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Marchio contraffatto: quando il reato sussiste sempre

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la vendita di prodotti con marchio contraffatto. L’imputato sosteneva che il reato fosse impossibile data l’evidente grossolanità della contraffazione. La Corte ha ribadito che il reato in questione non tutela il singolo acquirente dall’inganno, ma la fede pubblica, ovvero la fiducia collettiva nei marchi. Pertanto, la detenzione per la vendita di un marchio contraffatto integra il reato a prescindere dalla possibilità concreta di ingannare l’acquirente.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Marchio Contraffatto e Falso Grossolano: La Cassazione Fa Chiarezza

La commercializzazione di prodotti con un marchio contraffatto è una questione complessa che spesso genera dubbi, soprattutto quando il falso è così evidente da sembrare innocuo. Molti credono che se un prodotto è palesemente non originale, non possa configurarsi un reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 27064/2024) smonta questa convinzione, offrendo un’analisi rigorosa del reato previsto dall’art. 474 del codice penale e del bene giuridico che intende proteggere.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per la detenzione a fini di vendita di prodotti recanti marchi contraffatti. La condanna, emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. La difesa si basava su un unico, ma cruciale, motivo: la palese e grossolana contraffazione dei prodotti rendeva impossibile ingannare gli acquirenti, configurando così l’ipotesi del ‘reato impossibile’ secondo l’art. 49 c.p.

La Tesi Difensiva: La Contraffazione Grossolana

L’imputato, attraverso il suo ricorso, ha sostenuto che il reato non sussistesse. A suo avviso, la qualità scadente dei prodotti e le modalità di vendita erano tali da escludere a priori qualsiasi possibilità di trarre in inganno un consumatore medio. In sostanza, nessuno avrebbe potuto ragionevolmente credere di acquistare un prodotto originale. Questa linea difensiva mirava a dimostrare che, mancando l’attitudine ingannatoria, la condotta era penalmente irrilevante.

L’Analisi della Cassazione sul marchio contraffatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire principi fondamentali in materia. La decisione si articola su alcuni punti chiave che chiariscono la natura e lo scopo della norma incriminatrice.

Il Bene Giuridico Tutelato non è il Consumatore, ma la Fede Pubblica

Il punto centrale della motivazione della Corte è l’identificazione del bene giuridico protetto dall’art. 474 c.p. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la norma non mira a tutelare la libera determinazione del singolo acquirente, ma un interesse collettivo superiore: la fede pubblica.
Questa è intesa come l’affidamento che tutti i cittadini ripongono nell’autenticità dei marchi e dei segni distintivi. Tali segni non solo identificano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali, ma ne garantiscono anche la circolazione sicura e affidabile, a tutela del titolare del marchio stesso e dell’intero sistema economico.

Il Reato di Pericolo e l’Irrilevanza dell’Inganno Effettivo

Di conseguenza, il delitto di commercio di prodotti con marchio contraffatto è un reato di pericolo. Ciò significa che per la sua consumazione non è necessario che si verifichi un danno concreto (l’inganno del compratore), ma è sufficiente la mera messa in pericolo del bene tutelato. La semplice detenzione per la vendita di prodotti falsi è di per sé sufficiente a ledere la fiducia del pubblico nei marchi, indipendentemente dal fatto che qualcuno venga effettivamente ingannato.

Come si Valuta la Contraffazione Grossolana?

La Corte chiarisce un altro aspetto fondamentale: la valutazione della ‘grossolanità’ della contraffazione. Secondo gli Ermellini, perché un falso possa essere considerato innocuo e, quindi, il reato impossibile, l’analisi deve concentrarsi sull’attitudine ingannatoria del marchio contraffatto in sé, astraendo dal contesto. Le modalità di vendita (come il prezzo irrisorio o la vendita su una bancarella) e altre circostanze esterne non sono rilevanti per escludere il reato. Queste, infatti, attengono alla tutela del consumatore, che è protetta da altre norme, ma non escludono la lesione della fede pubblica.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché la tesi difensiva era in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale. Integra il delitto previsto dall’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti con marchio contraffatto, senza che la grossolanità della contraffazione o le condizioni di vendita possano escluderlo. La condotta dell’imputato ha messo in pericolo la fede pubblica, e questo è sufficiente a configurare il reato. La ripetizione da parte della Corte d’Appello delle motivazioni del primo grado è stata considerata legittima, dato che il motivo d’appello era già di per sé manifestamente infondato.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione riafferma con forza un principio cruciale: la lotta alla contraffazione tutela un interesse collettivo che trascende la protezione del singolo consumatore. La circolazione di prodotti falsi, anche se palesemente tali, inquina il mercato e mina la fiducia nei segni distintivi che ne regolano il funzionamento. Per gli operatori e i consumatori, il messaggio è chiaro: la detenzione a fini di vendita di un marchio contraffatto è una condotta penalmente rilevante, e l’argomento del ‘falso evidente’ ha scarse, se non nulle, possibilità di essere accolto in un’aula di tribunale.

Vendere un prodotto con un marchio contraffatto in modo palese è comunque reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è reato. La norma non tutela l’acquirente dall’inganno, ma la fede pubblica, ovvero la fiducia della collettività nei marchi. Pertanto, la condotta è punibile anche se il falso è evidente.

Cosa protegge principalmente l’articolo 474 del codice penale?
L’articolo 474 del codice penale protegge, in via principale e diretta, la fede pubblica. La tutela non è rivolta alla libera determinazione dell’acquirente, ma all’affidamento che i cittadini ripongono nei marchi e nei segni distintivi come garanzia di autenticità dei prodotti.

Per valutare se una contraffazione è ‘grossolana’ e quindi non punibile, si devono considerare le modalità di vendita?
No. La Corte ha stabilito che la valutazione deve avere riguardo all’attitudine ingannatoria del marchio in sé e non alle modalità di vendita o ad altre circostanze esterne (come il prezzo basso). Queste ultime attengono alla tutela del consumatore, ma non escludono il reato contro la fede pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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