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Marchio contraffatto: quando scatta il reato grave?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un gruppo di persone accusate di vendita di prodotti con marchio contraffatto e ricettazione. Nonostante le differenze con l’originale, i prodotti sono stati ritenuti idonei a ingannare i consumatori, integrando il reato più grave previsto dall’art. 474 c.p. e non la fattispecie meno grave della vendita di prodotti con segni mendaci. La Corte ha ritenuto i ricorsi inammissibili perché miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Marchio Contraffatto: La Cassazione e il confine tra falso grossolano e reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4361 del 2024, torna su un tema cruciale per la tutela della proprietà intellettuale e della fede pubblica: la commercializzazione di prodotti con marchio contraffatto. La pronuncia offre importanti chiarimenti sulla linea di demarcazione tra la contraffazione idonea a ingannare il consumatore, penalmente più grave, e quella talmente grossolana da essere considerata una violazione minore. Il caso esaminato riguarda un gruppo di venditori ambulanti condannati per aver messo in commercio gadget di un noto duo di artisti.

I Fatti del Processo

Diversi individui venivano condannati in primo grado e in appello per concorso in detenzione e vendita di prodotti con marchio contraffatto (art. 474 c.p.) e per ricettazione. Nello specifico, durante un evento pubblico, erano stati sorpresi a vendere fascette promozionali che riproducevano il marchio registrato di due cantanti.

La difesa degli imputati aveva costruito il proprio appello su due punti principali:
1. La qualificazione giuridica del fatto: Secondo i legali, la contraffazione era ‘grossolana’, ovvero così palesemente diversa dall’originale da non poter ingannare nessuno. Pertanto, il reato da contestare avrebbe dovuto essere quello, meno grave, di vendita di prodotti con segni mendaci (art. 517 ter c.p.), che tutela la lealtà commerciale e non la fede pubblica.
2. L’insussistenza del concorso di persone: La difesa contestava che vi fossero prove sufficienti per dimostrare un accordo criminoso tra gli imputati, soprattutto nella sua forma aggravata.

Inizialmente, la Corte d’Appello aveva dichiarato i ricorsi inammissibili per un vizio formale legato alla normativa emergenziale Covid-19, ma la Cassazione ha annullato tali ordinanze, passando a esaminare il merito dei ricorsi.

La Decisione della Corte: Il Marchio Contraffatto e la sua idoneità a ingannare

Nonostante l’annullamento delle ordinanze preliminari, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi nel merito, confermando di fatto la condanna. La Suprema Corte ha ritenuto che le argomentazioni della difesa fossero mere ripetizioni di motivi già respinti nei precedenti gradi di giudizio e mirassero a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano correttamente valutato la questione del marchio contraffatto. Anche se la perizia aveva evidenziato alcune difformità grafiche tra i prodotti sequestrati e quelli originali, il giudizio finale, confermato in appello (raggiungendo la cosiddetta ‘doppia conforme’), è stato che i marchi riprodotti erano ‘chiaramente riferibili’ a quelli degli artisti e, soprattutto, ‘avrebbero potuto ingannare l’acquirente’ sulla loro originalità. Questo elemento, l’idoneità a trarre in inganno il consumatore medio, è il discrimine fondamentale tra le due fattispecie di reato.

Le Motivazioni della Sentenza sul Marchio Contraffatto

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella distinzione tra i beni giuridici protetti dalle norme in discussione.

L’art. 474 c.p. (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) è posto a tutela della fede pubblica. Il reato si configura quando la contraffazione è tale da poter ingenerare confusione nel pubblico, inducendolo a credere di acquistare un prodotto originale. Non è necessario che la falsificazione sia perfetta; è sufficiente che possa trarre in inganno una persona di media diligenza.

L’art. 517 ter c.p. (Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale), invece, tutela principalmente l’ordine economico e la lealtà commerciale. Questa norma si applica, in via sussidiaria (‘Salva l’applicazione degli articoli 473 e 474…’), quando la falsificazione è così evidente e ‘grossolana’ da non poter ingannare nessuno sull’autenticità del prodotto, ma lede comunque i diritti del titolare del marchio.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto, con valutazione di fatto non sindacabile in Cassazione, che la capacità ingannatoria sussistesse. La Corte ha inoltre respinto la doglianza relativa al ‘travisamento della prova’, chiarendo che tale vizio si ha solo quando il giudice inventa una prova o ne stravolge il significato letterale, non quando semplicemente la interpreta in modo diverso da come vorrebbe la difesa.

Per quanto riguarda il concorso di persone, la Corte ha considerato logiche e ben motivate le conclusioni dei giudici di merito, basate su elementi come la comune provenienza degli imputati, la mutua assistenza durante l’attività illecita e il commercio degli stessi identici prodotti.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce principi consolidati ma di fondamentale importanza pratica. La distinzione tra contraffazione ‘ingannevole’ e ‘grossolana’ non dipende da un’analisi tecnica minuziosa delle differenze, ma dalla valutazione complessiva dell’effetto che il prodotto falso può avere sul consumatore medio. Se il prodotto è in grado di creare un’associazione con il marchio originale e di indurre in errore sull’autenticità, scatta la più grave tutela della fede pubblica prevista dall’art. 474 c.p. Questa pronuncia conferma che il tentativo di far passare in sede di legittimità una diversa valutazione del fatto, già adeguatamente motivata dai giudici di merito, è destinato all’inammissibilità.

Quando una contraffazione è considerata abbastanza grave da integrare il reato di cui all’art. 474 c.p. invece di quello meno grave dell’art. 517 ter c.p.?
Secondo la sentenza, la contraffazione integra il reato più grave previsto dall’art. 474 c.p. quando, nonostante eventuali imperfezioni, è idonea a ingannare l’acquirente medio sull’originalità del prodotto. Non è richiesta una falsificazione perfetta, ma la capacità di ledere la fede pubblica inducendo in errore.

La mancata sottoscrizione digitale di un allegato a un ricorso inviato via PEC lo rende automaticamente inammissibile?
No. La Corte ha chiarito che, in base alla disciplina emergenziale per il Covid-19 e al principio di conservazione degli atti processuali, la mancata sottoscrizione digitale di allegati non essenziali (cioè non inerenti al contenuto stesso dell’impugnazione) non è causa di inammissibilità del ricorso.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove (come la testimonianza di un esperto) fatta dai giudici di primo e secondo grado?
Generalmente no. La Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito le prove. È possibile farlo solo se si dimostra un ‘travisamento della prova’, cioè quando il giudice ha fondato la sua decisione su una prova inesistente o ne ha travisato palesemente il contenuto, e non quando si propone semplicemente una diversa interpretazione delle risultanze processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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