Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4926 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4926 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a UDINE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio per difetto di querela quanto ai reati sub A), B) e C), annullamento con rinvio relativamente all’istanza di “messa alla prova” quanto ai reati sub E) ed F). Rigetto per il resto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 498 del 21 marzo 2023, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME, e NOME COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva ritenuti responsabili:
gli stessi appellanti unitamente a 3030A COGNOME NOME, del reato previsto dagli artt. 110, 624, 625 nn. 4) e 5) c.p., perché, in concorso tra loro ed al fine di trarne profitto, all’interno del RAGIONE_SOCIALE di
COGNOME, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE, distraendo la commessa, si erano impossessati di un telefono cellulare riposto vicino al bancone della cassa;
b) 3030A COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME del reato previsto dagli artt. 110, 624, 625 nn. 4) e 5) c.p., perché in concorso tra di loro ed al fine di trarne profitto all’interno del RAGIONE_SOCIALE di COGNOME, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE, commettendo violenza sulle cose per privare capi di abbigliamento esposti alla pubblica fede della placca antitaccheggio, si erano impossessati di tre capi di abbigliamento esposti per la vendita alla pubblica fede;
NOME COGNOME NOME e NOME NOME del reato previsto dagli artt. 110, 624, 625 cod. pen., perché in concorso tra di loro ed al fine di trarne profitto all’interno del RAGIONE_SOCIALE di COGNOME, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE-agendo con destrezza ( si erano impossessati di un telefono cellulare;
NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME, .lojoa NOME NOME e COGNOME NOME, del reato previsto dagli artt. 56, 110, 624bis, commi 1 e 3, 625 nn. 2) e 5) cod. pen., perché, in concorso tra loro ed al fine di trarne profitto, compivano atti idonei ad impossessarsi di beni all’interno di una palazzina condominiale di cui avevano forzato il portone, non ponendo terminare l’attività criminosa in ragione dell’intervento di alcune maestre del vicino asilo che iniziavano a riprenderli con il cellulare;
del reato previsto dagli artt. 110, 624-bis, commi 1 e 3, 625 n. 5) cod. pen., perché, in concorso tra loro ed al fine di trarne profitto, si erano impossessati di cinque orologi marca Casio ed uno Fossil, consolle X-BOX 360 con due joystick, un telefono cellulare Huawey Mate 10 pro, un braccialetto in oro bianco marca Tezenis, un paio di occhiali, uno zaino marca Zara ed una tessera bancomat, sottraendoli al proprietario previa introduzione nell’abitazione di NOME COGNOME NOME, sita in Palmanova. Reato aggravato dall’essere il reato stato commesso da più di tre persone;
del reato previsto dagli artt. 110, 624-bis commi 1 e 3, 625 n. 5 cod. pen., perché, in concorso tra loro ed al fine di trarne profitto, si erano impossessati di oggetti (consolle Playstation ed orologio marca Casio) sottraendoli al proprietario, previa introduzione nell’abitazione e commettendo il reato, in più persone, forzando la porta posteriore.
La Corte d’appello ha rigettato il motivo d’appello relativo al diniego, per NOME COGNOME, della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, affermando che, ai sensi dell’art. 168-bis cod. pen., la sospensione con messa alla prova è concedibile per i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’art. 550
cod. proc. pen., per cui alla richiesta ostava la contestazione del reato di furto in abitazione (art. 624bis cod.pen.), punito con la reclusione da 4 a 7 anni e con la multa da Euro 927 a Euro 1500, non essendo compreso peraltro nell’elenco di cui all’art. 550 cod. proc. pen.
Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto corretto il ragionamento svolto dal primo giudice quanto alla sussistenza di valida prova circa i reati sub capo a), b) c) d) e) ed f), come emerso, oltre che dalle querele delle persone offese, anche dai movimenti dell’autovettura Chevrolet Cruze intestata alla COGNOME, rilevati dal GPS, e dai riscontri dei telefoni cellulari e dei video ripresi dalle telecamere dei negozi, ed ha quindi disatteso il motivo d’impugnazione tendente all’annullamento della affermazione di responsabilità degli appellanti.
Quanto, poi, al motivo relativo all’eccessività della pena di anni cinque di reclusione ed Euro 1200 di multa, di cui al capo f), in riferimento alla condotta della Tiburzi, la Corte di appello ha ritenuto che lo scostamento dal minimo, di poco superato, fosse giustificato dalla elevata capacità criminale dell’imputata, desumibile da una sequela di azioni criminose compiute in breve lasso temporale. Quanto agli altri imputati, la Corte ha ritenuto giustificato Io scostamento dal minimo in ragione dell’elevata capacità criminale, il dolo intenso ed il comportamento successivo al reato.
Avverso tale sentenza A, ricorre per cassazione l’AVV_NOTAIO COGNOME, quale difensore di fiducia di NOME COGNOME, sulla base di due motivi, che vengono esplicitati nei limiti di quanto rileva per la motivazione (art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) nei seguenti termini:
vizio di motivazione (art. 606, comma 1 lettere b) ed e) cod. proc. pen), per l’erronea applicazione dell’art. 168 bis c.p., in relazione all’art. 550 c.p.p., ordine al rigetto della richiesta di annullamento dell’ordinanza predibattimentale di sospensione del procedimento con la messa alla prova e conseguente carenza di motivazione; sostiene la ricorrente di aver riproposto in appello l’istanza, respinta dal Tribunale per prognosi negativa circa l’astensione dalla commissione di ulteriori reati, nel rispetto del principio espresso dalla giurisprudenza d legittimità (Sez. 5 n. 37251/2022; Sez. 5, n. 43958 del 12/05/2017), secondo cui l’istanza in oggetto è proponibile anche in relazione al reato previsto dall’art. 624bis cod. pen., per il quale si procede in rito con citazione diretta a giudizio;
vizio di motivazione (art. 606, comma 1 lettere b) ed e) c.p.p.), per la mancata applicazione del nuovo regime introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022 e conseguente alla mancata declaratoria di non doversi procedere a norma dell’art.
129 c.p. stante il difetto di querela per i reati di furto ex art. 624 bis c. ai capi e) ed f) della rubrica.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento senza rinvio, per difetto di querela, per i reati contestati sub e c), l’annullamento con rinvio quanto all’istanza di “messa alla prova”, per i sub e) ed f). Rigetto per il resto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
7. Il primo motivo è fondato.
Occorre in primo luogo rilevare che la Corte d’appello ha respin l’impugnazione dell’ordinanza di diniego della misura della sospensione d procedimento con messa alla prova, per ragioni legate esclusivamente all presenza di reati ostativi, senza effettuare valutazioni sulla prognosi favor relativa alla possibilità di reinserimento dell’imputata.
Quanto al profilo esaminato dalla sentenza impugnata, va osservato che i lk secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione (vd. da ultim Sez. 5, n. 31757 del 17/05/2023, COGNOME, che ha confermato l’orientamento espresso da Sez. 5, n. 37251 del 16/06/2022,. COGNOME e da Sez. 5, n. 43958 d 12/05/2017, Verdicchio, Rv. 271610), la fattispecie incriminatrice di cui all 624-bis c.p. rientra nel novero dei reati per i quali è ammessa l’opera dell’istituto della sospensione del processo per messa alla prova, dal momento c questo è applicabile ai reati per i quali si procede con citazione d tol iiiiTW nc
Si è rilevato infatti che l’incremento sanzic:Inatorio operato, in relazione a 624-bis, dall’art. 5, comma 1, lett. a) della L. n. 36 del 2019, comunque conduce, anche con riguardo all’ipotesi aggravata prevista dal comma 3, ad un pena detentiva massima superiore a quella prevista dall’ultimo comma dell’ar 625 c.p. (dieci anni di reclusione).
Come ricordato già da Sez. 4 n. 1792 del 16/10/2018, dep. 2019, Nastasi, Rv. 275078, la selezione dei reati operata con il comma 2 dell’art. 550 cod. p pen. trae origine non tanto da una minore gravità degli stessi (si veda la v dei livelli sanzionatori corrispondenti alle diverse fattispecie e l’entità de determinata dalla inclusione del delitto di cui agli artt. 624 e 625 cod.pen. da valutazioni di tipo economicistico e di funzionalità organizzativa, sembrando superabile l’obiezione secondo la quale non è possibile stabilire al rapporto di proporzionalità diretta tra entità della pena e comple dell’accertamento del reato. Da ciò si è fatto discendere che non sono limi variazioni della pena che possono incidere su quelle valutazioni, aventi nel fuoco l’identità tipologica del reato (inteso come furto, indicato dall’a cod.proc.pen. nel genus con il richiamo dell’art. 625 cod.pen.), anche in
considerazione di aspetti sociali o criminologici ritenuti meritevoli di considerazione da parte del legislatore.
L’art. 1, comma 22, lett. a) della L. n. 134 del 2021, ha attribuito al legislatore delegato il potere di estendere l’ambito di applicabilità della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, oltre ai casi previsti dall’art. 550, comma 2, del codice di procedura penale, a ulteriori specifici reati, puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, che si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori, da parte dell’autore, compatibili con l’istitut
La previsione, pertanto, fa espressamente salve le ipotesi previste dall’art. 550, comma 2, del codice di rito tra le quali, alla luce della consolidata giurisprudenza della quale s’è detto, rientra il reato previsto dall’art. 624-bis cod. pen.
8. Va inoltre rilevato, in relazione alla richiesta dal pubblico ministero, che non può essere rilevata l’assenza della querela per i reati di cui ai capi da a) a c) del capo d’imputazione. Invero, la ricorrente, con il primo motivo, ha impugnato la sentenza emessa dalla Corte di appello di Trieste con riguardo alla condanna relativa a tutte le imputazioni, comprendendo le stesse i capi da a) a c) variamente aggravati dall’impiego di mezzo fraudolento, dalla violenza sulle cose, dall’essere in più di tre persone, dalla esposizione del bene alla pubblica fede nonché i furti in abitazione di cui ai capi e) ed f), aggravati dall’uso di violenz sulla cosa in più di tre persone.
Quanto, in particolare, ai capi a), b) e c), mentre per i rimanenti si dirà trattando il secondo motivo, è vero che la riforma Cartabia, ridefinendo le ipotesi di procedibilità d’ufficio ed a querela del furto, ha limitato la prima al caratte pubblicistico dell’interesse sul quale si basa la circostanza aggravante. Dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma, in particolare, la procedibilità d’ufficio residua solo nelle ipotesi di furto aggravato perché commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza (art. 625, n.7, cod.pen., esclusa l’ipotesi dell’esposizione della res alla pubblica fede) o perché commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi d trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggett pubblici o da privati in regime di concessione pubblica (art. 625, n. 7bis, cod.pen.), oltre che nelle ipotesi, sia semplici che aggravate, in cui la persona offesa è incapace, per età o per infermità.
Pertanto, ricadono nell’area della perseguibilità a querela le condotte contestate con riguardo ai fatti di cui ai capi a), b) e c), posto che la riforma applica anche ai fatti commessi prima del 30 dicembre 2022 perché, pure in
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assenza di una disposizione transitoria ad hoc, occorre considerare la natura mista, sostanziale , della querela (Ser. 5 n. 22641 del 21 aprile 2023, COGNOME). Il d.lgs. del 10.10.2022, n. 150 è entrato in vigore il 30.12.2022, ai sensi dell’art. 99 bis del medesimo decreto, introdotto dal decreto legge del 31.10.2022, n. 162, convertito con modificazioni in legge :30.12.2022, n. 199.
Ai sensi dell’art. 85, d. Igs. 10.10.2022, n. 150, per i reati perseguibili querela della persona offesa in base alle disposizioni del decreto stesso, commessi prima della data della sua entrata in vigore, il termine per la presentazione della querela decorre dalla già menzionata data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato,
Nel caso di specie, tuttavia, non viene in rilievo tale questione di diritt transitorio, in ragione del fatto che la sentenza impugnata dà esplicitamente atto della esistenza delle querele presentate dalle parti offese (si vedano le indicazioni di cui alle pagine 2 e 3 ove le querele delle persone offese sono elencate tra le fonti di prova considerate anche dal Tribunale), né la mancanza delle stesse querele è stata adombrata dalla stessa imputata.
9. Il secondo motivo è infondato.
Come si è sopra evidenziato, la procedibilità d’ufficio, che caratterizzava le ipotesi di furto aggravate di cui all’art. 625 c:od.pen., per effetto delle previsio del d.lgs. n. 150 del 2022, è stata limitata alle sole ipotesi in cui la persona offesa sia incapace, per età o per infermità, ovvero ricorra taluna delle circostanze previste ai n. 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7 bis dell’art. 625 cod.pen. In tutte le altre ipotesi aggravate ex art. 61 n. 7 625 cod.pen. la procedibilità è a querela di parte.
Tra i delitti contro il patrimonio trasformati a querela di parte, non va quindi annoverato il delitto contestato alla ricorrente sub e) ed f) che è appunto quello previsto e punito dall’art. 624-bis, commi 1 e 3, e 625 n.5) cod. pen., furto in appartamento aggravato dall’essere commesso da più persone, che non rientra nella nuova definizione indicata dal legislatore.
Pertanto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va annullata in parte qua con rinvio alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione affinché si effettuino le ulteriori valutazioni, dovendo ricordarsi che l’ammissione dell’imputato maggiorenne alla messa alla prova è subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito circa la possibilità di rieducazione e di inserimento dell’interessato nella vita sociale ed è espressione di un giudizio prognostico, insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, condotto sulla scorta dei molteplici indicatori desunti dall’art. 133 cod.pen., inerenti sia alle modalità della condotta che alla personalità del reo, sulla
cui base ritenere che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. (Sez. 6 n. 37346 del 14/09/2022, Rv. 283883).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata ammissione alla messa alla prova e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste. Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2023.