Marchio Contraffatto e Falso Grossolano: La Cassazione Fa Chiarezza
La commercializzazione di prodotti con un marchio contraffatto è una questione complessa che spesso genera dubbi, soprattutto quando il falso è così evidente da sembrare innocuo. Molti credono che se un prodotto è palesemente non originale, non possa configurarsi un reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 27064/2024) smonta questa convinzione, offrendo un’analisi rigorosa del reato previsto dall’art. 474 del codice penale e del bene giuridico che intende proteggere.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per la detenzione a fini di vendita di prodotti recanti marchi contraffatti. La condanna, emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. La difesa si basava su un unico, ma cruciale, motivo: la palese e grossolana contraffazione dei prodotti rendeva impossibile ingannare gli acquirenti, configurando così l’ipotesi del ‘reato impossibile’ secondo l’art. 49 c.p.
La Tesi Difensiva: La Contraffazione Grossolana
L’imputato, attraverso il suo ricorso, ha sostenuto che il reato non sussistesse. A suo avviso, la qualità scadente dei prodotti e le modalità di vendita erano tali da escludere a priori qualsiasi possibilità di trarre in inganno un consumatore medio. In sostanza, nessuno avrebbe potuto ragionevolmente credere di acquistare un prodotto originale. Questa linea difensiva mirava a dimostrare che, mancando l’attitudine ingannatoria, la condotta era penalmente irrilevante.
L’Analisi della Cassazione sul marchio contraffatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire principi fondamentali in materia. La decisione si articola su alcuni punti chiave che chiariscono la natura e lo scopo della norma incriminatrice.
Il Bene Giuridico Tutelato non è il Consumatore, ma la Fede Pubblica
Il punto centrale della motivazione della Corte è l’identificazione del bene giuridico protetto dall’art. 474 c.p. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la norma non mira a tutelare la libera determinazione del singolo acquirente, ma un interesse collettivo superiore: la fede pubblica.
Questa è intesa come l’affidamento che tutti i cittadini ripongono nell’autenticità dei marchi e dei segni distintivi. Tali segni non solo identificano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali, ma ne garantiscono anche la circolazione sicura e affidabile, a tutela del titolare del marchio stesso e dell’intero sistema economico.
Il Reato di Pericolo e l’Irrilevanza dell’Inganno Effettivo
Di conseguenza, il delitto di commercio di prodotti con marchio contraffatto è un reato di pericolo. Ciò significa che per la sua consumazione non è necessario che si verifichi un danno concreto (l’inganno del compratore), ma è sufficiente la mera messa in pericolo del bene tutelato. La semplice detenzione per la vendita di prodotti falsi è di per sé sufficiente a ledere la fiducia del pubblico nei marchi, indipendentemente dal fatto che qualcuno venga effettivamente ingannato.
Come si Valuta la Contraffazione Grossolana?
La Corte chiarisce un altro aspetto fondamentale: la valutazione della ‘grossolanità’ della contraffazione. Secondo gli Ermellini, perché un falso possa essere considerato innocuo e, quindi, il reato impossibile, l’analisi deve concentrarsi sull’attitudine ingannatoria del marchio contraffatto in sé, astraendo dal contesto. Le modalità di vendita (come il prezzo irrisorio o la vendita su una bancarella) e altre circostanze esterne non sono rilevanti per escludere il reato. Queste, infatti, attengono alla tutela del consumatore, che è protetta da altre norme, ma non escludono la lesione della fede pubblica.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché la tesi difensiva era in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale. Integra il delitto previsto dall’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti con marchio contraffatto, senza che la grossolanità della contraffazione o le condizioni di vendita possano escluderlo. La condotta dell’imputato ha messo in pericolo la fede pubblica, e questo è sufficiente a configurare il reato. La ripetizione da parte della Corte d’Appello delle motivazioni del primo grado è stata considerata legittima, dato che il motivo d’appello era già di per sé manifestamente infondato.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione riafferma con forza un principio cruciale: la lotta alla contraffazione tutela un interesse collettivo che trascende la protezione del singolo consumatore. La circolazione di prodotti falsi, anche se palesemente tali, inquina il mercato e mina la fiducia nei segni distintivi che ne regolano il funzionamento. Per gli operatori e i consumatori, il messaggio è chiaro: la detenzione a fini di vendita di un marchio contraffatto è una condotta penalmente rilevante, e l’argomento del ‘falso evidente’ ha scarse, se non nulle, possibilità di essere accolto in un’aula di tribunale.
Vendere un prodotto con un marchio contraffatto in modo palese è comunque reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è reato. La norma non tutela l’acquirente dall’inganno, ma la fede pubblica, ovvero la fiducia della collettività nei marchi. Pertanto, la condotta è punibile anche se il falso è evidente.
Cosa protegge principalmente l’articolo 474 del codice penale?
L’articolo 474 del codice penale protegge, in via principale e diretta, la fede pubblica. La tutela non è rivolta alla libera determinazione dell’acquirente, ma all’affidamento che i cittadini ripongono nei marchi e nei segni distintivi come garanzia di autenticità dei prodotti.
Per valutare se una contraffazione è ‘grossolana’ e quindi non punibile, si devono considerare le modalità di vendita?
No. La Corte ha stabilito che la valutazione deve avere riguardo all’attitudine ingannatoria del marchio in sé e non alle modalità di vendita o ad altre circostanze esterne (come il prezzo basso). Queste ultime attengono alla tutela del consumatore, ma non escludono il reato contro la fede pubblica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27064 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27064 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Ragusa di condanna per il reato di cui all’art. 474 cod. pen.;
Rilevato che il motivo unico di ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in ordine alla sussistenza del reato ascrittogli in rubrica e alla mancata applicazione dell’art. 49 cod. pen. – è manifestamente infondato benché la Corte di appello non abbia fatto altro che riportare la motivazione del Giudice di prime cure. Il motivo di appello, infatti, era manifestamente infondato, donde la mancanza di una risposta ineccepibile della Corte di merito non conduce all’annullamento della sentenza, perché il ricorrente è privo di interesse a dolersi di una lacuna motivazionale che, in caso di annullamento, non sortirebbe alcun esito positivo nel giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, COGNOME e altri, Rv. 265878; Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263157). Il motivo di appello era manifestamente infondato perché, secondo questa Corte, integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (tra e altre, Sez. 2 – Sentenza 16807 del 11/01/2019 Ud. (dep. 17/04/2019) Rv. 275814 – 01; Sez. 2 – , Sentenza n. 16807 del 11/01/2019 Ud. (dep. 17/04/2019 ) Rv. 275814 – 01, COGNOME). Ancora, in tema di commercio di prodotti con segni falsi, perché il falso possa essere considerato innocuo e grossolano e, dunque, il reato impossibile, è necessario avere riguardo alla attitudine ingannatoria del marchio in sé e non alle modalità di vendita e alle altre circostanze esterne, che attengono, invece, alla tutela del consumatore (Sez. 5 Sentenza n. 30539 del 13/05/2021 Ud. (dep. 04/08/2021) Rv. 281702 – 01). Di conseguenza, la ripetizione testuale di quanto già scritto dal Tribunale di primo grado non rilevai ai fini dell’impugnabilità della sentenza; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 giugno 2024.