizione di ammissibilità della messa alla prova, ma un contenuto, peraltro solo eventuale, del programma di trattamento.

La Corte ha specificato che la dicitura “ove possibile” indica chiaramente che l’impossibilità di adempiere alla prestazione risarcitoria, dovuta a fattori oggettivi come l’incapienza economica, non rende l’istanza inammissibile. La valutazione del giudice deve invece concentrarsi sull’adeguatezza complessiva del programma di trattamento, basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale.

Questo significa che il giudice deve considerare:
1. L’idoneità del programma a favorire il reinserimento sociale dell’imputato.
2. La corrispondenza del programma alle sue reali condizioni di vita ed economiche.
3. Lo “sforzo massimo” che l’imputato può sostenere per le prestazioni riparatorie, in un’ottica che non sia puramente retributiva, ma riabilitativa.

In sostanza, il giudice non può fermarsi alla mancata offerta di risarcimento, ma deve avviare la procedura di elaborazione del programma con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.) per verificare concretamente la fattibilità delle prescrizioni, incluse quelle risarcitorie.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione impugnata e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il principio di diritto enunciato è chiaro: la messa alla prova deve essere accessibile anche a chi non ha le capacità economiche per risarcire il danno. Negarla a priori sulla base di questo unico fattore costituisce una violazione di legge.

Questa decisione rafforza la natura inclusiva e riabilitativa dell’istituto, assicurando che la valutazione del giudice sia sempre concreta e individualizzata, basata sulle effettive condizioni del soggetto e sul suo impegno a intraprendere un percorso di reinserimento sociale, anziché su rigidi automatismi legati alla capacità patrimoniale.

È obbligatorio risarcire il danno per ottenere la messa alla prova?
No, il risarcimento del danno non è un requisito di ammissibilità assoluto. La legge prevede che le condotte riparatorie, incluso il risarcimento, debbano avvenire ‘ove possibile’. L’impossibilità oggettiva di risarcire, ad esempio per incapacità economica, non preclude di per sé l’accesso alla messa alla prova.

Cosa deve valutare il giudice per ammettere un imputato alla messa alla prova?
Il giudice deve valutare l’adeguatezza complessiva del programma di trattamento proposto, tenendo conto dei parametri dell’art. 133 del codice penale. Questa valutazione riguarda l’idoneità del programma a favorire il reinserimento sociale dell’imputato e la sua coerenza con le sue reali condizioni di vita, comprese quelle economiche.

Cosa succede se un giudice nega la messa alla prova solo perché l’imputato non può pagare?
Secondo la sentenza in esame, una simile decisione è ‘erronea in diritto’. La Corte di Cassazione ha stabilito che un rigetto basato esclusivamente sull’impossibilità di risarcire il danno costituisce una violazione di legge e la sentenza può essere annullata con rinvio per una nuova valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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