Vendita di prodotti con marchio contraffatto: è reato anche se il falso è palese?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a pronunciarsi su un tema di grande attualità: il commercio di prodotti con marchio contraffatto. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere perché la legge punisce tale condotta anche quando la falsificazione è così evidente da non poter ingannare nessuno. Analizziamo insieme i punti chiave di questa pronuncia.
Il caso in esame: condanna per prodotti con marchio contraffatto
Un commerciante, condannato in Corte d’Appello per aver messo in vendita prodotti con marchi falsificati, ha presentato ricorso in Cassazione. I suoi motivi di difesa si basavano su due argomenti principali:
1. La contraffazione era talmente ‘grossolana’ e le condizioni di vendita così palesi che nessun acquirente avrebbe potuto essere tratto in inganno. A suo dire, questo rendeva il reato ‘impossibile’.
2. In subordine, chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, data la presunta scarsa gravità della sua condotta.
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i punti, dichiarando il ricorso inammissibile.
Il primo motivo di ricorso: la contraffazione ‘grossolana’ è reato?
Il ricorrente sosteneva che un falso evidente non potesse costituire reato. La Cassazione ha smontato questa tesi richiamando un principio consolidato. Il reato previsto dall’articolo 474 del codice penale non tutela il singolo acquirente dall’inganno, ma un bene giuridico più ampio: la fede pubblica.
La fede pubblica è la fiducia che tutti i cittadini ripongono nell’autenticità dei marchi e dei segni distintivi. Questi simboli garantiscono l’origine e la qualità dei prodotti, permettendone una circolazione sicura sul mercato. Mettere in circolazione un prodotto con un marchio contraffatto, anche se palesemente falso, mina questa fiducia collettiva e danneggia il titolare del marchio originale.
Il secondo motivo: perché non è stata applicata la ‘tenuità del fatto’?
Per quanto riguarda la richiesta di applicare l’articolo 131-bis c.p., la Corte ha ritenuto la motivazione del ricorso manifestamente infondata. I giudici hanno sottolineato che la ‘particolare tenuità del fatto’ non può essere valutata sulla base di un singolo elemento, come la presunta esiguità del danno. La sua applicazione richiede un’analisi complessiva di tutti gli ‘indicatori’ previsti dalla legge, tra cui le modalità della condotta e il grado di colpevolezza, come stabilito dall’articolo 133 del codice penale.
La Corte d’Appello aveva già condotto questa valutazione in modo completo e logico, escludendo che il caso in esame potesse essere considerato di lieve entità. Il ricorso in Cassazione si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza sollevare nuove e specifiche critiche alla sentenza impugnata.
Le motivazioni della Corte di Cassazione sul marchio contraffatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché fondato su doglianze che erano una mera ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già esaminate e respinte in appello. Secondo gli Ermellini, il reato di cui all’art. 474 c.p. è un reato di pericolo. Ciò significa che per la sua configurazione è sufficiente la messa in pericolo del bene tutelato (la fede pubblica), senza che sia necessario il verificarsi di un inganno effettivo ai danni del compratore. Di conseguenza, la tesi del ‘reato impossibile’ a causa della contraffazione grossolana è stata ritenuta infondata. La Corte ha ribadito che la norma protegge primariamente l’affidamento dei cittadini nei marchi come strumenti di identificazione dei prodotti industriali e di garanzia per la loro circolazione, tutelando al contempo il titolare del marchio.
Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai stabile e lancia un messaggio chiaro: la lotta alla contraffazione è una priorità per la tutela del mercato e dei consumatori. La decisione ribadisce che la vendita di prodotti con marchio contraffatto è sempre un’attività illecita, indipendentemente dalla qualità della falsificazione. Anche un falso palese è in grado di ledere la fiducia del pubblico e danneggiare l’economia legale. Per gli operatori del settore, ciò significa che non esistono ‘zone grigie’: la detenzione per la vendita di merce contraffatta comporta sempre un rischio penale concreto, e la possibilità di beneficiare della non punibilità per tenuità del fatto è soggetta a una valutazione rigorosa e completa da parte del giudice.
La vendita di un prodotto con un marchio palesemente falso è comunque reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di commercio di prodotti con marchio contraffatto (art. 474 c.p.) sussiste anche se la falsificazione è ‘grossolana’ e facilmente riconoscibile, perché la norma tutela la fede pubblica e non il singolo acquirente dall’inganno.
Perché il reato di commercio di prodotti con marchio contraffatto non richiede che l’acquirente venga effettivamente ingannato?
Perché si tratta di un ‘reato di pericolo’. La legge punisce la semplice messa in circolazione di prodotti falsi perché tale condotta mette in pericolo la fiducia collettiva nei marchi e danneggia il sistema economico e il titolare del marchio, a prescindere dal fatto che un singolo consumatore sia stato o meno raggirato.
Quando può essere esclusa l’applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’ in casi di marchio contraffatto?
L’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.) viene esclusa quando il giudice, attraverso una valutazione complessiva della condotta, del danno e della colpevolezza (secondo i criteri dell’art. 133 c.p.), ritiene che l’offesa non sia di speciale tenuità. Non è sufficiente la sola esiguità del danno, ma occorre un bilanciamento di tutti gli elementi del caso concreto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31988 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31988 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso che contesta la correttezza del motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, non è consentito pe fondato su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, dovendos stesse considerare non specifiche, ma soltanto apparenti, in quanto omettono assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sent oggetto di ricorso;
che, invero, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principi diritto per cui integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rili configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determi dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i pro industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titol marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazio occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di ve siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in (Sez.2, n.16807 dell’11/01/2019, Assane Wade, Rv. 275814 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta il vizi motivazione in relazione alla causa di esclusione della punibilità di cui all’ bis cod. pen. è manifestamente infondato, poiché nell’escludere l’applicazio della speciale causa di non punibilità, la Corte di merito – con motiva congrua e scevra da vizi logici – ha fatto corretta applicazione della dispos censurata, posto che il giudizio di speciale tenuità richiede la valutazione le peculiarità della fattispecie, atteso che l’esiguità dell’offesa costituisc una valutazione congiunta degli indicatori afferenti la condotta, il dann colpevolezza, elementi di giudizio che debbono essere opportunamente bilanciat e valutati in forza dell’espresso richiamo all’art. 133, primo comma, cod. pen che, invero, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, c corretti argomenti logici e giuridici le doglianze difensive dell’appello, mer riprodotte in questa sede (si veda, in particolare, pag. 4);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna delricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro trem
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In favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2024
Il Consigliere Estensore
Il Presidente