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Messa alla prova: no se manca il programma di recupero

Un automobilista, condannato per guida in stato di ebbrezza, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando il mancato accoglimento della richiesta di messa alla prova. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, sottolineando che la richiesta è inammissibile se non accompagnata dal necessario programma di trattamento o dalla prova di averlo richiesto. La sentenza chiarisce inoltre che, in caso di giudizio immediato a seguito di opposizione a decreto penale, non è necessario un nuovo avviso sulla facoltà di richiedere riti alternativi, poiché tale facoltà si esaurisce con l’atto di opposizione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla Prova e Guida in Stato di Ebbrezza: Senza Programma la Richiesta è Inammissibile

Con la recente sentenza n. 4936/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui requisiti di ammissibilità della messa alla prova, un istituto sempre più centrale nel sistema penale. Il caso riguarda un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza che si è visto rigettare la richiesta di accesso al beneficio per non aver allegato il necessario programma di trattamento. Questa decisione offre spunti fondamentali sugli oneri a carico dell’imputato e chiarisce alcuni aspetti procedurali di grande rilevanza pratica.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha inizio nel settembre 2018, quando un automobilista viene fermato e trovato alla guida con un tasso alcolemico di circa 1,50 g/l, ben al di sopra del limite di legge. Il Tribunale di primo grado lo condanna a tre mesi di arresto e 1.200 euro di ammenda, concedendo i benefici della sospensione condizionale e della non menzione. La Corte di Appello, in parziale riforma, riduce la pena a due mesi di arresto e 1.100 euro di ammenda, confermando nel resto la sentenza.

L’imputato decide quindi di ricorrere in Cassazione, affidandosi a due motivi principali:
1. La nullità del decreto di giudizio immediato per mancato avviso della facoltà di chiedere la messa alla prova.
2. L’erronea applicazione della legge per il rigetto della sua richiesta di accesso al beneficio.

Il Ricorso dell’Imputato e i Requisiti della Messa alla Prova

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non accogliere la sua istanza di messa alla prova. A sua discolpa, adduceva le difficoltà, dovute al periodo pandemico, nel reperire un ente disponibile per lo svolgimento del programma. Sottolineava inoltre come lo stesso Procuratore Generale presso la Corte d’Appello avesse dato parere favorevole alla sua richiesta. La difesa puntava quindi a dimostrare che il diniego fosse ingiustificato e contrario al principio del favor rei.

La questione della notifica nel giudizio immediato

Un altro punto sollevato riguardava un vizio procedurale. Secondo la difesa, il decreto che disponeva il giudizio immediato avrebbe dovuto contenere l’avviso della facoltà di chiedere la messa alla prova, citando una sentenza della Corte Costituzionale in merito. L’assenza di tale avviso, a suo dire, avrebbe leso il diritto di difesa.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Ricorso è Stato Rigettato

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi infondati, rigettando integralmente il ricorso. Le motivazioni della decisione sono chiare e tracciano un perimetro netto sugli obblighi dell’imputato che intende accedere a questo rito alternativo.

Sulla notifica per la messa alla prova

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha precisato che la regola sulla necessità dell’avviso non si applica nel caso specifico. Il giudizio immediato era scaturito dall’opposizione dell’imputato a un precedente decreto penale di condanna. In questa particolare sequenza procedurale, la legge stabilisce che la facoltà di richiedere riti alternativi si esercita e si esaurisce con l’atto di opposizione stesso. Di conseguenza, il successivo decreto di giudizio immediato non deve contenere un ulteriore avviso, non essendoci più la possibilità di formulare tale richiesta.

Sull’onere di allegazione per la messa alla prova

Sul punto centrale della messa alla prova, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la richiesta, per essere ammissibile, deve essere corredata da un programma di trattamento elaborato d’intesa con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) o, quantomeno, dalla richiesta di elaborazione del programma stesso. Nel caso di specie, l’imputato non aveva mai prodotto tale documentazione, né in primo grado né in appello. La Corte ha sottolineato che, nonostante l’imputato avesse avuto ampie opportunità, non ha mai dimostrato di “attivarsi concretamente”, limitandosi a menzionare le difficoltà incontrate. La semplice reiterazione verbale della richiesta, non supportata dagli allegati previsti dall’art. 464-bis cod. proc. pen., non è sufficiente e legittima il rigetto da parte del giudice.

Conclusioni: L’Importanza degli Adempimenti Formali

La sentenza in esame rafforza l’idea che la messa alla prova non è un diritto automatico, ma una possibilità subordinata al rispetto di precisi oneri formali e sostanziali. L’imputato ha il dovere di essere parte attiva, presentando una richiesta completa e documentata. Le difficoltà pratiche, come quelle legate alla pandemia, non esonerano dal dimostrare di aver intrapreso i passi necessari, come la formale richiesta di un programma all’UEPE. Questa decisione serve da monito: l’accesso ai riti alternativi premiali richiede diligenza e un’adeguata preparazione documentale, senza la quale la richiesta è destinata a essere respinta.

Quando si oppone un decreto penale di condanna, il successivo decreto di giudizio immediato deve contenere l’avviso di poter chiedere la messa alla prova?
No. La Corte chiarisce che la facoltà di accesso ai riti alternativi, inclusa la messa alla prova, si esaurisce nella fase di opposizione al decreto penale. Pertanto, il successivo decreto di giudizio immediato non deve contenere tale avviso.

È sufficiente chiedere la messa alla prova per ottenerla?
No, non è sufficiente. La richiesta deve essere corredata da un programma di trattamento elaborato in collaborazione con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) o, in alternativa, dalla documentazione che attesti la richiesta di elaborazione di tale programma. La mancanza di questi elementi rende la richiesta inammissibile.

La difficoltà nel trovare un ente per la messa alla prova a causa della pandemia giustifica la mancata presentazione del programma?
No. Secondo la Corte, l’imputato ha l’onere di attivarsi concretamente. Anche in presenza di difficoltà esterne, deve dimostrare di aver adempiuto ai requisiti di legge, allegando almeno la richiesta formale di elaborazione del programma all’UEPE. La semplice affermazione delle difficoltà non è sufficiente a giustificare la carenza documentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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