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Messa alla prova abusivismo: demolizione obbligatoria

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa alla prova relativa a un reato di abusivismo edilizio. La Corte ha stabilito che, per la “messa alla prova abusivismo”, è indispensabile la demolizione dell’opera illegale o la sua sanatoria. In assenza di tali condotte riparatorie, che eliminano le conseguenze dannose del reato, la prova non può considerarsi superata con successo, anche se il programma trattamentale è stato seguito.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla prova abusivismo: senza demolizione non c’è estinzione del reato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di messa alla prova abusivismo: per ottenere l’estinzione del reato edilizio, non è sufficiente seguire un programma trattamentale, ma è necessario eliminare concretamente le conseguenze illecite, procedendo alla demolizione dell’opera abusiva o alla sua sanatoria. Questa pronuncia chiarisce che le condotte riparatorie sono un presupposto imprescindibile per il buon esito del percorso.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento penale per un reato di costruzione abusiva. Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova concessa all’imputato. Contro questa decisione, il Procuratore generale presso la Corte di Appello ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge.

Il ricorrente ha evidenziato come, nonostante l’ordinanza di sospensione del processo avesse previsto l’obbligo per l’imputato di ‘dare prova di aver provveduto al ripristino dello stato dei luoghi’, non vi era alcuna evidenza che ciò fosse avvenuto. Anzi, l’area interessata dall’abuso risultava ancora sotto sequestro, a dimostrazione della permanenza dell’opera illecita. Mancava quindi la prova della condotta riparatoria, elemento essenziale per la messa alla prova.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore generale, annullando la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale per un nuovo esame. I giudici hanno affermato che la messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis del codice di procedura penale, comporta necessariamente la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato.

Nel contesto dei reati edilizi, queste condotte si identificano inequivocabilmente con la demolizione dell’opera abusiva o con la sua riconduzione alla legalità tramite il rilascio di un titolo abilitativo in sanatoria. La semplice partecipazione a un programma riabilitativo predisposto dall’UEPE non è sufficiente se non accompagnata da questo intervento concreto sull’immobile.

Le Motivazioni: Messa alla prova abusivismo e l’obbligo di riparazione

Nelle motivazioni, la Corte di Cassazione ha sottolineato che la legge (in particolare l’art. 464-bis c.p.p.) richiede ‘impegni specifici’ da parte dell’imputato, tra cui rientrano a pieno titolo le ‘condotte riparatorie’. Il fine della norma è quello di elidere o quantomeno attenuare le conseguenze del reato. Ignorare questo aspetto snaturerebbe la funzione stessa dell’istituto della messa alla prova.

La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui la demolizione spontanea o la sanatoria dell’opera abusiva sono il presupposto per il superamento positivo della prova. La mancanza di un adempimento di tale obbligo preclude la possibilità di dichiarare estinto il reato. Il Tribunale di primo grado ha quindi errato nel ritenere sufficiente il programma trattamentale senza verificare l’effettivo ripristino dello stato dei luoghi. La permanenza del sequestro sull’area era la prova evidente che le conseguenze del reato non erano state eliminate.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche per chiunque affronti un procedimento per abusivismo edilizio e intenda accedere alla messa alla prova. Diventa chiaro che non è una scorciatoia per evitare la demolizione. Al contrario, l’eliminazione dell’abuso diventa la condizione sine qua non per beneficiare dell’estinzione del reato.

Gli imputati dovranno quindi attivarsi concretamente, prima e durante il periodo di prova, per demolire l’opera o per ottenere tutti i permessi necessari alla sua legalizzazione. I giudici, d’altro canto, sono tenuti a verificare scrupolosamente l’adempimento di tali obblighi prima di poter dichiarare l’esito positivo della messa alla prova. In assenza di tale verifica, la sentenza di proscioglimento è illegittima e suscettibile di annullamento.

È possibile ottenere l’estinzione di un reato di abusivismo edilizio tramite messa alla prova senza demolire l’opera illegale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per un esito positivo della messa alla prova è indispensabile che l’imputato compia condotte riparatorie, che nel caso dell’abusivismo consistono nella demolizione dell’opera o nella sua sanatoria.

Cosa si intende per ‘condotte riparatorie’ nell’ambito della messa alla prova per reati edilizi?
Per ‘condotte riparatorie’ si intendono le azioni concrete volte a eliminare le conseguenze dannose del reato. In materia edilizia, questo si traduce specificamente nella demolizione dell’opera abusiva o nella sua riconduzione alla legalità tramite il rilascio di un legittimo titolo abilitativo in sanatoria.

Cosa accade se un giudice dichiara l’esito positivo della messa alla prova senza che l’imputato abbia demolito l’abuso?
La sentenza di proscioglimento è illegittima e può essere impugnata. Come dimostra questo caso, la Corte di Cassazione può annullare tale decisione e rinviare il caso al tribunale per un nuovo esame, poiché la mancata verifica della condotta riparatoria costituisce un errore di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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