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Messa alla prova: non serve il risarcimento integrale

Il rappresentante di un’associazione sportiva, condannato per omessa dichiarazione IVA, ha richiesto la messa alla prova. La Cassazione ha annullato la condanna, stabilendo che il risarcimento integrale del danno non è un requisito indispensabile per accedere al beneficio, ma va valutato in base alle possibilità concrete dell’imputato. Il reato è stato comunque dichiarato estinto per prescrizione.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla prova: il risarcimento non è condizione assoluta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 23934/2024) getta nuova luce sui presupposti per l’accesso alla messa alla prova, un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale. La Corte ha stabilito che il risarcimento integrale del danno non costituisce un requisito imprescindibile per la concessione del beneficio, correggendo un’interpretazione eccessivamente rigida dei giudici di merito. Questa decisione sottolinea l’importanza di una valutazione caso per caso, incentrata sulle reali capacità economiche dell’imputato.

I Fatti del Caso

Il legale rappresentante di un’associazione sportiva dilettantistica era stato condannato in primo e secondo grado a 8 mesi di reclusione per il reato di omessa dichiarazione IVA (ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 74/2000), relativa all’anno fiscale 2010. L’importo dell’imposta evasa era stato quantificato in circa 49.000 euro. Oltre alla pena detentiva, era stata disposta la confisca, diretta o per equivalente, del profitto del reato. L’imputato aveva richiesto l’ammissione alla messa alla prova, ma la sua istanza era stata rigettata dai giudici di merito.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata valutazione dei presupposti della messa alla prova: La difesa ha sostenuto che i giudici avessero erroneamente considerato il risarcimento integrale del danno come una condizione ostativa e preliminare (una condicio sine qua non) per l’accesso al beneficio. Secondo il ricorrente, il tribunale avrebbe dovuto valutare la sua effettiva capacità economica e la sua disponibilità a intraprendere azioni riparatorie, senza precludergli a priori la possibilità di accedere all’istituto.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: In subordine, si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., evidenziando diversi elementi a favore dell’imputato, come l’incensuratezza, l’episodicità della condotta e il fatto che l’importo evaso fosse di poco superiore alla soglia di punibilità all’epoca vigente.

Le Motivazioni della Corte sulla messa alla prova

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto al secondo. I giudici supremi hanno chiarito che l’impostazione dei giudici di merito, che subordinava l’ammissione alla messa alla prova all’avvenuto risarcimento integrale del danno, è priva di fondamento normativo e logico.

La legge (art. 168-bis c.p.) indica il risarcimento del danno tra le condizioni necessarie, ma con l’espressione “ove possibile”. Questa locuzione, secondo la Corte, impone al giudice una valutazione concreta e non aprioristica. Non si può negare il beneficio solo perché l’imputato, magari per incapacità economica, non ha ancora risarcito l’intero importo. Il giudice ha il dovere di verificare le condizioni economiche dell’imputato e valutare l’adeguatezza del programma presentato, che può includere un piano di risarcimento graduale e sostenibile. L’obiettivo dell’istituto non è puramente retributivo, ma tende alla riabilitazione del reo.

Le Conclusioni: Annullamento per Prescrizione

Nonostante l’accoglimento del motivo di ricorso, la Corte ha rilevato che, nel frattempo, il reato era caduto in prescrizione. Di conseguenza, la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio.

Tuttavia, la Corte ha dovuto pronunciarsi sulla confisca precedentemente disposta. In applicazione dell’art. 578-bis c.p., ha revocato la confisca per equivalente, poiché introdotta da una norma successiva ai fatti e quindi non retroattiva. Ha invece confermato la confisca diretta del profitto, poiché la responsabilità dell’imputato era già stata accertata nei precedenti gradi di giudizio. La sentenza, pur concludendosi con una declaratoria di estinzione del reato, offre quindi un principio di diritto cruciale per la corretta applicazione della messa alla prova.

È necessario risarcire completamente il danno per ottenere la messa alla prova?
No, il risarcimento integrale del danno non è un presupposto assoluto. La legge prevede che il risarcimento avvenga “ove possibile”, il che impone al giudice di valutare le concrete condizioni economiche dell’imputato prima di decidere sull’ammissione al beneficio.

Cosa succede se il reato si prescrive durante il ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione annulla la sentenza di condanna senza rinviarla a un altro giudice, dichiarando che il reato è estinto per intervenuta prescrizione.

In caso di prescrizione del reato, la confisca viene sempre annullata?
Non necessariamente. In questo caso, la Corte ha revocato la confisca per equivalente (in quanto sanzione non retroattiva), ma ha confermato la confisca diretta del profitto del reato, poiché la responsabilità penale era già stata accertata nei gradi di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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