Medesimo Disegno Criminoso: No alla Continuazione tra Espulsione e Resistenza
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul concetto di medesimo disegno criminoso, un tema cruciale per la determinazione della pena. La decisione chiarisce i confini di questo istituto giuridico, escludendone l’applicazione nel caso di concorso tra il reato di violazione dell’ordine di espulsione e quello di resistenza a pubblico ufficiale. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte di Appello di Bari. L’imputato era stato condannato per due distinti reati: la violazione di un ordine di espulsione dal territorio nazionale e il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale. La difesa aveva richiesto l’applicazione della ‘continuazione’, un istituto che permette di unificare le pene per più reati quando questi sono commessi in esecuzione di un unico piano criminale. La Corte di Appello, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, ritenendo che tra le due condotte non sussistesse un collegamento tale da configurare un medesimo disegno criminoso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno pienamente condiviso la valutazione operata dai giudici di merito, confermando che la richiesta di applicare la continuazione tra i due reati era stata correttamente denegata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare la somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della non applicabilità del medesimo disegno criminoso
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha escluso la possibilità di ravvisare un medesimo disegno criminoso. La Corte ha sottolineato la diversa natura e finalità delle due condotte illecite.
* Violazione dell’ordine di espulsione: Questo reato si configura come una disobbedienza a un provvedimento amministrativo. La sua essenza è la mancata ottemperanza a un ordine legittimo dell’autorità statale.
* Resistenza a pubblico ufficiale: Questo delitto, invece, implica una condotta violenta o minacciosa volta a opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio. La sua natura è quella di un’aggressione alla pubblica amministrazione e all’ordine pubblico.
Secondo la Corte, è errato ritenere che queste due condotte possano essere ‘affasciate’, ovvero avvinte, da un unico piano. La violazione dell’ordine di espulsione e la successiva resistenza non sono manifestazioni di un progetto unitario, ma rappresentano due momenti distinti e autonomi, con finalità e beni giuridici tutelati differenti.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per poter applicare l’istituto della continuazione, non è sufficiente che più reati siano stati commessi dalla stessa persona in un breve arco temporale. È necessario dimostrare l’esistenza di un’unica e premeditata programmazione criminale che li leghi tutti. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi commette il reato di resistenza a pubblico ufficiale dopo aver violato un ordine di espulsione non potrà beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite derivante dalla continuazione, ma subirà le conseguenze penali per ciascun singolo reato commesso. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale che tende a una valutazione rigorosa dei presupposti del medesimo disegno criminoso, evitando automatismi e valorizzando la specifica natura di ogni condotta illecita.
È possibile considerare la resistenza a pubblico ufficiale e la violazione di un ordine di espulsione come parte di un medesimo disegno criminoso?
No, secondo questa ordinanza della Corte di Cassazione, non è possibile. La Corte ha stabilito che questi due reati non possono essere considerati come uniti da un unico piano criminale, confermando la decisione della Corte di Appello.
Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La conseguenza è che la decisione della corte precedente diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Perché la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato?
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato perché le ragioni presentate non avevano alcuna possibilità di essere accolte. In particolare, la tesi secondo cui i due reati derivassero da un medesimo disegno criminoso è stata giudicata errata in diritto dalla Corte d’Appello, valutazione pienamente condivisa dalla Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10735 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10735 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso, in relazione ai reati di cui agli arti:. 337 cod. pen. e altro è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati. Correttamente la Corte di appello ha denegato l’applicazione della continuazione fra reati escludendo che la violazione dell’ordine di espulsione e il delitto di resistenza potessero ritenersi affasciati da un medesimo disegno criminoso;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 febbraio 2024
Il Consigliere relatore
Il Presidente