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Medesimo disegno criminoso: a chi spetta provarlo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27536/2025, chiarisce che l’onere di provare il medesimo disegno criminoso spetta al condannato che lo invoca. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, confermando che elementi come la distanza temporale tra i fatti e la diversità dei complici sono sufficienti a escludere l’unicità del piano criminale.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Medesimo Disegno Criminoso: Chi Deve Provarlo? La Risposta della Cassazione

Il concetto di medesimo disegno criminoso è cruciale nel diritto penale, poiché consente di unificare più reati in un’unica fattispecie di reato continuato, con notevoli benefici sul calcolo della pena. Ma a chi spetta l’onere di dimostrarne l’esistenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto procedurale fondamentale, stabilendo un principio chiaro: la prova grava su chi afferma l’esistenza del piano unitario.

Il Caso in Esame: Pluralità di Reati o Piano Unico?

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato per una serie di furti. In sede di esecuzione della pena, l’interessato chiedeva che i diversi episodi venissero riconosciuti come parte di un medesimo disegno criminoso, sostenendo che fossero tutti frutto di un’unica e originaria programmazione delittuosa. La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva tale richiesta, ritenendo che mancassero gli elementi per configurare una “volizione unitaria”.

La difesa del condannato si basava sull’idea che non spettasse a lui dover provare l’esistenza del piano unitario. Contro questa decisione, veniva proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte: l’Onere della Prova nel Medesimo Disegno Criminoso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito e cristallizzando un importante principio giuridico. Secondo gli Ermellini, la valutazione della Corte d’Appello non è stata illogica. Anzi, la decisione si fonda su elementi concreti che minano l’ipotesi di un piano criminoso unitario.

Gli Indici per Escludere il Piano Unitario

I giudici hanno identificato diversi fattori che, nel loro insieme, contraddicevano l’esistenza di una programmazione unitaria dei reati:

* Distanza temporale: I furti erano stati commessi in momenti diversi e distanti tra loro.
* Distanza spaziale: I luoghi dei reati erano differenti.
* Diversità di correi: In alcuni episodi erano coinvolti complici diversi.
* Diversità dell’oggetto materiale: Gli oggetti rubati variavano da un furto all’altro.

Questi elementi, considerati complessivamente, hanno portato i giudici a concludere per l’assenza di una volizione unitaria, e quindi a negare il riconoscimento del reato continuato.

Le Motivazioni della Cassazione

Il punto centrale e più rilevante dell’ordinanza riguarda l’onere della prova. La Corte di Cassazione ha smontato la tesi difensiva secondo cui non spetterebbe al condannato allegare gli elementi a sostegno del medesimo disegno criminoso. Al contrario, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare la sentenza n. 35806/2016), la Corte ha ribadito che “l’onere della allegazione dell’esistenza del medesimo disegno criminoso, in conformità alle regole generali, grava su chi la afferma”.

In un procedimento come l’incidente di esecuzione, è il condannato (l’istante) che chiede un beneficio, ossia un ricalcolo della pena più favorevole. Di conseguenza, è logico e giuridicamente corretto che sia lui a dover fornire al giudice gli elementi di prova necessari a sostenere la sua richiesta. Non si può pretendere che sia l’accusa a dover dimostrare l’inesistenza di un piano che solo l’imputato può conoscere nei suoi dettagli interni.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: chi intende beneficiare dell’istituto del reato continuato non può limitarsi a una mera affermazione. È necessario fornire prove concrete e circostanziate che dimostrino come i vari reati siano stati concepiti e programmati sin dall’inizio come parte di un unico progetto. L’assenza di tali prove, unita a elementi fattuali che suggeriscono l’occasionalità e l’autonomia dei singoli episodi criminosi, porterà inevitabilmente al rigetto della richiesta. La decisione rafforza la responsabilità processuale dell’istante, chiarendo che i benefici giuridici devono essere supportati da un solido onere probatorio.

A chi spetta dimostrare l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’ in un incidente di esecuzione?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di allegare e dimostrare l’esistenza del ‘medesimo disegno criminoso’ grava su chi lo afferma, ovvero sul condannato che ha promosso l’incidente di esecuzione per ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Quali elementi possono portare un giudice a escludere l’esistenza di un’unica volizione criminale?
Elementi come una significativa distanza temporale e spaziale tra i reati, la diversità dei complici e la differenza nell’oggetto materiale delle azioni delittuose possono essere considerati indizi validi per ritenere inesistente una volizione unitaria.

Qual è la conseguenza se un ricorso basato sul medesimo disegno criminoso viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel dispositivo dell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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