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Mera riproposizione: no se cambiano i fatti

La Corte di Cassazione ha stabilito che una nuova istanza di affidamento in prova ai servizi sociali, basata su presupposti di fatto diversi (nuovo progetto lavorativo e abitativo) rispetto a una precedente richiesta rigettata, non può essere dichiarata inammissibile per mera riproposizione. La presenza di nuovi elementi impone al giudice una nuova e completa valutazione nel merito.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mera Riproposizione: Quando una Nuova Istanza non è un ‘Copia e Incolla’

Nel complesso mondo della procedura penale, il principio di preclusione mira a evitare che i tribunali siano sommersi da richieste identiche ripetute nel tempo. Tuttavia, cosa succede quando una nuova istanza, pur chiedendo lo stesso beneficio, si fonda su circostanze completamente nuove? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31903/2025, chiarisce i confini della mera riproposizione, stabilendo che la presenza di nuovi elementi di fatto obbliga il giudice a una nuova e approfondita valutazione.

I Fatti del Caso

Un detenuto si era visto rigettare una prima richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali dal Tribunale di sorveglianza. La decisione si basava sull’impossibilità di verificare concretamente un’offerta di lavoro e una soluzione abitativa precedentemente proposte.

Successivamente, trasferito in un altro istituto penitenziario, il detenuto presenta una nuova istanza. Questa volta, però, la richiesta è corredata da elementi totalmente nuovi: la disponibilità all’assunzione da parte di un’altra azienda, in un’altra città e in un diverso settore merceologico, e una nuova e documentata soluzione alloggiativa.

Nonostante queste evidenti differenze, il Presidente del Tribunale di sorveglianza dichiara la nuova istanza inammissibile, bollandola come mera riproposizione della precedente. Contro questa decisione, la difesa del detenuto ricorre in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Mera Riproposizione

La Suprema Corte accoglie il ricorso, annullando il decreto di inammissibilità e rinviando gli atti al Tribunale di sorveglianza per una decisione nel merito. Il punto centrale della sentenza è la distinzione tra una richiesta formalmente identica e una sostanzialmente nuova.

L’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale, che prevede l’inammissibilità per mera riproposizione, serve a impedire l’abuso del processo attraverso la ripetizione di istanze già esaminate e respinte. Tuttavia, questo principio non può trasformarsi in un ostacolo insormontabile per chi, nel frattempo, ha visto la propria situazione fattuale cambiare in modo significativo.

Le Motivazioni

La Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che la nuova istanza, pur avendo ad oggetto la stessa misura alternativa (l’affidamento in prova), era basata su presupposti di fatto completamente differenti. La prima si fondava su un progetto lavorativo e abitativo in una determinata località, che si era rivelato non verificabile. La seconda, invece, presentava un progetto concreto e documentato in un’altra regione, con un altro datore di lavoro e una diversa sistemazione alloggiativa.

Questi elementi, secondo la Corte, non sono semplici dettagli, ma costituiscono il cuore della richiesta, poiché è su di essi che il Tribunale deve fondare la propria valutazione prognostica sulla riuscita del percorso di reinserimento sociale del condannato. Ignorare tali novità e dichiarare l’inammissibilità a priori costituisce un ‘error in procedendo’, ovvero un errore procedurale che vizia la decisione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio fondamentale: la valutazione del giudice, specialmente in materia di esecuzione della pena e misure alternative, deve essere sempre ancorata alla realtà concreta e attuale del soggetto. La preclusione processuale non può essere applicata in modo rigido e formale quando emergono fatti nuovi e rilevanti. Per i condannati, ciò significa che un primo rigetto non chiude definitivamente la porta alla possibilità di accedere a benefici, a condizione che si sia in grado di costruire un progetto di reinserimento diverso e più solido. Per i giudici, è un monito a esaminare attentamente ogni istanza, distinguendo ciò che è una sterile ripetizione da ciò che rappresenta una nuova e meritevole opportunità di valutazione.

Cosa si intende per ‘mera riproposizione’ nel contesto giuridico?
Significa presentare una richiesta giudiziaria che è identica, sia nella domanda che nei fatti su cui si basa, a una precedente istanza che è già stata respinta. La legge la dichiara inammissibile per evitare di impegnare i tribunali su questioni già decise.

È possibile presentare una nuova richiesta per una misura alternativa dopo un primo rigetto?
Sì, la sentenza chiarisce che è possibile a condizione che la nuova richiesta si fondi su elementi di fatto diversi e nuovi rispetto alla precedente. Ad esempio, una nuova e concreta offerta di lavoro o una diversa soluzione abitativa costituiscono presupposti nuovi che impongono al giudice una nuova valutazione.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha annullato il decreto di inammissibilità?
La Corte lo ha annullato perché il giudice di sorveglianza ha erroneamente qualificato la nuova istanza come ‘mera riproposizione’. La Cassazione ha rilevato che la seconda richiesta era basata su fatti sostanzialmente diversi (nuovo lavoro, nuova casa, nuova città) e quindi non era una semplice ripetizione della prima, ma una domanda nuova che meritava di essere esaminata nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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