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Messa alla Prova in Appello: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. L’imputato lamentava il mancato accoglimento della richiesta di Messa alla Prova in Appello. La Corte ha chiarito che tale istituto è un’alternativa al processo di primo grado e non può essere richiesto per la prima volta in fase di impugnazione. La richiesta tardiva rende il ricorso inammissibile per carenza di interesse, anche se la corte d’appello non ha motivato il rigetto.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla Prova in Appello: quando la richiesta è inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11113/2024) ribadisce un principio fondamentale in materia processuale: la richiesta di Messa alla Prova in Appello, se presentata per la prima volta in quella sede, è irrimediabilmente tardiva e, di conseguenza, inammissibile. Questa decisione offre spunti cruciali sui termini per accedere a questo importante istituto deflattivo del processo penale, anche alla luce della Riforma Cartabia.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), confermata sia in primo grado dal Tribunale sia successivamente dalla Corte di Appello. La pena inflitta era di tre anni di reclusione e 3.500 euro di multa. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso: Messa alla Prova in Appello e Presunte Violazioni

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, una violazione delle norme procedurali, sostenendo che la Corte territoriale avesse definito il giudizio senza consentire al suo difensore di formulare le conclusioni e senza fissare un’udienza specifica per discutere la richiesta di ammissione alla messa alla prova. In secondo luogo, contestava la carenza di motivazione della sentenza d’appello proprio in relazione al mancato accoglimento di tale richiesta.

La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, basando la loro decisione su principi procedurali consolidati.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito la questione con argomentazioni lineari e precise. In primo luogo, un semplice accesso agli atti processuali ha dimostrato che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, le parti avevano regolarmente rassegnato le proprie conclusioni durante l’udienza d’appello, rendendo la prima doglianza palesemente infondata.

Il punto centrale della sentenza, tuttavia, riguarda la Messa alla Prova in Appello. La Corte ha ribadito un principio cardine: la sospensione del procedimento con messa alla prova è un istituto concepito dal legislatore come alternativa alla celebrazione del giudizio di merito di primo grado. Di conseguenza, la relativa richiesta non può essere avanzata per la prima volta nel corso di un giudizio di impugnazione.

La Cassazione ha sottolineato che la richiesta era stata avanzata tardivamente, violando l’art. 464-bis, comma 2, c.p.p. La procedura e l’opportunità offerte dalla messa alla prova sono, per loro natura, incompatibili con una fase processuale avanzata come quella dell’appello, dove il merito della causa è già stato vagliato una volta.

Il ricorrente aveva tentato di fare leva sulle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), ma la Corte ha specificato che la disciplina transitoria, che consentiva una riapertura dei termini per la richiesta, era limitata esclusivamente ai reati per i quali la messa alla prova era diventata applicabile solo a seguito della riforma. Il reato di ricettazione, contestato all’imputato, rientrava già prima della riforma tra quelli per cui era possibile accedere all’istituto. Pertanto, l’imputato avrebbe dovuto presentare la richiesta nei termini corretti, ovvero in primo grado.

Infine, la Corte ha stabilito un principio di diritto cruciale: è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione avverso una sentenza che non abbia motivato una doglianza a sua volta inammissibile (come la richiesta tardiva di messa alla prova). L’eventuale accoglimento del ricorso, infatti, non porterebbe ad alcun esito favorevole in un ipotetico giudizio di rinvio, poiché la richiesta rimarrebbe comunque tardiva e inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: i termini per richiedere la messa alla prova sono perentori. La richiesta deve essere formulata prima dell’apertura del dibattimento di primo grado o comunque entro i limiti temporali previsti per i riti alternativi. Sperare di poter accedere a questo beneficio per la prima volta in appello è una strategia processuale destinata al fallimento. La decisione della Cassazione serve da monito sull’importanza di rispettare le scansioni procedurali, evidenziando come l’istituto della messa alla prova sia uno strumento del giudizio di merito, non un rimedio esperibile in sede di impugnazione.

È possibile richiedere la messa alla prova per la prima volta durante il processo di appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di messa alla prova è un’alternativa al giudizio di merito e deve essere presentata nel corso del giudizio di primo grado. È un istituto incompatibile con il giudizio di impugnazione.

La Riforma Cartabia ha cambiato le regole per richiedere la messa alla prova in appello per reati come la ricettazione?
No. Sebbene la Riforma Cartabia abbia ampliato i reati per cui è possibile la messa alla prova, le disposizioni transitorie per richiederla in appello si applicano solo ai reati che prima erano esclusi. La ricettazione era già ammissibile prima della riforma, quindi la richiesta andava fatta nei termini ordinari, ovvero in primo grado.

Cosa succede se la Corte d’Appello non motiva il rigetto di una richiesta di messa alla prova inammissibile?
Secondo la Cassazione, l’omessa motivazione su una richiesta originariamente inammissibile (perché tardiva) non costituisce un vizio della sentenza. Il ricorso basato su tale omissione è a sua volta inammissibile per carenza di interesse, in quanto un nuovo giudizio non potrebbe comunque accogliere la richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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