Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8366 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4   Num. 8366  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TRESCORE BALNEARIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME COGNOME •  GLYPH ese
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 ottobre 2022 la Corte di appello di Brescia, in riforma della pronuncia di assoluzione emessa dal G.U.P. del Tribunale di Bergamo in data 20 giugno 2019, ha dichiarato COGNOME NOME colpevole dei delitti a lei ascritti, per l’effetto condannandola – ritenuto il concorso formale tra tali reati, la concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza alle contestate aggravanti e operata la riduzione per il rito – alla pena di anni due di reclusione, con sospensione condizionale e beneficio della non menzione, altresì applicandole la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni due.
1.1. COGNOME NOME è stata riconosciuta colpevole dei delitti di cui agli artt. 589, commi 1, 2 e 4, cod. pen., 590, commi 1, 2, 3 e 4, cod. pen., in relazione agli artt. 154, comma 1, e 145 d.lgs. 3 aprile 1992, n. 285, per avere cagioNOME il decesso di COGNOME NOME in conseguenza di un politrauma, nonché lesioni personali a COGNOME NOME consistite in fratture varie, con prognosi superiore a quaranta giorni.
L’imputata, in particolare, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, nonché inosservanza delle norme che regolano la circolazione stradale, aveva alla guida della sua autovettura, nel percorrere una via con direzione di marcia verso Bergamo e nell’effettuare una svolta a sinistra per accedere in una strada laterale, omettendo di assicurarsi di poter effettuare tale manovra evitando di creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, nonché mancando di concedere la dovuta precedenza, urtato un motociclo condotto da COGNOME NOME, in cui COGNOME NOME era trasportata come passeggera, proveniente dall’opposto senso di marcia, per cui, a seguito di tale collisione, avvenuta nella corsia di marcia del motociclo tra la parte anteriore di tale mezzo e lo spigolo anteriore destro dell’autovettura, si erano verificati il decesso dello COGNOME e le lesioni personali riportate da parte della COGNOME. Con le aggravanti di avere commesso il fatto con violazione delle norme sulla circolazione stradale e di avere cagioNOME lesioni gravi.
1.2. Assolta in primo grado dal G.U.P. del Tribunale di Bergamo perché il fatto non costituisce reato, sul presupposto che dalle emergenze processuali, ed in particolare dalle risultanze della disposta perizia cinematica, era emersa una vicenda di complessità tale da non consentire un giudizio certo di responsabilità
penale, oltre ogni ragionevole dubbio, l’imputata era stata, poi, condannata dalla Corte di appello.
Dopo aver proceduto a rinnovazione istruttoria ex art. 603 cod. proc. pen. con nuovo esame del perito, dei consulenti di parte e del testimone COGNOME NOME -, la Corte territoriale aveva riconosciuto la penale responsabilità della COGNOME sul presupposto che plurimi riscontri obiettivi e di natura logica consentivano di ritenere comprovato come, diversamente da quanto ritenuto da parte del primo giudice, il motociclo condotto dallo COGNOME non stesse eseguendo alcun rientro da precedente manovra di sorpasso al momento della verificazione dell’impatto. La causazione del sinistro era, pertanto, da ritenersi causalmente riferita alla condotta perpetrata dalla conducente dell’autovettura che, invece di attendere che la strada fosse libera da altri veicoli, aveva effettuato la svolta a sinistra senza accertarsi della presenza del motociclista che stava provenendo in senso inverso da un tratto rettilineo in pieno giorno, così da poter essere facilmente avvistabile da lei.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo cinque motivi di ricorso.
Con il primo è stata lamentata inosservanza éd erronea applicazione della legge penale, sul presupposto che, nella presente fattispecie, vi sarebbe stato un sovvertimento dei principi di presunzione di innocenza e di valutazione degli elementi di dubbio in favore dell’imputata, avendo la Corte di merito, pur in presenza di aspetti incerti in ordine all’esatta ricostruzione della dinamica del sinistro, ritenuto la responsabilità della COGNOME in virtù di una palese inversione dell’onere della prova, ritenendo provate circostanze invece costituenti mere ipotesi, prive di riscontri obiettivi.
Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, per avere la Corte territoriale del tutto omesso di valutare le argomentazioni difensive espresse in una sua memoria datata 21 giugno 2022, depositata in via telematica presso la Cancelleria della Corte di appello, nella quale erano stati diffusamente confutati i vari punti eccepiti nell’atto di appello proposto dal Pubblico ministero. Sarebbe particolarmente grave l’indicato vulnus per il fatto che il secondo giudice avrebbe sostanzialmente accolto i motivi eccepiti dal P.M. senza tener conto delle difformi argomentazioni espresse da parte della difesa, in particolar modo in ordine all’assenza di correlazione tra imputazione e sentenza con riguardo alla disposta condanna dell’imputata in conseguenza della ritenuta violazione dell’art. 154, comma 3, lett. b) cod. strada, a lei mai precedentemente contestata.
Con la terza doglianza la COGNOME ha eccepito mancata assunzione di prova decisiva, non essendo state valutate, neanche con motivazione implicita, talune richieste istruttorie da lei avanzate (audizione della persona offesa COGNOME NOME, disposizione di perizia medico legale volta ad accertare l’eventuale verificazione degli eventi lesivi e mortali in caso di rispetto dei limiti di velocit da parte dello COGNOME), di imprescindibile rilievo ai fini della esatta ricostruzione del sinistro stradale.
Con il quarto motivo è stata dedotta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ravvisabile in più punti della sentenza impugnata, per avere i giudici di appello operato in modo palesemente erroneo la ricostruzione dei fatti da cui è scaturita la pronuncia di condanna. In modo particolare, non sarebbe stato mai ipotizzato dalla difesa che il sinistro mortale fosse stata la conseguenza di un sorpasso azzardato effettuato dal motociclo dello COGNOME all’autovettura guidata dal COGNOME, essendosi, invece, trattato di una manovra da costui posta in essere nei confronti di un altro e differente autoveicolo.
Con l’ultima censura, infine, la COGNOME ha eccepito omessa motivazione in punto di determinazione della durata della sospensione della patente di guida, trattandosi di misura amministrativa accessoria, particolarmente afflittiva, applicatale senza la precisazione delle ragioni di individuazione della sua durata.
 Il Procuratore generale ha rassegNOME conclusioni scritte, con cui ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.
 Il difensore ha depositato successive conclusioni scritte, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio rileva la fondatezza delle doglianze dedotte con il secondo e il quinto motivo di ricorso, per l’effetto dovendo essere disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla omessa valutazione della memoria difensiva e alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, nel resto dovendo essere pronunciato il rigetto del ricorso.
Sono, infatti, prive di fondamento le censure eccepite con il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, atteso che con esse sono state sollevate doglianze generiche, ovvero tese ad ottenere una non consentita rivalutazione in fatto del compendio probatorio in atti, nella sostanza afferendo alla ricostruzione della
dinamica dell’incidente e all’interpretazione delle prove assunte, e quindi a questioni non passibili di valutazione in questa sede.
2.1. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esamiNOME tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi – dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti – e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01).
Esula, quindi, dai poteri della Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l’illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME e altri, Rv. 207944-01).
Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplic arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 28060101; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507-01). E’, conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.
Per altro verso, in virtù di un consolidato orientamento ermeneutico, gli aspetti riguardanti la ricostruzione della dinamica di un sinistro stradale, che attengono necessariamente al fatto, sono rimessi all’apprezzamento del giudice della cognizione e risultano insindacabili ove non si individuino evidenti vizi di carattere logico nella motivazione (cfr., in particolare, Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679-01, per la quale la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione).
2.2. Ebbene, nel caso di specie può senz’altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto
considerati nella propria decisione, oltre che della modalità maggiormente plausibile con cui è da ritenersi l’incidente sia accaduto.
E’ stato, infatti, adeguatamente rappresentato lo svolgimento della dinamica del sinistro, per come evinto dall’esame delle perizie e delle consulenze tecniche, nonché dalle acquisite deposizioni testimoniali, infine pervenendo, con argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche, alla conseguente affermazione della penale responsabilità della COGNOME.
E’ stato, infatti, ritenuto comprovato, con argomentazioni del tutto esenti dai dedotti vizi, come l’imputata abbia svoltato a sinistra senza essersi previamente accertata dell’assenza di veicoli provenienti dall’opposto senso di marcia, di fatto non accorgendosi della presenza del motociclo guidato dallo COGNOME. Né tale condotta colposa è stata ritenuta in qualche modo scusabile, atteso che trattavasi dell’avvistamento di una moto, proveniente da un tratto rettilineo in pieno giorno, ancora sufficientemente distante al momento della effettuata svolta, tra l’altro essendo stato accertato giudizialmente come il motociclo non stesse eseguendo alcun rientro da precedente manovra di sorpasso al momento della verificazione dell’incidente.
In ragione della rappresentata motivazione, allora, non appare esservi dubbio di sorta in ordine al fatto che le censure mosse dall’imputata nei tre motivi di ricorso indicati, in ordine all’erroneità della ricostruzione dei fatti ed all mancata considerazione di alcuni decisivi elementi di valutazione, nonché a presunte illogicità presenti nel corpo argomentativo della sentenza, si appalesano, nella sostanza, come volte ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto in sede di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità della motivazione resa, appare del tutto infondato.
Conseguentemente, quindi, è da ritenersi parimenti non fondata anche la doglianza afferente a presunti sovvertimenti dei principi di presunzione di innocenza e di valutazione degli elementi di dubbio in favore dell’imputata, o di inversione dell’onere della prova, dedotti dalla COGNOME in maniera assertiva e generica nel suo primo motivo di ricorso. Allo stesso modo, è da escludersi che vi sia stata una mancata assunzione di prove decisive da parte della Corte di merito, considerato che le richieste istruttorie avanzate dall’imputata (audizione di COGNOME NOME, disposizione di perizia medico legale) sono state certamente vagliate da parte dei giudici di appello e da costoro implicitamente escluse, stante la relativa irrilevanza a fronte della logica modalità con cui è stata ricostruita l’effettiva dinamica di verificazione del sinistro.
In sostanza, gli elementi dedotti dalla COGNOME nei tre motivi di ricorso indicati possono, al più, valere a suggerire una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ma non di certo a ribaltarne l’esito in modo univoco, con
ciò che ne consegue in termini di affermazione della sua responsabilità penale. E’ noto, in proposito, come il principio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” non possa essere utilizzato, nel giudizio di legittimità, per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto emerse in sede di merito su segnalazione della difesa, se tale duplicità sia stata oggetto di puntuale e motivata disamina da parte del giudice di appello (così, tra le altre, Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 261600-01).
4. Invece da accogliersi è, come detto, la censura dedotta dall’imputata con il secondo motivo di ricorso, considerato che, effettivamente, la Corte territoriale ha del tutto omesso di esaminare le argomentazioni difensive da lei espresse nella memoria depositata telematicamente, in cui aveva confutato i diversi motivi dedotti dal P.M. nell’atto di appello.
Il Collegio rileva, infatti, come la più recente giurisprudenza di legittimità (cfr., in questi termini: Sez. 2, n. 30232 del 16/05/2023, COGNOME, Rv. 284802-01; Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, COGNOME, Rv. 279578-01; Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, COGNOME, Rv. 277220-01; Sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, COGNOME, Rv. 277667-01; Sez. 5, n. 51117 del 21/09/2017, COGNOME, Rv. 271600-01; Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267561-01) sia oramai univoca nel ritenere che l’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive. Conseguentemente, deve escludersi che il semplice deposito di una memoria difensiva nel corso del procedimento, il cui contenuto non sia oggetto di specifica confutazione da parte del giudice, determini una nullità, atteso che tale particolare sanzione – che, come è noto, è sempre prevista in termini di tassatività – non è in alcun modo sancita dall’art. 121 cod. proc. pen., che pure dà facoltà alle parti di depositare tali atti nel corso del giudizio, né da altre disposizioni del codice di rito.
E’, pertanto, onere della parte che deduca l’omessa valutazione indicare in fase di impugnazione quale argomento decisivo per la ricostruzione del fatto le memorie contenevano e cioè evidenziare il nesso tra il memoriale e la pretesa nullità. In sostanza, l’omesso esame, da parte del giudice di merito, di una memoria difensiva può essere dedotto in sede di legittimità come vizio di motivazione purché, in virtù del dovere di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, si rappresenti puntualmente la concreta idoneità scardinante dei temi della memoria pretermessa rispetto alla pronunzia avversata, evidenziando il collegamento tra le difese della memoria e gli specifici profili di carenza,
contraddittorietà o manifesta illogicità argomentativa della sentenza impugnata (così, espressamente, Sez. 5, n. 17798 del 22/03/2019, C., Rv. 276766-01).
4.1. Orbene, applicando gli indicati principi al caso di specie, deve essere osservato come, effettivamente, nella fattispecie rilevi il vizio di motivazione eccepito, avendo la ricorrente puntualmente indicato quali temi evidenziati nella sua memoria difensiva, di potenziale valenza scardinante rispetto alla sentenza impugnata, siano stati del tutto non considerati da parte del giudice di secondo grado.
Tale memoria, cui non è stato fatto alcun cenno nella pronuncia impugnata, né è stato effettuato confronto alcuno con le doglianze in essa avanzate, conteneva indubbi argomenti difensivi di significativa incidenza, ad esempio evidenziando la questione, del tutto non considerata dai giudici di appello, relativa alla possibilità di ricorrenza di un difetto di correlazione tra imputazione e sentenza in ordine alla disposta condanna dell’imputata quale conseguenza della intervenuta violazione dell’art. 154, comma 3, lett. b) cod. strada.
Trattasi di aspetti che – a prescindere dalla loro fondatezza – meritavano adeguato esame ed imponevano una congrua ed esaustiva motivazione da parte della Corte territoriale, nel caso di specie del tutto omessa.
5. Del pari fondata è, poi, anche la doglianza eccepita con l’ultimo motivo di ricorso, non avendo la Corte di merito specificato in alcun modo le ragioni di determinazione della durata della sospensione della patente di guida, di cui ha solo stabilito l’applicazione.
Ed infatti, in ossequio a un consolidato orientamento ermeneutico, nei casi di applicazione, da parte del giudice, della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, prevista dall’art. 222 cod. strada, la determinazione della durata di tale sospensione deve essere effettuata non in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. proc. pen., ma secondo i diversi parametri di cui all’art. 218, comma 2, cod. strada, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento (cfr. Sez. 4, n. 4740 del 18/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280393-01; Sez. 4, n. 13882 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 279139-01; Sez. 4, n. 55130 del 09/1 . 1/2017, COGNOME, Rv. 271661-01).
Anche in materia di sanzioni amministrative accessorie, poi, deve essere fatto riferimento al principio secondo cui la motivazione circa la sussistenza dei parametri di valutazione al fine della commisurazione concreta della sanzione da infliggere assume rilevanza quanto più ci si discosti dal minimo. Non vi è dubbio,
infatti, che nessuna motivazione sia necessaria per giustificare l’applicazione del minimo, essendo un’ovvietà logica che (in assenza di una misura inferiore) il criterio discrezionale sia espressione della scarsa importanza della violazione commessa, della ridotta entità del danno e del ridotto pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare (parametri indicati dal secondo comma dell’art. 218 cod. strada).
Ma anche nell’ipotesi di sanzione concreta determinata entro il medio edittale, il richiamo ai criteri previsti dall’art. 218, comma 2, cod. strada, ancorché reso esplicito con le espressioni meramente relative alla “congruità” della sanzione costituisce giustificazione sufficiente dell’uso della discrezionalità del giudice, perché si colloca in una fascia valutativa – fra il minimo ed il medio edittale appunto – all’interno della quale il legislatore stesso prevede la sanzione come corrispondente alla gravità media della violazione e del pericolo futuro. Diversamente, quando ci si discosta da quella medietà, e tanto più ci si discosta, è necessario spiegare per quale motivo i parametri che si giudicano meritino, in concreto, l’applicazione di una sanzione superiore, perché il superamento di quella soglia implica una valutazione della gravità che supera la “media” ed il giudice deve spiegarne le ragioni, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo della discrezionalità, che in assenza di ogni argomentazione al riguardo perde la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità anche costituzionale.
5.1. Nel caso di specie, pertanto, sussiste il denunciato vizio motivazionale in ordine alla commisurazione della sanzione amministrativa accessoria, essendosi limitato il giudice di appello ad applicare una sospensione pari a due anni senza fare riferimento alcuno ai parametri previsti dall’art. 218 cod. strada, relativi all’entità del danno, alla gravità della violazione commessa ed al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe comportare.
La determinazione della durata della sospensione della patente di guida, prevista dalla legge tra un minimo e un massimo, implica, come detto, un potere discrezionale riservato al giudice del merito, da esercitarsi in base ai criteri di cui all’art. 218, comma 2, cod. strada, per cui la statuizione oggetto di censura non può essere emendata in questa sede di legittimità, ma deve essere rimessa alla valutazione del competente giudice del rinvio.
In conclusione, deve essere disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla omessa valutazione della memoria difensiva e alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, rinviando sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Brescia, nel resto dovendo essere pronunciato il rigetto del ricorso.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla omessa valutazione della memoria difensiva e alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
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