Memoria difensiva: quando è irrilevante in appello?
Nel processo penale, la memoria difensiva rappresenta uno strumento cruciale per l’avvocato, permettendo di articolare ulteriormente le proprie argomentazioni a ridosso dell’udienza. Tuttavia, il suo corretto utilizzo è vincolato a precise regole procedurali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13816/2025, chiarisce i confini entro cui questo strumento può essere efficacemente impiegato, spiegando perché, in alcuni casi, il giudice può legittimamente ignorarla.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di illecita cessione di cocaina. La sentenza, emessa con rito abbreviato dal Tribunale, veniva parzialmente riformata in appello, con una mitigazione della pena ma una conferma della responsabilità penale.
L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Il punto centrale del suo ricorso era la mancata valutazione, da parte della Corte d’Appello, di una memoria difensiva depositata prima dell’udienza. In tale memoria, la difesa aveva sollevato per la prima volta un dubbio sull’efficacia drogante della sostanza ceduta, sostenendo che il solo narcotest non fosse una prova sufficiente a dimostrarla.
La Questione Giuridica: I Limiti della Memoria Difensiva
Il cuore della questione sottoposta alla Suprema Corte era stabilire se l’omessa valutazione di una memoria difensiva costituisca un errore procedurale tale da invalidare la sentenza d’appello. In particolare, bisognava capire se una memoria potesse essere utilizzata per introdurre motivi di doglianza completamente nuovi rispetto a quelli già articolati nell’atto di appello principale.
La difesa sosteneva che il suo scritto, sollevando un punto cruciale come l’effettiva capacità della sostanza di produrre effetti stupefacenti, meritasse un’analisi approfondita da parte dei giudici di secondo grado.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La motivazione della decisione si basa su due principi consolidati nella giurisprudenza.
1. Carattere “Non Conferente” della Memoria
In primo luogo, la Corte ha ricordato che, sebbene l’omessa valutazione di una memoria non sia di per sé una causa di nullità, essa può influenzare la logica e la correttezza della motivazione del giudice. Tuttavia, ciò non accade quando la memoria è “inconferente rispetto all’oggetto del giudizio”.
Nel caso specifico, i giudici hanno rilevato che l’atto di appello originario si concentrava su due aspetti: l’errata identificazione del colpevole e la richiesta di una pena più mite. In nessuna parte dell’appello era stata contestata l’efficacia drogante della cocaina. Di conseguenza, introdurre questo argomento solo successivamente, tramite una memoria difensiva, è stato ritenuto un tentativo di ampliare tardivamente l’oggetto del contendere. La memoria era, quindi, “non conferente” rispetto ai motivi di appello e il suo mancato esame non ha viziato la sentenza.
2. Sufficienza del Narcotest e Interesse a Impugnare
In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione del narcotest. Pur ribadendo che questo esame prova la natura stupefacente di una sostanza ma non la quantità di principio attivo, ha sottolineato che nel caso di specie l’imputato non aveva un reale interesse a sollevare tale questione. Egli non aveva mai messo in discussione che la sostanza fosse cocaina, né aveva richiesto la riqualificazione del reato in un’ipotesi di lieve entità, unico caso in cui la quantità di principio attivo sarebbe diventata un elemento decisivo.
Le Conclusioni
La sentenza in esame offre un’importante lezione di strategia processuale. La memoria difensiva non è una seconda opportunità per presentare un appello, ma uno strumento per approfondire e specificare i motivi già proposti. Introdurre censure completamente nuove rischia di renderla irrilevante agli occhi del giudice. Per essere efficace, ogni atto difensivo deve essere coerente e pertinente rispetto alla fase processuale e ai temi già devoluti al giudizio del grado superiore. La decisione della Corte di Cassazione riafferma la necessità di un rigoroso rispetto delle regole procedurali, a garanzia dell’ordine e della certezza del diritto.
La mancata valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice causa sempre la nullità della sentenza?
No, secondo la Cassazione non è una causa di nullità prevista dalla legge. Tuttavia, può incidere sulla coerenza e correttezza della motivazione, a meno che la memoria contenga argomenti già trattati o irrilevanti rispetto all’oggetto del giudizio.
È possibile introdurre con una memoria difensiva argomenti completamente nuovi rispetto a quelli presentati nell’atto di appello?
No. La sentenza chiarisce che una memoria difensiva deve essere ‘conferente’ rispetto ai motivi di appello. Se introduce censure nuove, non collegate a quelle originarie, il giudice può considerarla irrilevante e non valutarla nel merito.
Il solo narcotest è sufficiente a provare un’accusa di spaccio di stupefacenti?
La sentenza ribadisce che il narcotest è sufficiente per provare la natura stupefacente di una sostanza, ma non per determinarne la quantità di principio attivo. Tuttavia, se l’imputato non contesta la natura drogante della sostanza e non solleva questioni legate alla quantità (come la richiesta di riqualificazione del fatto in lieve entità), la questione della sufficienza del solo narcotest perde di rilevanza.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13816 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13816 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 1(108/1978
avverso la sentenza emessa il 23/09/2024 dalla Corte d’Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insist per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23/09/2024, la Corte d’Appello di Napoli ha parzialmente riformato (mitigando il trattamento sanzionatorio, e confermando nel resto) sentenza di condanna alla pena di giustizia emessa con rito abbreviato Tribunale di Napoli, in data 19/03/2021, nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME i relazione – come meglio specificato in rubrica – al delitto di illecita cess cocaina.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata valutazione della memoria difensiva, ritualmente inviata prima dell’udienza, con la quale era stata prospettata l’insufficienza del solo narcotest per determinare l’efficacia drogante della sostanza ceduta.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, per la genericità e infondatezza delle censure prospettate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, si è chiarito che «l’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive che devono essere esaminate dal giudice cui vengono rivolte, a meno che contengano la mera ripetizione di difese già svolte o siano inconferenti rispetto all’oggetto del giudizio» (Sez. 4, n. 18385 del 09/01/2018, COGNOME, Rv. 272739 – 01).
Nella specie, la rilevanza demolitoria della omessa valutazione della memoria deve essere esclusa proprio per il carattere “non conferente” del suo contenuto rispetto ai motivi di appello. Risulta infatti decisivo il fatto che, con il gravame, sentenza di primo grado era stata censurata con riferimento ai criteri di identificazione del soggetto agente e alla misura del trattamento sanzionatorio, non anche quanto alla efficacia drogante della sostanza ceduta (cfr. il riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, che non ha formato oggetto di contestazione alcuna).
La fondatezza di tali conclusioni appare avvalorata dall’ulteriore arresto giurisprudenziale che, nel ribadire il consolidato principio secondo cui il narcotest consente di provare la natura stupefacente di una sostanza, ma non anche la quantità di principio attivo in essa contenuto, ha escluso nel caso di specie la sussistenza di un interesse ad impugnare sotto questo profilo la sentenza di condanna, avendo egli censurato non la natura drogante della sostanza, ma solo l’entità del principio attivo a fronte della mancata contestazione di alcuna aggravante collegabile alla entità ponderale e non essendo stata richiesta la riqualificazione del fatto in termini di lieve entità (Sez. 6, n. 2599 del 14/12/2021 dep. 2022, Palrnas, Rv. 282680 – 01).
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25 febbraio 2025
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Il ConsiglIreJestensore
Il Presidente