Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22574 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22574 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata a Patti il 23/06/1983
avverso la sentenza del 06/05/2024 della Corte di Appello di Messina
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore della parte civile, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso e la liquidazione delle spese come da comparsa conclusionale e nota spese;
lette le conclusioni del difensore della ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 6 maggio 2024 con cui la Corte di Appello di Messina, ha confermato la sentenza, emessa in data 25 luglio 2023, con cui il Tribunale di Patti, l’ha condannata alla pena di anni 2, mesi 1, giorni 10 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in relazione al reato continuato di truffa.
La ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta erronea applicazione dell’art. 168-bis cod. pen. nonchØ vizio di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova.
La Corte territoriale, omettendo di valutare le doglianze formulate nel primo motivo di appello, avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di sospensione sul presupposto della mancata
‘pianificazione del risarcimento del danno arrecato alle parti civili’, senza tenere conto che l’omesso risarcimento non Ł sempre ostativo all’ammissione alla messa alla prova, come desumibile dall’inciso ‘ove possibile’, contenuto nel comma secondo dell’art. 168-bis cod. pen.
La ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato continuato di truffa.
La Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare integralmente la ricostruzione fattuale operata dal primo giudice, senza procedere al necessario vaglio delle doglianze -dedotte con il secondo motivo di gravame- inerenti all’assenza di condotte penalmente rilevanti, essendo emerso dall’istruttoria che i prezzi proposti per l’acquisto dei viaggi erano compatibili con i tariffari nazionali. In assenza di artifici o raggiri, le condotte della Carianni sarebbero, pertanto, configurabili come mero inadempimento contrattuale, di rilevanza esclusivamente civilistica, dell’obbligo di versare le somme incassate per l’acquisto dei biglietti e dei servizi richiesti dai clienti.
La ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di appropriazione indebita, alla determinazione del trattamento sanzionatorio nonchØ alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
A giudizio della difesa, la ricorrente si sarebbe limitata ad abusare del possesso delle somme ricevute dai clienti, disponendone uti dominus anzichØ destinarle alle specifiche finalità per le quali le aveva ricevute con conseguente configurabilità del reato di cui all’art. 646 cod. pen.
La riqualificazione della condotta nel meno grave reato di appropriazione indebita renderebbe necessario l’annullamento della sentenza con rinvio per la diversa quantificazione della pena detentiva applicabile e conseguente concessione della sospensione condizionale della pena.
Il difensore della ricorrente, in data 13 febbraio 2025, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nei motivi di ricorso.
Il primo motivo di ricorso Ł aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze già espresse in
sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
I giudici di appello, con percorso argomentativo privo di aporie e manifeste illogicità, hanno ritenuto la richiesta difensiva generica e priva di elementi da cui desumere la possibilità di reinserimento della COGNOME nella società civile; Ł stata, inoltre, evidenziata la mancanza prospettazione di una seria e concreta ‘pianificazione del risarcimento del danno arrecato alle parti civili’ nonchØ la gravità delle reiterate condotte illecite attuate dalla ricorrente (vedi pagg. 13 e 14 della sentenza appellata). Nel complesso, pertanto, Ł stata resa una valutazione di merito che, in quanto fondata su elementi obiettivi e idonei a fondare una prognosi sfavorevole circa il rischio di recidiva, non Ł sindacabile in sede di legittimità.
Deve essere, in proposito, ribadito che l’ammissione alla messa alla prova Ł subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito circa la possibilità di rieducazione e di inserimento dell’imputato nella vita sociale ed Ł espressione di un giudizio prognostico, insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, sorretto da motivazione adeguata, esente da manifesta illogicità e condotta sulla scorta degli indicatori desunti dall’art. 133 cod. pen. inerenti alle modalità della condotta ed alla personalità del reo (vedi Sez. 6, n. 37346 del 14/09/2022, Boudraa, Rv. 283883 – 01; da ultimo Sez. 4, n. 32581 del 21/06/2024, Vasta, non massimata).
7. Il secondo ed il terzo motivo di impugnazione sono in parte aspecifici ed in parte non consentiti. I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come Ł fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato continuato di truffa contrattuale, con conseguente rigetto della richiesta di difensiva di riqualificazione del fatto (vedi pagg. 14, 15 e 16 della sentenza impugnata). Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, Ł fondata su apprezzamenti logico-fattuali non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
La Corte di appello, peraltro, ha fatto buon uso del principio di diritto secondo cui la valutazione dell’idoneità astratta dell’artificio e raggiro ad ingannare e sorprendere l’altrui buona fede non assume rilevanza in presenza di reato consumato, in quanto l’effetto raggiunto dalla condotta illecita dimostra implicitamente l’effettiva idoneità della condotta (ex multis Sez. 2, n. 51166 del 25/06/2019, COGNOME, Rv. 278011 – 01).
La doglianza con cui la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena non Ł consentita in quanto mira ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non Ł stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (vedi Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 2, n. 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non massimata). La Corte territoriale ha, infatti, adeguatamente motivato in ordine alla congruità della pena determinata dal primo giudice stante l’oggettiva gravità della condotta, il significativo danno cagionato alle persone offese e l’intensità del dolo desumibile dal complessivo comportamento illecito della COGNOME (vedi pag. 17 della sentenza impugnata), argomentazioni con cui la ricorrente non si Ł adeguatamente confrontata.
Il diniego della richiesta di sospensione condizionale della pena consegue inevitabilmente alla irrogazione di una pena superiore al limite previsto dall’art. 163 cod. pen.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Ritiene, infine, il Collegio che non vadano liquidate le spese a favore delle parti civili COGNOME NOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME di cui alla nota depositata in data 20 febbraio 2025 unitamente alle conclusioni scritte. La memoria conclusiva depositata, a cagione della sua genericità, non ha fornito, infatti, alcun contributo alla dialettica processuale in quanto priva di eccezioni o deduzioni dirette a paralizzare o ridurre la pretesa della ricorrente (vedi Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923-01; Sez. U., n. 877 del 14/07/2022, COGNOME, Rv. 28388601).
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese formulata nell’interesse delle parti civili NOME NOME, NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME
Così deciso il 20/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME