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Messa alla prova lottizzazione abusiva: le condizioni

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di estinzione del reato per lottizzazione abusiva, concessa a seguito di messa alla prova. La Corte ha stabilito che la ‘messa alla prova per lottizzazione abusiva’ è illegittima se non prevede, come condizione essenziale e non sostituibile, l’effettiva eliminazione delle conseguenze dannose del reato, come la demolizione delle opere abusive. Il solo svolgimento di lavori di pubblica utilità non è sufficiente. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla Prova per Lottizzazione Abusiva: Obbligatorio Ripristinare i Luoghi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19329/2025, ha affermato un principio cruciale in materia di reati edilizi, stabilendo che la messa alla prova per lottizzazione abusiva non può essere concessa senza l’effettiva eliminazione delle conseguenze dannose del reato. Questa decisione sottolinea come il ripristino dello stato dei luoghi sia una condizione imprescindibile per accedere a questo istituto deflattivo del processo penale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento per lottizzazione abusiva commessa in una nota località turistica. Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova a cui erano stati ammessi gli imputati. Il programma di prova prevedeva esclusivamente lo svolgimento di lavori di pubblica utilità presso alcune associazioni di volontariato.

Contro questa decisione, il Procuratore generale ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando che l’ordinanza di ammissione alla prova e la successiva sentenza fossero illegittime. Il motivo? Il Tribunale non aveva verificato né imposto agli imputati la condizione fondamentale richiesta dalla legge: l’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, ovvero il ripristino dell’assetto urbanistico violato.

Il Ricorso del Procuratore e la Messa alla Prova Lottizzazione Abusiva

Il cuore dell’impugnazione del Procuratore si concentrava sulla violazione dell’articolo 168 bis del codice penale. Secondo l’accusa, il giudice di merito aveva omesso un controllo fondamentale. Prima di ammettere gli imputati alla prova e, successivamente, di dichiarare estinto il reato, avrebbe dovuto accertare che gli effetti dannosi della lottizzazione abusiva fossero stati cancellati.

In sostanza, il programma di prova, limitandosi al volontariato, ignorava l’obbligo primario di porre in essere le cosiddette “condotte riparatorie”. La difesa degli imputati aveva prodotto una comunicazione di ottemperanza inviata al Comune, sostenendo che il ripristino fosse avvenuto, ma tale documento non era stato ritenuto prova sufficiente di un’effettiva verifica da parte dell’autorità giudiziaria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni del Procuratore, ritenendo il ricorso fondato e annullando la sentenza impugnata.

Il Principio Cardine: Le Condotte Riparatorie sono Essenziali

La Cassazione ha ribadito che, ai sensi dell’art. 168 bis c.p., la messa alla prova comporta necessariamente la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Questo è un elemento indefettibile, non surrogabile da altre attività. Per un reato come la messa alla prova per lottizzazione abusiva, ciò si traduce in un obbligo specifico: ripristinare l’assetto urbanistico violato, ad esempio tramite la demolizione delle opere o, se possibile, la loro riconduzione a legalità tramite sanatoria.

Lavoro di Pubblica Utilità non Basta

I giudici hanno chiarito che il lavoro di pubblica utilità e l’affidamento al servizio sociale sono prescrizioni “aggiuntive” e non “alternative” alle condotte riparatorie. La legge stessa le definisce tali, usando termini come «altresì» e «inoltre». Pertanto, un programma di prova che preveda solo il volontariato, omettendo il ripristino dei luoghi, è da considerarsi illegittimo perché privo del suo contenuto essenziale.

La Necessità di un Accertamento Effettivo

Un altro punto fondamentale della sentenza riguarda il ruolo del giudice. Non è sufficiente una mera dichiarazione dell’imputato o una semplice comunicazione inviata a un ente. Il giudice ha il dovere di operare un “corretto controllo”, anche attraverso verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo di eliminare le conseguenze del reato edilizio. Dichiarare l’estinzione del reato in presenza di abusi non demoliti o sanati è inammissibile.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio sia l’ordinanza di ammissione alla prova sia la successiva sentenza di estinzione del reato. Gli atti sono stati trasmessi nuovamente al Tribunale per l’ulteriore corso del procedimento. Questa sentenza ribadisce con forza che la messa alla prova per lottizzazione abusiva non è una scorciatoia, ma un percorso che esige, come primo e ineludibile passo, la completa riparazione del danno arrecato al territorio.

È sufficiente svolgere lavori di pubblica utilità per ottenere la messa alla prova per il reato di lottizzazione abusiva?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il lavoro di pubblica utilità è una prescrizione aggiuntiva. La condizione principale e non sostituibile è l’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, come la demolizione delle opere abusive o la loro sanatoria.

Cosa deve verificare il giudice prima di concedere la messa alla prova per un reato edilizio?
Il giudice deve effettuare un controllo effettivo e approfondito per accertare che l’imputato abbia integralmente ripristinato l’assetto urbanistico violato. Una semplice comunicazione dell’imputato non è sufficiente; sono necessarie verifiche concrete.

Il Pubblico Ministero può impugnare una sentenza di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova?
Sì. La Corte ha confermato che il Procuratore generale è legittimato a impugnare con ricorso per cassazione sia l’ordinanza di ammissione alla prova (soprattutto se non comunicata), sia la successiva sentenza che dichiara estinto il reato, qualora ritenga che la legge non sia stata applicata correttamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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