Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11113 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11113 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Mesagne il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/02/2023 della Corte di appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza dell’08 febbraio 2023 con la quale la Corte di Appello di Lecce, ha confermato la sentenza emessa, in data 15 marzo 2017, con la quale il Tribunale di Lecce, lo ha condannato alla pena di anni 3 di reclusione ed euro 3.500,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 178, 523 e 602 cod. proc. pen.
La Corte territoriale avrebbe definito il giudizio senza permettere al difensore di concludere e senza procedere alla fissazione di apposita udienza ex art. 464quater, comma 1, cod. proc. pen. stante la richiesta di ammissione alla messa alla prova avanzata dalla difesa.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta carenza della motivazione in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di argomentare in ordine alla richiesta di ammissione alla messa alla prova avanzata dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro interdipendenza, sono al contempo manifestamente infondati e dedotti in carenza di interesse.
1.1. L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, all’udienza dell’08 febbraio 2023 le parti hanno rassegnato le rispettive conclusioni con conseguente manifesta infondatezza della prima doglianza difensiva.
1.2. Deve essere, inoltre, rimarcato che, come correttamente affermato dal ricorrente, la Corte di merito non ha fissato udienza ex art. 464-quater, comma 1, cod. proc. pen. e non ha argomentato alcunché in ordine alla richiesta di messa alla prova, non risultando dalla sentenza alcuna motivazione al riguardo; questa constatazione, tuttavia, deve esser letta in relazione al contenuto della richiesta medesima, dovendosi apprezzare se la stessa rispondesse ai richiesti canoni di ammissibilità.
Ebbene, la risposta a tale verifica risulta certamente negativa atteso che la richiesta di messa alla prova è stata tardivamente richiesta solo nel corso del giudizio di appello con conseguente violazione di quanto previsto dall’art. 464bis, comma 2, cod. proc. pen.
La sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere richiesta dall’imputato nel corso del giudizio di appello, dal momento che l’istituto è stato costruito dal legislatore in alternativa alla celebrazione di ogni tipologia di giudizio di merito, già dal primo grado. Si tratta, quindi, come correttamente è stato affermato da questa Corte, di procedura e opportunità assolutamente incompatibile con alcun giudizio di impugnazione (vedi Sez. 4, n. 43009 del 30/09/2015, Zoni, Rv. 265331 – 01; Sez. 7, Ordinanza n. 12425 del 22/02/2023, COGNOME, non massimata).
1.3. Il riferimento -contenuto nel ricorso- all’art. 90 del d.l.gs. 150/2022 non è conferente in considerazione del fatto che la disciplina transitoria prevista dalla legge Cartabia trova applicazione esclusivamente in relazione alle ipotesi di reato in relazione alle quali l’istituto della messa alla prova è divenuto applicabile ai sensi dell’art. 32 del citato decreto legislativo.
Orbene, il reato di ricettazione contestato al NOME rientra tra i reati per i quali l’art. 550 cod. proc. pen. prevede la citazione diretta a giudizio con
conseguente applicabilità dell’istituto della messa alla prova anche in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.l.gs. 150/2022 in considerazione dell’espresso richiamo all’art. 550 cod. proc. pen. contenuto nell’art. 168-bis cod. pen.
Deve essere, pertanto, ribadito che la riapertura dei termini per richiedere la messa alla prova in pendenza del procedimento innanzi alla Corte di appello, all’indomani dell’entrata in vigore della riforma, deve intendersi limitata ai casi interessati dall’ampliamento di cui all’art. 32 d.l.gs. 150/2022 (vedi Sez. 4, n. 657 del 07/12/2023, COGNOME, non massimata).
1.4. Tutto ciò premesso deve ribadirsi il principio di diritto in forza del quale è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che non abbia motivato in ordine ad una doglianza inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della stessa non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (vedi Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Rv. 277281 – 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Rv. 276745 – 01), di conseguenza l’omessa motivazione in ordine alle ragioni del mancato accoglimento della richiesta avanzata nel corso del giudizio di appello non è censurabile in questa sede in quanto l’istituto della messa alla prova non sarebbe applicabile in un eventuale giudizio di rinvio stante l’accertata tardività della richiesta e la conseguente inammissibilità della stessa.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2024
Il Consipr estepsa-r-e
La Presidente