Mendacio Bancario: Anche Senza Danno, il Reato Sussiste
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di reati bancari, specificando la natura del mendacio bancario. La decisione chiarisce che fornire informazioni false a un istituto di credito costituisce reato a prescindere dal fatto che la banca subisca o meno un danno economico. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I fatti del caso
Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto da parte della Corte d’Appello di Torino per il reato di mendacio bancario, previsto dal Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993). Nonostante la concessione della sospensione condizionale della pena, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, contestando la correttezza della motivazione che lo aveva ritenuto responsabile.
Il ricorrente, nel suo unico motivo di appello, ha cercato di smontare la dichiarazione di responsabilità, ma i suoi argomenti sono stati ritenuti dalla Suprema Corte una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte nei gradi di giudizio precedenti.
La decisione della Cassazione sul mendacio bancario
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e indeterminatezza. I giudici hanno sottolineato come le argomentazioni presentate fossero semplicemente una ripetizione di punti già adeguatamente valutati e respinti dalla Corte territoriale. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire, in linea con la sua consolidata giurisprudenza, la natura giuridica del delitto di mendacio bancario.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella qualificazione del mendacio bancario come reato di pericolo. Questo significa che la legge non punisce l’evento dannoso (il pregiudizio economico per la banca), ma la condotta stessa di fornire informazioni false, in quanto crea un pericolo per il bene giuridico tutelato, ovvero la correttezza e la trasparenza nelle relazioni creditizie. La Corte ha affermato che l’integrazione del reato “prescinde dalla consumazione di un effettivo pregiudizio per l’istituto di credito”. La semplice menzogna, finalizzata all’ottenimento del credito, è sufficiente per configurare il delitto.
Di conseguenza, la declaratoria di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, data la colpa nella proposizione di un ricorso palesemente infondato.
Le conclusioni
Questa ordinanza consolida un principio di estrema importanza pratica: chiunque fornisca dati o notizie false a una banca per ottenere un finanziamento o un fido commette reato, indipendentemente dall’esito della richiesta e dall’eventuale assenza di un danno per la banca. La decisione serve da monito sulla serietà e sulle conseguenze penali che possono derivare da dichiarazioni non veritiere nel contesto dei rapporti con gli istituti di credito, proteggendo l’integrità del sistema finanziario nel suo complesso.
Che cos’è il reato di mendacio bancario?
È il delitto commesso da chi fornisce a un istituto di credito informazioni o dati falsi riguardanti la propria situazione economica, patrimoniale o finanziaria al fine di ottenere un credito.
Perché il mendacio bancario è considerato un reato di pericolo?
È considerato un reato di pericolo perché la legge punisce la condotta di aver mentito alla banca, in quanto tale azione mette a rischio la correttezza e l’affidabilità del sistema creditizio. Non è necessario che la banca subisca un danno economico effettivo perché il reato sia consumato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Secondo l’ordinanza, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se non si può escludere la colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2453 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2453 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino, che, previa concessione della sospensione condizionale della pena, ha confermato l’affermazione di reità dell’imputato per il delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod 137 comma 1 bis Decr. Lgs. n. 385 del 1993;
Rilevato che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta base della dichiarazione di responsabilità è generico per indeterminatezza, perché meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territo che, con motivazione ampia e logicamente corretta, ha ribadito, in armonia con la giurisprudenza di questa Corte, che il delitto di mendacio bancario configura un reato pericolo la cui integrazione prescinde dalla consumazione di un effettivo pregiudizio p l’istituto di credito;
Ritenuto, pertanto, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., che alla declaratoria di inammissi del ricorso, conseguano la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento della somma di euro 3000 a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/12/2023