Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7180 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7180 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), nato in ALBANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/07/2021 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 luglio 2021, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Alessandria ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati giudicati con le seguenti sentenze irrevocabili:
sentenza emessa dalla Corte di appello di Torino, in data 24 settembre 2019, che riformava – in punto di pena – la sentenza in data 11 ottobre 2018 del GIP del Tribunale di Alessandria per i reati di cui agli artt. 81, 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 6, DPR 309/1990, commessi nel settembre 2017 in Alessandria, condannando l’istante alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro 18.000,00 di multa;
sentenza emessa dalla Corte di appello di Torino, in data 21 ottobre 2020, che riformava – in punto di pena – la sentenza in data 7 febbraio 2020 del GIP del Tribunale di Alessandria per i reati di cui agli artt. 81,110 cod. pen. e 73, comma 1, DPR 309/1990, commessi dal novembre 2017 al marzo 2018 in Alessandria, condannando l’istante alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro 26.000,00 di multa.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che non vi fossero elementi attestanti la programmazione unitaria dei reati, evidenziando che gli stessi erano caratterizzati da diversità di condotta, il primo riguardando condotte di approvvigionamento e detenzione delle sostanze stupefacenti, mentre il secondo reati di piccolo spaccio; inoltre, ha rirnarcato differenze del modus operandi in quanto detti reati erano stati commessi a distanza di tempo l’uno dall’altro, oltreché in concorso con soggetti differenti, indici che apparivano sintomatici, piuttosto, di abitualità criminosa.
Avverso tale decisione il condannato ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del difensore, AVV_NOTAIO, deducendo con unico motivo violazione di legge in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., e vizio di motivazione per la negazione della continuazione tra i due reati.
Il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza sulla scorta di un’interpretazione normativa illegittima per aver escluso la medesimezza del disegno criminoso qualora i contegni criminosi, nonostante l’omogeneità degli illeciti, siano differenti per modalità operative e commessi in concorso con soggetti distinti. In particolare, si deplora che si sia ritenuto ostativo alla continuazione il rilievo che in un caso NOME si era dedicato all’approvvigionamento e nell’altro allo spaccio delle sostanze stupefacenti, evidenziando in contrario che la norma dell’art. 81 cod. pen. consente di ritenere unificati reati derivanti dalla violazione della stessa o di diverse disposizioni di legge.
2 GLYPH
Inoltre, minerebbe la logicità dell’iter argomentativo la considerazione inerente alla reiterazione dei reati, da ritenersi non incompatibile con la definizione di reato continuato ma, al contrario, probante la comune ideazione.
Infine, si lamenta erroneità della motivazione per aver ritenuto manchevole l’istanza dell’allegazione di indici dai quali desumere l’unicità del disegno criminoso – non trattandosi di un onere, ma di un mero interesse del ricorrente – ed avere invece valutato negativamente le dichiarazioni rese dall’NOME al Magistrato di sorveglianza, senza considerare che si tratta di persona straniera e non in grado di illustrare questioni tecniche.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La motivazione dell’impugnazione, secondo la quale l’identità del disegno criminoso consisterebbe nell’avere l’istante agito, seppur reiteratamente, in esecuzione di una originaria determinazione volitiva consistente nell’approvvigionamento, detenzione e vendita di sostanza stupefacente, con modalità esecutive sempre diverse, tradisce, come giustamente ha rilevato il giudic:e dell’esecuzione, la confusione tra la nozione di medesimo disegno criminoso e quella di programma di vita delinquenziale.
L’identità del disegno criminoso postula che l’agente sr sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose teleologicamente connesse, seppure non elaborate nei loro particolari bensì nelle sole linee essenziali; mentre il programma di vita delinquenziale esprime l’opzione a favore della commissione di un numero indeterminato di reati, seppure dello stesso tipo ma non identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza che si concretizza di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali (Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896; Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004, COGNOME, Rv. 229052; Sez. 1, n. 6553 del 13/12/1995, deo. 1996, Bagnara, Rv. 203690).
In tema di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, non è dunque sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità o analogia dei titoli di reato, poiché esse sono indicative anche di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti, ma è necessaria la positiva verifica del genetico legame ideativo tra le plurime violazioni; a tal fine non bastano gli accertamenti consacrati nelle sentenze di condanna secondo la sola interpretazione del giudice dell’esecuzione, ma occorre almeno l’allegazione, da parte dell’interessato, pur non gravato da onere di prova, di elementi specifici e concreti
che sostengano l’unitario disegno criminoso invocato nella sua istanza (Sez. 5, n. 21326 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247356; Sez. 7, n. 5305 del 16/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242476; Sez. 1, n. 2229 del 13/05/1994, COGNOME, Rv. 198420). Tale verifica non è mancata nel caso in esame, nel quale il giudicante ha ben spiegato perché l’identità tipologica e la contiguità temporale dei reati non possono essere indicativi dell’unicità del disegno criminoso, bensì di una scelta di vita ispirata alla sistematica e contingente consumazione di illeciti, peraltro dimostrata dalla commissione di altri, seppur risalenti, delitti contro la salute pubblica, come dimostrato per tabulas dal certificato del casellario giudiziale in atti. Nel caso in esame, i reati risultano commessi in un apprezzabile arco temporale complessivo, con modalità non omogenee e in concorso con soggetti differenti, il che configura piuttosto una scelta di vita, così escludendo l’unitarietà del disegno criminoso, non potendo i fatti-reato, per le loro connotazioni, essere stati programmati attraverso un’originaria ed unitaria deliberazione.
Alla stregua delle esposte considerazioni’ il ricorso deve essere respinto.
Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27 ottobre 2023.