Messa alla prova: la Cassazione chiarisce i limiti di pena
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale per l’applicazione della messa alla prova, un istituto fondamentale del nostro ordinamento che offre un’alternativa al processo penale tradizionale. La decisione chiarisce come debba essere calcolata la pena massima per stabilire se un imputato possa accedere a questo beneficio, stabilendo che le circostanze aggravanti non devono essere considerate.
I Fatti del Caso: Dalle Lesioni Gravi al Ricorso in Cassazione
Il caso nasce dalla condanna di un individuo per il reato di lesioni gravi. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano confermato la sua responsabilità, condannandolo al pagamento di una pena e al risarcimento dei danni a favore della parte civile. Durante il processo, la difesa aveva richiesto l’accesso all’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova.
Tuttavia, la Corte d’Appello aveva respinto tale richiesta, ritenendo che la pena prevista per il reato contestato, comprensiva degli aumenti per le circostanze aggravanti, superasse il limite massimo di quattro anni di reclusione fissato dalla legge per poter usufruire del beneficio. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione e una violazione di legge proprio su questo punto.
La Questione Giuridica: il Calcolo della Pena per la Messa alla Prova
Il cuore della questione legale ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 168-bis del codice penale. Questo articolo stabilisce che la messa alla prova è applicabile ai reati puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni. Il dubbio interpretativo era se, nel calcolare tale limite massimo, si dovesse tener conto anche degli aumenti di pena derivanti da eventuali circostanze aggravanti.
La difesa sosteneva che il calcolo dovesse basarsi unicamente sulla pena prevista per la cosiddetta “fattispecie-base”, ovvero il reato nella sua forma non aggravata. Al contrario, la Corte territoriale aveva incluso le aggravanti, superando così la soglia e precludendo l’accesso all’istituto.
Le Motivazioni della Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’imputato, annullando la sentenza d’appello e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, in particolare su una precedente decisione delle Sezioni Unite.
La Suprema Corte ha ribadito che, ai fini dell’individuazione dei reati per cui è possibile la messa alla prova, il riferimento alla pena detentiva massima di quattro anni deve essere inteso come la pena massima prevista per la fattispecie-base del reato. Non assumono alcun rilievo, a tal fine, le circostanze aggravanti, comprese quelle a effetto speciale (che comportano un aumento di pena superiore a un terzo) o quelle che modificano la specie della pena.
Questo principio garantisce un’applicazione uniforme e certa della legge, evitando che la possibilità di accedere a un percorso di riabilitazione come la messa alla prova dipenda da elementi accessori del reato. La Corte ha quindi censurato la decisione dei giudici di merito, che, includendo le aggravanti nel calcolo, avevano commesso un errore di diritto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
La sentenza in esame ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, consolida la tutela del diritto dell’imputato a richiedere la messa alla prova, chiarendo in modo definitivo i criteri di ammissibilità. In secondo luogo, obbliga i giudici di merito a una rigorosa applicazione del principio, secondo cui solo la pena del reato base è rilevante per la valutazione della soglia di ammissibilità. Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata annullata e il caso dovrà essere nuovamente esaminato da un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato dalla Cassazione e valutare nuovamente la richiesta di messa alla prova dell’imputato.
Per accedere alla messa alla prova, si devono considerare le circostanze aggravanti nel calcolo della pena massima?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per determinare se un reato rientra nei limiti di pena per la messa alla prova, si deve fare riferimento esclusivamente alla pena massima prevista per la fattispecie-base, senza tenere conto degli aumenti derivanti dalle circostanze aggravanti.
Qual è il limite di pena per poter richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova?
L’istituto della messa alla prova è applicabile ai reati per i quali la legge prevede una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, oltre ad altre specifiche categorie di reati indicate nell’art. 168-bis del codice penale.
Cosa succede quando la Cassazione annulla una sentenza che ha negato la messa alla prova per un errore di calcolo della pena?
La Corte di Cassazione annulla la sentenza e rinvia il caso a un altro giudice (in questo caso, un’altra sezione della Corte d’Appello) per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà riconsiderare la richiesta di messa alla prova applicando correttamente il principio di diritto stabilito dalla Cassazione, ovvero calcolando la pena massima senza considerare le aggravanti.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20110 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20110 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASTROVILLARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Con sentenza del 10 maggio 2023 la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, avendolo ritenuto responsabile del reato di lesioni gravi.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, con il quale si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale ritenuto la pena prevista per il delitto preclusiva della possibilità di accesso alla messa alla prova, senza considerare che, ai fini dell’art. 168-bis cod. pen., non si deve tener conto degli aumenti sanzionatori correlati alle circostanze.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il ricorso è fondato, dal momento che’ ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all’art. 168-bis cod. pen. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato (Sez. U, n. 36272 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 267238 – 01).
Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro (Sez. 2, n. 995 del 25/11/2021, dep. 2022, Posca, Rv. 282582 – 0).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso il 28/02/2024