Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22121 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22121 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FABRIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo processuale di ricorso (replicato con memoria del 5 aprile u.s.) inerisce ad una pretesa nullità del giudizio di primo grado e del conseguente giudizio di impugnazione, per l’illegittimo rigetto della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova;
rilevato che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le ragioni della negazione della dedotta illegittimità della decisione processuale; ritenuto che la sospensione del procedimento con messa alla prova è una modalità alternativa di definizione del processo che permette all’imputato di estinguere il reato attraverso il compimento di condotte ripristinatorie o risarcitorie e l’affidamento al servizio sociale; che percorso alternativo al giudizio non rappresenta un diritto incondizionato, atteso che la relativa richiesta può trovare accoglimento solo nel caso in cui il giudice al quale viene rivolta, all’esito di un percorso valutativo discrezionale da effettuare alla luce dei parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., reputi idoneo il trattamento presentato e ritenga che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati, come espressamente previsto dall’art. 464-quater, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 7983 del 26/10/2015, dep. 2016, Matera, Rv. 266256 – 0); che l’adeguatezza del programma, in particolare, deve essere indagata sia sotto il profilo della sua “coerenza” (con la gravità, oggettiva e soggettiva, del fatto: Sez. 2, n. 34878 del 13/06/2019, COGNOME, Rv. 277070 – 01), sia sotto il profilo dell’essere esso stesso espressione dell’apprezzabilità dello sforzo sostenuto dall’imputato per elidere le conseguenze dannose o pericolose del reato e risarcire il danno cagionato in dipendenza delle condotte da lui stesso poste in essere; che in questi termini deve essere interpretato l’inciso “ove possibile”, contenuto nel comma 2 dell’art. 168bis cod. pen.: il risarcimento del danno deve corrispondere, appunto “ove possibile”, al pregiudizio patrimoniale arrecato alla vittima o, comunque, allo sforzo “massimo” esigibile dall’imputato alla luce delle sue condizioni economiche (Sez. 2, n. 34878 del 13/06/2019 cit.); che, a fronte della manifesta “sproporzione” tra il danno patrimoniale cagionato e l’offerta risarcitoria, al fine di verificare che la concreta entità del risarcimento offerto sia effettiva e reale espressione di uno sforzo apprezzabile dell’imputato, il giudice potrà attivare i poteri di indagine riconosciuti dalla norma richiamata (Sez. 2 n. 34878 del 13/06/2019, cit., in motivazione); ma che potrà (e dovrà) attivarli solo ove residuino aree di indagine suscettibili di approfondimento. Cosicché, ove il giudice ritenga che la valutazione sistematica delle risultanze istruttorie sia di per sé sufficiente ad apprezzare (in un senso o nell’altro) l’adeguatezza del risarcimento offerto, l’esercizio di tali poteri non sarà più necessario, residuando solo uno Corte di Cassazione – copia non ufficiale
specifico onere di adeguata motivazione del percorso argomentativo seguito; che proprio questo è quanto in concreto è avvenuto. Il giudice, pur senza attivare i suoi poteri istruttori, ha comunque ritenuto il risarcimento offerto “inadeguato”, in quanto apertamente sperequato rispetto alla entità del danno provocato; e che tanto dà conto dell’infondatezza del motivo (Sez. 5, n. 16083 del 17/3/2023, Rv. 284384).
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
lette le conclusioni trasmesse a mezzo p.e.c. in data 9 marzo e 17 aprile u.s., con le quali le parti civili costituite chiedono, a ministero dei rispettivi procurat speciali, l’inammissibilità del ricorso proposto dall’imputato e la liquidazione delle spese processuali; ritenuto che in ragione delle mere conclusioni trasmesse per l’udienza camerale non partecipata, non supportate da alcuna argomentazione giuridica, non possano essere liquidate le spese processuali (Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, Rv. 281960 – 03);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 23 aprile 2024.