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Medesimo disegno criminoso: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imprenditore che chiedeva il riconoscimento del reato continuato per due distinte condanne per bancarotta. La Corte ha stabilito che, per configurare un medesimo disegno criminoso, non è sufficiente la vicinanza temporale dei fatti o la similarità dei reati. Mancavano prove di un’unica programmazione iniziale che unisse le due vicende, che riguardavano società, luoghi e ruoli diversi, indicando piuttosto una generica propensione a delinquere e non un piano unitario.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Medesimo disegno criminoso: la Cassazione chiarisce i requisiti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18766/2025, è tornata a pronunciarsi sui criteri per il riconoscimento del medesimo disegno criminoso, un concetto chiave per l’applicazione del reato continuato. La decisione offre importanti spunti di riflessione, sottolineando come la vicinanza temporale tra i reati non sia, da sola, sufficiente a dimostrare l’esistenza di un piano criminoso unitario. Analizziamo il caso e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso

Un imprenditore, già condannato con due sentenze definitive per reati di bancarotta fraudolenta, aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione di unificare le pene in virtù del reato continuato. La richiesta si basava sulla presunta esistenza di un medesimo disegno criminoso che legava le due vicende.

I reati contestati erano i seguenti:
1. Una condanna per bancarotta fraudolenta e reati fiscali commessi a Parma nel 2014. In questo caso, l’imputato agiva come amministratore di fatto della “Società A”, dichiarata fallita nel luglio 2014.
2. Una seconda condanna per bancarotta fraudolenta commessa a Crotone nel 2014. Qui, l’imputato era amministratore di diritto della “Società B”, dichiarata fallita nel dicembre 2014.

Il Giudice dell’esecuzione aveva respinto la richiesta, evidenziando l’assenza di un programma criminoso unitario. L’imprenditore ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice di merito non avesse considerato adeguatamente la breve distanza temporale tra i fatti e l’appartenenza di entrambe le società a un unico gruppo familiare.

La Valutazione del medesimo disegno criminoso

Il ricorrente ha fondato la sua difesa su alcuni elementi, a suo dire, indicativi di un piano unitario: la vicinanza temporale tra le dichiarazioni di fallimento (luglio e dicembre 2014), la natura simile dei reati (bancarotta), e il fatto che le due società facessero capo allo stesso gruppo familiare. Inoltre, veniva evidenziato il coinvolgimento di un cittadino straniero che, a partire dal 2013, ricopriva ruoli chiave in entrambe le compagini societarie.

Secondo la tesi difensiva, questi elementi avrebbero dovuto portare al riconoscimento della continuazione, con una conseguente rideterminazione della pena in senso più favorevole.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Giudice dell’esecuzione. I giudici supremi hanno ribadito che il riconoscimento del medesimo disegno criminoso richiede una verifica approfondita e non può basarsi su singoli indici isolati, come la mera prossimità temporale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, per aversi un piano criminoso unico, è necessario dimostrare che l’agente, al momento della commissione del primo reato, avesse già programmato i successivi, almeno nelle loro linee essenziali. La prova di questa programmazione deve emergere da indici esteriori concreti e significativi.

Nel caso specifico, la Cassazione ha individuato diversi elementi ostativi al riconoscimento della continuazione:
* Diversità delle condotte e dei ruoli: L’imputato ricopriva ruoli diversi nelle due società (amministratore di fatto in una, di diritto nell’altra).
* Diversità dei luoghi: I reati erano stati commessi in luoghi molto distanti (Parma e Crotone).
* Presenza di reati eterogenei: La prima condanna includeva anche reati fiscali, per i quali non era stato allegato alcun collegamento programmatico con la seconda bancarotta.
* Ampio arco temporale: Sebbene le dichiarazioni di fallimento fossero ravvicinate, le condotte distrattive risalivano a un periodo molto più ampio, tra il 2009 e il 2013. Questa diluizione nel tempo è stata considerata incompatibile con un piano unitario e preordinato, suggerendo piuttosto una generica tendenza a commettere reati (proclività a delinquere).
* Mancanza di prova: Il ricorrente non ha fornito elementi specifici per dimostrare che, già nel 2009, avesse pianificato di spogliare anche la seconda società.

Infine, il coinvolgimento del cittadino straniero è stato ritenuto irrilevante, poiché intervenuto nel 2013, ovvero molto dopo l’inizio delle condotte illecite.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la continuazione tra reati non può essere presunta, ma deve essere rigorosamente provata. L’onere di fornire elementi concreti a sostegno di un medesimo disegno criminoso spetta a chi la invoca. La semplice appartenenza di più società a un gruppo familiare o la vicinanza temporale dei fallimenti non sono sufficienti a superare la presenza di plurimi e significativi elementi di distinzione. La decisione sottolinea la differenza tra una generica abitudine a delinquere e un’unica, premeditata strategia criminale, che è l’unico presupposto per l’applicazione del più favorevole istituto del reato continuato.

Quali sono i requisiti per riconoscere un medesimo disegno criminoso?
Per riconoscere un medesimo disegno criminoso, è necessario provare che, al momento di commettere il primo reato, l’agente avesse già ideato e programmato, almeno nelle linee essenziali, anche i reati successivi. Questa prova deve basarsi su indici concreti come l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta e l’unitarietà del contesto.

La breve distanza temporale tra due reati è sufficiente per applicare il reato continuato?
No, la sola vicinanza temporale tra la commissione di più reati non è, di per sé, un elemento sufficiente a giustificare il riconoscimento della continuazione. Deve essere valutata insieme a una complessità di altri indici che dimostrino l’esistenza di un’unica programmazione originaria.

Perché nel caso di specie la Cassazione ha escluso il medesimo disegno criminoso?
La Cassazione lo ha escluso perché, nonostante la vicinanza tra le date dei fallimenti, sussistevano troppi elementi di diversità: i luoghi dei reati (Parma e Crotone), i ruoli ricoperti dall’imputato (amministratore di fatto e di diritto), la presenza di reati fiscali in un solo caso e, soprattutto, l’ampio arco temporale delle condotte illecite (dal 2009 al 2013), che indicava una serialità di reati piuttosto che un singolo piano unitario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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