Messa alla Prova e Precedenti Penali: La Cassazione Conferma il Potere del Giudice
L’istituto della messa alla prova rappresenta una fondamentale opportunità di risocializzazione per l’imputato, ma il suo accesso non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19892/2024) ha ribadito un principio cruciale: la presenza di significativi precedenti penali può legittimamente fondare la decisione del giudice di negare questo beneficio, in virtù di un giudizio prognostico negativo. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo alla pena di tre mesi di arresto e 450,00 euro di ammenda per un reato previsto dalla legge sul controllo delle armi (art. 4, L. 110/1975). La decisione era stata confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, durante il processo, aveva richiesto di essere ammesso alla messa alla prova, ma tale istanza era stata respinta.
Il Diniego della Messa alla Prova e il Ricorso in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una presunta carenza di motivazione nella sentenza d’appello che aveva confermato il diniego della messa alla prova. Secondo la difesa, il giudice non avrebbe adeguatamente giustificato le ragioni del rigetto. Il fulcro del ricorso era, di fatto, una richiesta di riesaminare nel merito la valutazione compiuta dai giudici dei gradi precedenti sulla personalità dell’imputato.
La Corte di merito, infatti, aveva basato la propria decisione negativa sulla cosiddetta “elevata caratura criminale” dell’imputato, desunta dai suoi numerosi e significativi precedenti penali.
Le Motivazioni della Cassazione: il Giudizio Prognostico è Discrezionale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sul ruolo del giudice nel concedere la messa alla prova. Gli Ermellini hanno sottolineato che l’ammissione a questo istituto non è un diritto automatico, ma è subordinata a un vaglio discrezionale del giudice di merito.
Questo vaglio si concretizza in un “giudizio prognostico”, ovvero una valutazione previsionale sulla possibilità di rieducazione e reinserimento sociale dell’interessato. Per formulare questo giudizio, il giudice si avvale degli indicatori forniti dall’art. 133 del codice penale, tra cui rientrano proprio i precedenti penali e, più in generale, la condotta di vita del soggetto. Se da questi elementi emerge una personalità incline a delinquere e un concreto rischio di recidiva, il giudice può legittimamente ritenere che l’imputato non si asterrà dal commettere ulteriori reati, negando di conseguenza il beneficio.
La Suprema Corte ha ribadito che, quando questa valutazione è supportata da una motivazione logica e coerente – come nel caso di specie, dove si faceva riferimento ai numerosi precedenti – essa non può essere messa in discussione in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, si traduceva in una richiesta di rivalutazione dei fatti, compito che non spetta alla Cassazione.
Le Conclusioni
La decisione in commento conferma un orientamento consolidato: i precedenti penali hanno un peso determinante nella valutazione per la concessione della messa alla prova. Sebbene non costituiscano un ostacolo assoluto, essi rappresentano un indicatore fondamentale per il giudice, chiamato a compiere una prognosi sul futuro comportamento dell’imputato. Un passato criminale denso e significativo può quindi essere considerato un elemento sufficiente a giustificare un diniego, chiudendo la porta a un istituto che presuppone una concreta speranza di rieducazione e recupero sociale. Di conseguenza, la scelta del giudice di merito, se ben motivata, è insindacabile in Cassazione.
Avere precedenti penali impedisce sempre di ottenere la messa alla prova?
No, non automaticamente. Tuttavia, la decisione è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, il quale può negare la messa alla prova se i precedenti penali sono tali da delineare un’elevata caratura criminale e suggerire una prognosi negativa sulla futura condotta dell’imputato.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare un errore di diritto, chiedeva un riesame del merito della vicenda, ovvero una nuova valutazione sulla personalità dell’imputato. La Cassazione ha ritenuto che la motivazione della corte d’appello, basata sui precedenti penali, fosse logica e sufficiente, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.
Cosa significa ‘giudizio prognostico’ nel contesto della messa alla prova?
Significa che il giudice deve effettuare una previsione sul futuro comportamento dell’imputato. Valutando elementi come i precedenti penali e la condotta di vita (ai sensi dell’art. 133 c.p.), il giudice cerca di stabilire se vi sia una concreta possibilità che l’interessato si rieduchi e si astenga dal commettere nuovi reati in futuro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19892 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19892 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 18 dicembre 2023, con cui la Corte di appello di Salerno confermava la decisione impugnata, con cui NOME era stato condannato alla pena di tre mesi di arresto e 450,00 euro di ammenda, per il reato di cui all’art. 4 legge 18 dicembre 1975, n. 110.
Ritenuto che il ricorso in esame, articolato in un’unica doglianza, postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Salerno, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227-01; Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988-01).
Ritenuto che l’impossibilità di concedere a NOME la messa alla prova, sul cui diniego si incentra il ricorso in esame, veniva giustificata dall’elevata caratura criminale dell’imputato, attestata dai numerosi precedenti penali, sui quali la Corte di merito si soffermava, in termini congrui.
Tali conclusioni appaiono rispettose della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’ammissione dell’imputato alla messa alla prova è subordinata «al vaglio discrezionale del giudice di merito circa la possibilità di rieducazione e di inserimento dell’interessato nella vita sociale ed è espressione di un giudizio prognostico, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione, condotto sulla scorta dei molteplici indicatori desunti dall’art. 133 cod. pen. sulla cui base ritenere che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati» (Sez. 6, n. 37346 del 14/09/2022, COGNOME, Rv. 283883 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.