Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29690 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CINQUEFRONDI il 12/12/2000
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di PALMI in difesa delle parti civili COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME ENOMECOGNOME il qUale Chiede il rigetto del ricorso.
L’avvocato COGNOME anche in sostituzione ex art.102, per delega scritta, dell’avvocato COGNOME NOME del foro di PALMI, difensore delle parti civili COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME chiede il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di COGNOME il quale si riporta ai motivi di ricorso e
ne chiede l’accoglimento.
E presente l’avvocato COGNOME del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di COGNOME il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 24.9.2024 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza con cui il Gup del Tribunale di Palmi, all’esito di rito abbreviato, aveva ritenuto COGNOME NOME colpevole del reato di cui agli artt. 589 bis, commi 1 e 8, in relazione al medesimo comma 1 ed al 590 bis, comma 1 e 8, cod.pen. a lui ascritto condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite da liquidars in separata sede ed a pagare una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 50.000,00 per ciascun genitore delle vittime e di Euro 40.000 per ciascun fratello o sorella.
La vicenda oggetto del presente procedimento può essere così riassunta: nella tarda serata del 22.3.2019 Auddino NOME, alla guida di una Fiat Panda con a bordo i coetanei COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME, stava percorrendo un tratto rettilineo della SS 62 nel -territorio del Comune di Melicucco con direzione di marcia Tirreno-Ionio, allorché, procedendo ad una velocità tra i 103 ed i 120 Km all’ora, superiore al limite fissato in 70 km all’ora, aveva bruscamente frenato perdendo poi il controllo del proprio veicolo ed andando ad invadere la corsia opposta dove sopraggiungeva una Ford Ecosport con a bordo COGNOME NOME e COGNOME NOME. Per l’effetto dell’urto che ne seguiva decedevano i giovani COGNOME e COGNOME mentre gli altri soggetti coinvolti nell’incidente riportavano gravi lesioni. Sull’asfalto venivano individuate le tracce di frenata lunghe 24,9 e 25 metri.
In base alla consulenza disposta dal Pubblico Ministero, il fattore causale da cui era originata la collisione era l’azionamento improvviso del freno a mano che aveva determinato lo scarrocciamento del veicolo e l’invasione della corsia opposta; al ,Corigliano, invece, non era addebitabile alcuna responsabilità nella causazione dell’evento poiché l’occupazione della corsia da parte dell’altro veicolo era stata repentina ed imprevedibile così da non consentirgli di effettuare un’azione frenante.
Il giudice di primo grado ha ritenuto la sussistenza in capo all’odierno ir iputato della violazione di più norme del Codice della Strada e segnatamente de gli artt. 141 e 142, essendo stato accertato che lo stesso viaggiava a velocità compresa tra i 103 ed il 120 Km/h, quindi ben superiore al limite di 70K/h, ciò ave ido reso più difficoltoso il controllo del veicolo in condizioni di emergenza ed essendo altresì emerso che aveva tirato il freno a mano così causando lo sbandamento del veicolo e l’invasione della corsia opposta. In particolare il consulente tecnico del PM aveva accertato che senza questa manovra il veicolo avrebbe sicuramente continuato la marcia sulla propria corsia e l’incidente non si sarebbe verificato.
Il giudice di primo grado ha ritenuto, invece improbabile la prospettazione difensiva secondo cui uno dei passeggeri avrebbe potuto aver tirato il freno a mano; ed ha altresì valutato negativamente la scelta dell’imputato di non sottoporsi ad esame, venendo ciò interpretato come difetto di una spiegazione alternativa a quanto accaduto.
Nel rigettare i motivi di gravame, la sentenza d’appello ha integralmente confermato l’impianto logico-motivatorio della sentenza di primo grado.
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Con il primo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 589 bis, commi 1 e 8, cod.pen. in relazione all’art. 590 bis, commi 1 e 8, cod.pen. come contestati nel capo di imputazione.
Si assume che la sentenza impugnata ha adottato una ipotesi ricostruttiva basandosi su una massima di esperienza contrastante con altre ipotesi avanzate dalla difesa, caratterizzate da un elevato grado di plausibilità logica, con la conseguenza che l’ipotesi accusatoria accolta dalla sentenza si pone al di sotto del limite del ragionevole dubbio.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 589 bis, comma 7, cod.pen.
Si censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto la predetta attenuante che ricorre qualora sussista qualsiasi concorrente causa esterna.
Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), cod.proc.pen. in relazione al trattamento sanzionatorio con particolare riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla mancata sospensione del pagamento della disposta provvisionale.
Si censura la scelta di ancorare il diniego delle circostanze attenuanti generiche all’assenza di elementi di segno positivo nonché la scelta di confermare la disposta provvisionale, non ricorrendo gravi motivi che possono essere concretati da un pregiudizio economico eccessivo.
Le parti civili hanno rassegnato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo é infondato.
La sentenza impugnata, nel confermare il giudizio di penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestatogli, ha recepito l’impianto motivatorio della sentenza di primo grado che, a sua volta, aveva ritenuto condivisibili le
conclusioni cui era giunto il consulente del Pubblico Ministero in ordine alla ricostruzione del sinistro.
In particolare, detto consulente aveva appurato che l’COGNOME aveva adottato una condotta di guida imprudente giacché aveva marciato ad una velocità superiore al limite prescritto di 70 km/h (tra i 103/h ed i 120 km/h), precisando, tuttavia, che il fattore causale che aveva determinato l’incidente non era la velocità bensì l’azionamento del freno a mano, perché se esso non vi fosse stato la Fiat Panda avrebbe continuato a procedere sulla propria corsia di marcia e non avrebbe invaso quella su cui procedeva la Ford Ecosport.
Già nel giudizio di primo grado era stato introdotto dalla difesa dell’imputato il tema della attribuibilità della manovra di azionamento del freno a mano, sostenendo che non vi fosse la certezza assoluta che fosse stato proprio l’imputato ad alzare il freno e non potendosi quindi escludere che il gesto fosse ascrivibile a qualcuno dei passeggeri trasportati.
Sul punto il primo giudice aveva evidenziato l’impossibilità di apprendere quanto fosse realmente accaduto sulla Fiat Panda, stante il decesso di coloro che sedevano sul lato destro del veicolo e l’incapacità di ricordare dell’unico passeggero sopravvissuto, ovvero COGNOME mentre l’imputato non aveva consentito a sottoporsi ad esame.
Entrambi i giudici di merito hanno quindi fatto ricorso per pervenire alla decisione ai canoni della logica e della comune esperienza, aderendo in particolare alla massima di esperienza secondo cui le manovre di guida sono ordinariamente compiute dal conducente del veicolo ed evidenziando che non sono stati individuati elementi tali da discostarsi da tale ricostruzione.
Ebbene, la censura mossa dalla difesa dell’imputato con l’odierno ricorso involge proprio l’utilizzo di detta massima di esperienza nel fondare il giudizio di penale responsabilità dell’imputato alla luce del canone dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” cui deve informarsi detto giudizio.
Giova premettere che le massime di esperienza sono giudizi ipotetici a contenuto generale, indipendenti dal caso concreto, fondati su ripetute esperienze ma autonomi da esse, e valevoli per nuovi casi, e da tenere distinti dalle congetture, cioè ipotesi non fondate sull'”id quod plerumque accidit” e, quindi, insuscettibili di verifica empirica. (Sez. 5 n. 25616 del 24/05/2019, Rv. 277312).
Si tratta, in altre parole, di regole desunte dall’id quod plerumque accidit, consolidate e affidabili, riconosciute come tali da chiunque e generalmente accettate.
Ciò posto, le c.d. massime d’esperienza hanno un orizzonte operativo sterminato ed i loro ambiti d’impiego sono estremamente eterogenei, afferendo molteplici oggetti di prova: dall’elemento psicologico del reato alla c.d. causalità psichica,
dalla valutazione di credibilità del dichiarante ai giudizi predittivi (mater cautelare, misure di sicurezza, misure di prevenzione, etc.).
Il primo passaggio che viene in rilievo riguarda la ricognizione delle massime d’esperienza da applicare. Le stesse, al pari delle leggi scientifiche di tipo probabilistico, possono essere utilizzate allo scopo di alimentare la concretezza di un’ipotesi causale, secondo il procedimento logico dell’abduzione.
Alla posizione (in termini congetturali) di tale ipotesi deve peraltro necessariamente far seguito, ai fini dell’affermazione concreta della relazione causale, il rigoroso e puntuale riscontro critico fornito dalle evidenze probatorie e dalle contingenze del caso concreto (secondo il procedimento logico dell’induzione), suscettibili di convalidare o falsificare l’ipotesi originaria contestualmente, di escludere o meno la plausibilità di ogni altro decorso causale alternativo, al di là di ogni ragionevole dubbio.
Per un corretto impiego delle massime d’esperienza, occorre tenere conto che esse costituiscono una particolare classe dei criteri di inferenza richiamati nell’art. 192, comma 1, cod.proc.pen,, di cui il giudice deve dare compiutamente conto in motivazione ed anzi, proprio perché costituiscono un criterio inferenziale particolarmente delicato e sensibile, occorre esercitare sul loro utilizzo un controllo efficace e penetrante ed affinché ciò sia possibile, la precondizione è che l’uso delle massime sia identificato ed esplicato.
Va altresì ribadito che in materia di prova indiziaria, il vaglio rimesso a questa Corte sui vizi di motivazione della sentenza impugnata, se non può estendersi al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza, costituite da giudizi ipotetici a contenuto generale, indipendenti dal caso concreto, fondati su ripetute esperienze, ma autonomi da queste, può però avere ad oggetto la verifica sul se la decisione abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'”id quod plerumque accidit”, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulta priva di una pur minima plausibilità (Sez.1, n./ 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 281385).
Giova altresì evidenziare che nell’ordinamento processuale penale, a fronte dell’onere probatorio assolto dalla pubblica accusa, anche sulla base di presunzioni o massime di esperienza, spetta all’imputato allegare il contrario sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, poiché è l’imputato che, in considerazione del principio della c.d. “vicinanza della prova”, può acquisire o quanto meno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva (Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Rv. 278373).
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Fatte queste premesse, nel caso in esame, correttamente entrambi i giudici di merito, le cui decisioni in quanto conformi costituiscono un unico corpo logicoargomentativo da leggersi quindi unitariamente, dopo aver ampiamente individuato ed esplicitato la massima d’esperienza, hanno fondato la responsabilità dell’COGNOME non già sulla mera regola astratta secondo cui di norma il freno a mano viene azionato da chi si trova alla guida di un veicolo, ma hanno viceversa “calato” tale regola di giudizio nel caso concreto, quindi valutandola alla stregua di tutti gli elementi caratterizzanti il caso di speci ovvero le circostanze di tempo e di luogo ed in particolare la condotta di guida del conducente dell’auto.
Proprio nella sentenza di primo grado, laddove il primo giudice ha puntualmente valutato le risultanze della consulenza tecnica dell’Ing. COGNOME si pone in rilievo che “… Considerato che le prime tracce di frenata apparivano molto regolari il consulente ipotizzava che, attuato un primo tentativo di arrestare l’automezzo, fosse stato sollevato il freno a meno, e che tale manovra ne avesse provocato lo sbandamento o la traslazione nella parte di carreggiata adibita al senso opposto di circolazione”.
Quindi, dalla lettura della avallata ricostruzione dell’incidente, il giudizio cir l’astratta ascrivibilità della manovra di azionamento del freno a mano al conducente dell’auto si colora e si arricchisce di elementi ulteriori, ovvero che nella specie l’COGNOME avesse già tentato una prima frenata ed evidentemente non ottenendo l’effetto frenante sperato avesse fatto ricorso all’azionamento del freno a mano.
Peraltro la tesi difensiva secondo cui il freno a mano poteva essere stato azionato anche da un altro passeggero, oltre a risultare logicamente recessiva alla stregua di quanto esposto, si concreta in una mera allegazione, senza che vi sia alcun elemento di prova a supporto, sicché non può ritenersi nella specie posto in dubbio quanto codificato dalla massima di esperienza.
2. Il secondo motivo é del pari infondato.
Va premesso che in tema di omicidio stradale, la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen., che fa riferimento all’ipotesi in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione od omissione del colpevole, ricorre nel caso in cui sia stata accertata qualunque concorrente causa esterna, anche non costituita da condotta umana, al di fuori delle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore.(Sez. 4 n. 24910 del 27/05/2021 Rv. 28155).
Ebbene, con riguardo alla condotta del conducente della Ford Ecosport, la sentenza impugnata ha richiamato la deposizione del consulente del Pubblico Ministero il quale ha evidenziato che la condotta di guida del è
apparsa congrua rispetto alle condizioni della strada con una velocità di marcia presumibilmente entro i limiti consentiti, atteso che per il senso di marcia tenuto dalla persona offesa il limite era di 90 km/h e che la dinamica dell’incidente per la sua repentinità ha impedito al Corigliano di evitare l’impatto.
Inconferenti sono poi risultati i riferimenti al fatto che la Fiat Panda avesse avuto le quattro frecce attive per circa 4,18 secondi, in quanto di per sé non indicativi del fatto che il veicolo stesse per perdere il controllo. Nè rilevante é stat ritenuta la mancanza di tracce di frenata da parte della Ford, atteso che la stessa era dotata di ABS dunque un principio di frenata non necessariamente avrebbe lasciato tracce.
Neppure possono essere richiamate quali cause esterne quelle relative all’orario notturno ed alla scarsa illuminazione risultando le stesse condizioni fisiologiche alla guida.
Ed invero in tema di circostanze, non rientrano nell’ambito applicativo dell’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis, comma 7, cod. pen., che contempla il caso in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, quei fattori esterni, agevolmente apprezzabili dagli utenti della strada, che rappresentano per il conducente del mezzo un rischio di cui deve necessariamente tenere conto per conformare la propria condotta a regole di prudenza, diligenza e perizia. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione che aveva escluso il riconoscimento di tale attenuante in un caso di incidente stradale verificatosi su di un tratto di strada urbano, reso scivoloso dall’elevato tasso di umidità notturna) (Sez. 4 n. 8296 del 23/01/2025, Rv. 287605).
3. Il terzo motivo é infondato.
Con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, entrambi i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez.4 n. 32872 del 08/06/2022 Rv.283489).
Con riguardo al diniego della sospensione dell’esecuzione della disposta provvisionale, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui ai fini dell’accoglimento dell’istanza di sospensione dell’esecuzione della condanna civile al pagamento di una provvisionale, è necessario che ricorra un pregiudizio eccessivo per il debitore, che può consistere nella distruzione di
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un bene non reintegrabile ovvero, se si tratta di somme di denaro, nel nocumento derivante dal palese stato di insolvibilità del destinatario della
provvisionale, tale da rendere impossibile o altamente difficoltoso il recupero di quanto pagato, nel caso di modifica della condanna, circostanza che nel caso di
specie, come ritenuto dalla Corte territoriale, non ricorre.
4.
In conclusione il ricorso va rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute
dalle parti civili liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alle parti civi
liquidate come segue:complessivi Euro 6600,00 in favore di NOME COGNOME e
NOME COGNOME in proprio e quali esercenti la responsabilità genitoriale su NOME
COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; complessivi euro 5700,00
in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME in proprio e quali esercenti la responsabilità genitoriale su NOME COGNOME e NOME COGNOME. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento venga omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle persone offese sensi dell’art. 52, comma 2, d.lgs n. 196 del 2003 in quanto disposto d’ufficio e/o imposto dalla legge.