Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9471 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9471 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME nato in Brasile il 27/02/1993, parte civile costituita nel processo a carico di COGNOME NOMECOGNOME nato a Prato il 23/03/1967, contro la sentenza della Corte d’appello di Trieste del 23/01/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria trasmessa dalla difesa di NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto o la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria della difesa della parte civile ricorrente che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Trieste, giudicando in appello sul gravame della costituita parte civile, ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Udine aveva mandato assolto NOME COGNOME dal reato di truffa in danno dell’odierno ricorrente NOME COGNOME che aveva di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione la parte civile NOME COGNOME a mezzo del difensore che eccepisce, con un unico articolato motivo, la nullità della sentenza per l’illegittima espunzione, dal fascicolo del dibattimento, della memoria depositata ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen., intervenuta per effetto di una errata percezione dei presupposti di fatto, ed altrettanto erroneamente validato dalla Corte d’appello: rileva che, nel corso dell’istruttoria dibattimentale in primo grado, la difesa dell’imputato, a distanza di mesi dalla deposizione della parte civile e del teste COGNOME, aveva “tirato fuori” alcuni sms tratti dai cellulari del COGNOME e del COGNOME, risalenti al 2017, in cui il COGNOME rappresentava al COGNOME di non potergli rilasciare loro alcuna procura avendola già conferita all’Avv. COGNOME con atto affidato al padre che non era riuscito a reperirla ed in cui era prevista una penale di 1.000.000 di euro in caso di recesso; osserva che tali messaggi, come il Matos avrebbe potuto chiarire se sentito sul punto, non erano altro che un tentativo di affrancarsi, con un pretesto, dalle insistenti pressioni del duo COGNOME/COGNOME come, tuttavia, esaurientemente spiegato dalla parte civile con la memoria depositata il 22/10/2021 presso la Cancelleria del Tribunale e che dava conto della effettiva indisponibilità del calciatore a dar séguito alle proposte dell’imputato; segnala che, con provvedimento del 19/11/2021, il Tribunale di Udine aveva disposto la restituzione al difensore della parte civile della memoria predisposta dalla persona offesa sul rilievo secondo cui si sarebbe trattato di “atti aventi contenuto dichiarativo non essendoci anche il consenso della difesa”; rileva che la parte civile aveva proposto appello chiedendo alla Corte territoriale di acquisire la memoria e di disporre la rinnovazione dell’istruttoria sentendo lo stesso COGNOME e l’Avv. COGNOME che avrebbero potuto confermare il senso di quei messaggi e, infine, richiama la motivazione con cui la Corte ha respinto l’eccezione sull’errato presupposto secondo cui la memoria fosse stata predisposta dal difensore ma, in tai modo, violando il diritto di difesa della costituita parte civile e, nel contempo rendendo una decisione nulla per non aver considerato il contenuto della memoria difensiva; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
il processo, già assegnato alla VII Sezione, era stato rimesso alla II Sezione con provvedimento del 29/10/2024 in considerazione della non immediatamente evidente manifesta infondatezza del ricorso;
la difesa della parte civile, in data 04/09/2024, aveva trasmesso una memoria in cui aveva insistito per la fondatezza dei rilievi sviluppati con il ricorso introduttivo;
la difesa dell’imputato, in vista dell’udienza del 21/01/2025, fissata di fronte al collegio della II Sezione, ha a sua volta trasmesso una memoria con cui conclude per l’inammissibilità del ricorso.
il PG ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio per rispondere del delitto di truffa perché “… in qualità di procuratore sportivo, con artifizi e raggiri … induceva NOME COGNOME, calciatore professionista, a sottoscrivere un contratto che a suo dire gli avrebbe conferito la sola facoltà di condurre trattative con società calcistiche straniere rassicurando il contraente che a fronte del suo dissenso manifestato avrebbe stracciato il contratto”; in realtà, secondo l’accusa, l’imputato “… depositava in data 5/6/2017 il contratto presso la FIGC dopo aver inserito nella seconda pagina clausole sfavorevoli al calciatore, non presenti al momento della sottoscrizione” precisandosi che “… il contratto così artificiosamente completato, prevedeva il conferimento al prevenuto di un incarico di procuratore sportivo biennale retribuito con il 5% loro percepito con pattuizione di una clausola penale dell’importo di euro 400.000,00 in caso di recesso anticipato” e che “… in forza di tale clausola il prevenuto intimava alla P.O. di pagare il compenso previsto dal contratto inviandogli una lettera a firma del legale”.
Il Tribunale aveva assolto l’imputato ritenendo non fosse stata acquisita la prova che il contratto intercorso tra il COGNOME ed il COGNOME (in forza del qual costui aveva sollecitato il pagamento della somma stabilita per il caso di recesso anticipato del calciatore) fosse stato il frutto degli artifici e raggiri in danno del persona offesa le cui dichiarazioni, come quelle della di lui compagna, dovevano essere valutate con estrema cautela stante la rilevanza degli interessi patrimoniali in gioco.
In particolare, il primo giudice aveva evidenziato che il ricorrente era un calciatore professionista, non più giovanissimo, che aveva dimestichezza con la lingua italiana ed assolutamente consapevole della distinzione tra una vera e propria procura ed un incarico di rappresentanza finalizzato ad intraprendere eventuali sondaggi di mercato; aveva aggiunto che dall’istruttoria svolta era emerso che il Matos aveva in alcune occasioni manifestato la propria insoddisfazione per l’operato dell’Avvocato COGNOME che lo aveva sempre assistito nella sua vita professionale ma, rispetto al COGNOME, poco addentro al calcio internazionale e, in particolare, al campionato inglese ove egli desiderava trasferirsi.
Nella sentenza di primo grado il Tribunale aveva spiegato come, dalle diverse deposizioni testimoniali, fossero emersi plurimi contatti tra il COGNOME ed il COGNOME e che, anzi, già nel 2016 il calciatore fosse stato sollecitato, laddove effettivamente interessato, a verificare se presso la Federcalcio fossero state depositate delle procure in favore dell’Avv. COGNOME contenenti una penale in caso di recesso; aveva aggiunto che la parte civile aveva effettivamente operato una verifica presso la FIGC e che, a riprova di un effettivo interessamento del ad instaurare un rapporto professionale con il COGNOME, nel gennaio 2017 era intervenuto un incontro tra l’imputato ed il COGNOME alla presenza dei familiari del calciatore.
Alla luce del quadro complessivamente disegnato dagli elementi acquisiti, il Tribunale (cfr., pag. 18 della sentenza) aveva concluso nel senso che la difformità delle versioni offerte dalle parti circa l’incontro del 24/05/2017 ed i confezionamento del contratto (che, secondo il Matos, era composto di due fogli e che lui avrebbe sottoscritto pur non completo in alcune sue parti nella convinzione, indotta dagli imputati, che non si trattasse di una procura ma soltanto di un mero incarico di rappresentanza per sondare il mercato estero) non consentiva di pervenire ad una affermazione di responsabilità per il delitto di truffa ascritto all’imputato.
Più in particolare, il primo giudice – valorizzando la circostanza secondo cui tra le parti vi erano stati contatti protrattisi per mesi – ha escluso che le modalit ed il luogo nel quale, quel giorno, il Matos si risolse a sottoscrivere il contratto non fossero indicative di una induzione frutto di artifici e raggiri quanto, semmai, di leggerezza di cui, peraltro, il calciatore si era immediatamente reso conto, forse pentendosi della sua decisione tanto che, appena risalito in casa, riferendone ai familiari, si era affrettato a contattare per telefono il COGNOME il quale si impegnato a stracciare il documento.
La parte civile aveva impugnato la sentenza del Tribunale evidenziando una serie di elementi fattuali che avrebbero dovuto indurre a ritenere credibile la ricostruzione fornita dalla parte civile.
Aveva anche eccepito la illegittimità dell’ordinanza con cui il Tribunale aveva disposto la restituzione della memoria depositata dalla difesa il 22/10/2021 sull’erroneo rilievo secondo cui essa, a firma della parte civile, aveva un contenuto dichiarativo che non poteva essere introdotto nel processo al di fuori di ogni contraddittorio.
4.1 La Corte d’appello ha sostanzialmente condiviso non soltanto la ricostruzione ma, soprattutto, le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice nel ritenere che – alla luce di una complessiva lettura della vicenda – la sottoscrizione della procura da parte del COGNOME fosse stata il frutto di una condotta penalmente rilevante e, in particolare, di artifici e di raggiri ad opera del COGNOME: ha spieg che la stessa promessa (rimasta peraltro inadempiuta) di strappare il contratto è estranea all’azione truffaldina che, secondo la non comprovata ipotesi accusatoria avrebbe avuto rilievo decisivo sulla sua sottoscrizione; che, in ogni caso, le parti del documento “a stampa” (ovvero non riempite a penna) erano estremamente chiare e di facile comprensione circa la presenza di una penale e di un corrispettivo per la controparte mentre non poteva ritenersi dimostrato con certezza che le parti in bianco fossero tali al momento della sottoscrizione e solo successivamente riempite dall’imputato; i giudici triestini hanno fatto presente che, d’altra parte, i COGNOME, una volta rientrato a casa, si era immediatamente preoccupato di aver firmato qualcosa di impegnativo tanto da ricontattare immediatamente il COGNOME ricevendo da costui assicurazione che, qualora avesse cambiato idea, egli avrebbe, come detto, “stracciato” il contratto.
4.2 Nel vagliare l’eccezione difensiva concernente l’errore in cui, secondo la parte civile, era incorso il Tribunale nel motivare la mancata acquisizione della memoria difensiva, la Corte d’appello effettivamente, errato a sua volta laddove ha sostenuto che “… le dichiarazioni testimoniali della parte civile vengono rese in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, mentre non sono suscettibili di ampliamento e precisazione dal difensore nelle sue memoria difensive” (cfr., pag. 7 della sentenza); la memoria difensiva, infatti, non era stata sottoscritta dal difensore ma dalla parte civile cui l’art. 121 cod. proc. pen. attribuisce la facoltà di produrre memorie “in ogni stato e grado del procedimento”.
4.3 Tanto premesso, rileva il collegio, dando continuità ad un orientamento maggioritario nella giurisprudenza di questa Corte, che l’errore in cui è incorsa la Corte d’appello non può essere risolversi, di per sé, in un motivo di nullità della sentenza impugnata.
Si è infatti affermato che l’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive che devono essere esaminate dal giudice cui vengono rivolte, a meno che contengano la mera ripetizione di difese già svolte o siano inconferenti
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TABLE
4.4 Nel caso di specie, la memoria, secondo la difesa della parte civile ricorrente, era funzionale ad illustrare il “senso” dei messaggi ws intercorsi tra il COGNOME ed il COGNOME e prodotti dalla difesa dell’imputato soltanto successivamente alla escussione testimoniale della parte civile; in particolare, a corroborare la ricostruzione secondo cui il calciatore non avrebbe in realtà mai avuto intenzione di conferire una procura al COGNOME da tanto da invocare una (invero inesistente) procura già conferita all’Avvocato COGNOME il cui incarico era inoltre garantito da una onerosa clausola di recesso, come preteso per “liberarsi” dell’assillante “pressing” del duo COGNOME/COGNOME
I messaggi di cui si discute erano stati effettivamente richiamati dal giudice di primo grado (cfr., pagg. 13-14 della sentenza del Tribunale) a testimonianza di un (almeno apparente) interesse del COGNOME a farsi seguire, nella sua attività professionale, dal COGNOME (e dal COGNOME) piuttosto che dall’Avvocato COGNOME; se è possibile che, in una certa misura, il COGNOME abbia cercato di sottrarsi alle sollecitazioni ed alle pressanti attenzioni del COGNOME “inventando” una procura conferita all’Avvocato Salvarezza, è pacifico che, in ogni caso, come si legge nelle due sentenze di merito, egli dette séguito alla richiesta dell’imputato di effettuare una verifica sul punto presso la FIGC, che aveva dato esito negativo (cfr., pag. 11 della sentenza di primo grado), sicché i contatti avevano pertanto potuto proseguire sino al 24/05/2017 ed alla sottoscrizione della procura sulla cui genesi e modalità di confezionamento i giudici di merito sono pervenuti a conclusioni conformi in forza di una lettura complessiva degli elementi acquisiti sulla cui “tenuta” logica la memoria difensiva non può avere alcuna reale incidenza, dal momento che l’eventuale ritrosia del calciatore, di cui entrambe le sentenze hanno
dato conto, non toglie che, all’esito, egli abbia tuttavia finito per convincersi a formalizzare l’incarico al COGNOME, per poi, tuttavia, essersene pentito non appena consultati i familiari.
Né, d’altra parte, la censura relativa all’omessa considerazione della memoria difensiva può essere lo strumento per introdurre una differente ricostruzione della vicenda, operazione non consentita nel giudizio di legittimità dove non è possibile procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione ed effettuare una nuova valutazione delle risultanze processuali, da contrapporre a quella effettuata nei precedenti gradi, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944) (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099).
Dal rigetto del ricorso consegue la condanna della parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21/01/2025
Il Consigliere estens re la Presidente