Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26258 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26258 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Portogruaro avverso la sentenza del 12/04/2023 della Corte di appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN’ FATTO
Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Trieste ha confermato la condanna del Tribunale di Pordenone, emessa nei confronti di NOME COGNOME per il reato di evasione, previo rigetto della richiesta di messa alla prova.
Avverso detta pronuncia ha presentato ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore, deducendo quattro motivi di seguito articolati.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge, con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., in quanto il difensore dell’imputato non aveva ricevuto le conclusioni del Procuratore generale nel procedimento cartolare d’appello, questione sollevata sia con le proprie conclusioni, sia con apposita pec il giorno dell’udienza, così da risultare compromesso il diritto di difesa e determinare la nullii:à della sentenza.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 168-bis cod. pen. e 464-bis cod. proc. pen. in quanto la Corte di appello aveva rigettato la richiesta di messa alla prova in base ai soli precedenti penali dell’imputato, come già avvenuto dinanzi al giudice di primo grado, senza tenere conto della condotta processuale collaborativa di COGNOME, oltre che dei documenti utili per una prognosi favorevole nei suoi confronti. In sostanza, si è trattato di una valutazione che, senza esaminare la risalenza dei precedenti, non ha considerato i parametri di cui all’art. 133 cod. pen. e il programma di trattamento presentato, tanto da avere omesso la motivazione richiesta dalla norma.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 131-bis cod. pen., in quanto la Corte di appello aveva ritenuto insussistenti i presupposti della causa di non punibilità in base ai soli precedenti penali dell’imputato e all’ assenza di particolare tenuità della sua condotta, così violando l’interpretazione della nozione di abitualità offer:a dalla Corte di cassazione (in particolare da ultimo la sentenza Sez. 4, n. 8302 del 2022) che non prevede alcun automatismo e ritiene non preclusiva l’esistenza di precedenti penali.
2.4. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione, in relazione all’art. 53 I. n. 689 del 1981 in quanto la Corte di appello aveva preterrnesso la richiesta difensiva, avanzata con le conclusioni scritte del 7 aprile 2023, di sostituzione della pena detentiva con quella dei lavori di pubblica utilità.
3.11 giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, come successivamente prorogato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
2.11 primo motivo di ricorso è aspecifico.
Dagli atti del fascicolo, esaminati dal Collegio trattandosi della deduzione di un error in procedendo, risulta che nel presente giudizio di appello, svoltosi a trattazione scritta ex art. 598-bis cod. proc. pen., la difesa, con pec del 7 aprile 2023, rappresentava di non avere ricevuto le conclusioni del Procuratore generale presso la Corte di appello e il giorno dell’udienza (12 aprile 2024) ribadiva, sempre con pec, tale assenza.
Seppure la Corte di appello abbia dato atto, nell’intestazione della sentenza, che dette conclusioni fossero state formulate, agli atti del fascicolo non risulta che il Procuratore generale le avesse depositate né il difensore le ha altrimenti allegate, tanto da rendere la relativa eccezione priva di riscontro fattuale.
3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha basato il rigetto della richiesta di ammissione alla messa alla prova dell’imputato sull’esistenza di precedenti, anche specifici, di cui il prevenuto è gravato e sull’apprezzamento negativo della sua personalità desunta dall’avere commesso il delitto durante un permesso premio, violandone le prescrizioni.
Si tratta di una valutazione di merito che, in quanto fondata su elementi obiettivi e idonei a fondare una prognosi sfavorevole circa il rischio di recidiva, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015, Quiroz, Rv. 266299, in cui in motivazione è stato precisato che anche la presenza di un solo precedente penale specifico può essere discrezionalmente considerata dal giudice circostanza valorizzabile in senso negativo nella stima della prognosi).
Come ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte deve ritenersi applicabile il principio secondo cui l’ammissione alla messa alla prova dell’imputato, previa sospensione del processo, è subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito circa la possibilità di rieducazione e di inserimento del soggetto nella vita sociale, tanto da costituire espressione di un giudizio prognostico, insindacabile in sede di legittimità, se sorretto, come nella specie, da adeguata motivazione, perchè operato sulla scorta di molteplici indicatori, desunti dall’art. 133 cod. pen., inerenti sia le modalità della condotta che la personalità del reo, sulla cui base ritenere che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati, come richiesto dall’art. 464-bis, comma 3, cod. proc. pen. (così, tra le altre, Sez. 6, n. 37346 del 14/09/2022, Boudraa, Rv. 283883).
Né rilevano, come chiesto dal ricorso, elementi quali la generica condotta processuale collaborativa di COGNOME, rimasta priva di riscontro, o la produzione di un contratto di affitto e di documenti dimostrativi della ricerca di un lavoro, che costituiscono elementi indefiniti e, dunque, regressivi, rispetto alle condotte accertate che escludono una prognosi positiva in quanto ccmmesse nell’unico momento in cui il ricorrente ha beneficiato della libertà: peraltro, con l’indicazione di tali dati nel ricorso, si è finito per sollecitare la ridefinizione di una question fatto, che è operazione non consentita in sede di legittimità.
Negli stessi termini si deve concludere rispetto al programma trattamentale predisposto dall’UEPE, in quanto questo deve essere valutato dal giudice soltanto se risulti integrata la prima condizione (Sez. 4, n. 8158 del 13/02/2020, Cattareggia, Rv. 278602).
4. Il terzo motivo di ricorso è generico.
La sentenza impugnata ha ritenuto di ostacolo al riconoscimento della causa di non punibilità il comportamento abituale del ricorrente desunto dalla commissione di più reati della stessa indole, ai sensi dell’art. 101 cod. pen., che costituisce condizione ostativa ai sensi dell’art. 131-bis, quarto comma, cod. pen.
La Corte di merito, oltre a menzionare la pluralità di precedenti dell’imputato, di per sé indicativi dell’abitualità, ha rappresentato anche che questi fossero specifici, così da spiegare la comunanza di indole con quello per cui si procede e in piena linea con la sentenza di questa Corte, menzionata dal ricorso (Sez. 4, n. 8302 del 23/11/2021, dep. 2022, Colombo, non mass.), che censurava la pronuncia impugnata per avere fatto generico richiamo ai soli precedenti dell’imputato che, diversamente dal caso in esame, non risultavano specifici.
5. Il quarto motivo è anch’esso generico.
Il ricorso non si è in alcun modo confrontato con gli argomenti della sentenza impugnata che ha correttamente rigettato la richiesta di sostituzione della pena con quella dei lavori di pubblica utilità in presenza della condizione ostativa prevista dall’art. 59, lett. a), I. n. 689 del 1981, atteso che COGNOME ha commesso il delitto durante l’esecuzione della detenzione domiciliare.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e i ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 29 maggio 2024
La Consigliera estensora
Il Prid y i7te