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Marchio contraffatto: quando il reato sussiste

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per commercio di prodotti con marchio contraffatto. La Corte ribadisce che, per i marchi notori, la tutela penale non richiede la prova della registrazione e che la natura grossolana della falsificazione è irrilevante, in quanto il reato protegge la fede pubblica e non il singolo consumatore.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Marchio Contraffatto: La Notorietà del Brand Batte la Registrazione

La commercializzazione di prodotti con un marchio contraffatto rappresenta una seria minaccia non solo per i titolari dei diritti di proprietà intellettuale, ma anche per la fiducia dei consumatori nel mercato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui requisiti necessari per configurare il reato previsto dall’art. 474 del codice penale, sottolineando come la notorietà di un brand possa prevalere sulla sua formale registrazione e come la qualità della falsificazione sia irrilevante ai fini della colpevolezza. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello per il reato di detenzione e vendita di prodotti, nello specifico calzature, recanti marchi di note aziende sportive palesemente contraffatti. L’imputato ha basato il suo ricorso in Cassazione su diversi motivi. In primo luogo, ha sostenuto la natura grossolana della contraffazione, che a suo dire avrebbe reso impossibile trarre in inganno gli acquirenti. In secondo luogo, ha eccepito che uno dei marchi in questione non sarebbe stato più validamente registrato, a seguito di una presunta decisione della Corte di giustizia europea. Infine, ha contestato la valutazione delle prove e la motivazione della sentenza d’appello.

La Decisione sul Marchio Contraffatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive. I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso aspecifici, ripetitivi di questioni già esaminate e respinte in appello, e in parte volti a sollecitare una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione si fonda su principi giuridici consolidati in materia di tutela dei marchi e di fede pubblica, offrendo spunti di riflessione di grande rilevanza pratica.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato le sue motivazioni su tre pilastri fondamentali, ciascuno dei quali merita un’analisi approfondita.

1. Irrilevanza della Contraffazione Grossolana: La Cassazione ha ribadito un principio cardine: il reato di cui all’art. 474 c.p. non tutela la libera determinazione del singolo acquirente, ma un bene giuridico più ampio, la fede pubblica. Questo significa che l’obiettivo della norma è proteggere la fiducia generale che i cittadini ripongono nell’autenticità dei marchi come segni distintivi di prodotti e opere dell’ingegno. Pertanto, il reato è di pericolo e non richiede che l’inganno si realizzi effettivamente. Anche una falsificazione palese e grossolana può integrare il reato, poiché la sola circolazione di prodotti con marchio falso mina la fiducia nel mercato. La possibilità che un acquirente possa essere tratto in inganno non è un requisito necessario per la configurabilità del delitto.

2. Prevalenza della Notorietà sulla Registrazione: Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la tutela dei marchi notori. I giudici hanno chiarito che, per un marchio contraffatto di larghissimo uso e incontestata utilizzazione a livello internazionale, la prova della formale registrazione non è un requisito indispensabile per la sua protezione penale. Ciò che conta è la sua “rinomanza” e la sua “notoria riferibilità” a una specifica casa produttrice. In questi casi, è sufficiente che tali elementi siano provati, spettando poi all’imputato l’onere di fornire la prova contraria. La Corte d’appello, nel caso specifico, aveva correttamente evidenziato come i marchi in questione fossero diffusi da decenni a livello globale e immediatamente riconoscibili.

3. Aspecificità e Inammissibilità del Ricorso: Infine, la Corte ha censurato la modalità con cui è stato formulato il ricorso. I motivi sono stati giudicati generici e non in grado di instaurare un vero contraddittorio con la sentenza impugnata. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza una critica puntuale e argomentata delle motivazioni della Corte d’Appello. Questo atteggiamento processuale, che si traduce in una richiesta di rivalutazione del merito, non è ammissibile davanti alla Corte di Cassazione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire una tutela robusta ai titolari di marchi e alla fede pubblica. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare: la lotta alla contraffazione non si ferma di fronte a falsi palesi, né a cavilli burocratici sulla registrazione quando si tratta di brand universalmente noti. Per gli operatori del mercato, ciò significa che la detenzione per la vendita di prodotti con un marchio contraffatto è un reato grave, i cui elementi costitutivi sono interpretati in modo estensivo per proteggere l’integrità del commercio e la fiducia dei consumatori.

Per configurare il reato di commercio di prodotti con marchio contraffatto è necessario che la falsificazione sia perfetta e ingannevole?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il reato tutela la fede pubblica, ovvero la fiducia collettiva nei marchi, e non il singolo acquirente. Pertanto, anche una contraffazione grossolana, facilmente riconoscibile, integra il reato perché la semplice circolazione di tali prodotti mina la fiducia generale.

Un marchio deve essere formalmente registrato in Italia per ottenere tutela penale dalla contraffazione?
No, non necessariamente. Per i marchi che godono di larghissimo uso e notorietà internazionale, la prova della registrazione formale non è un requisito indispensabile. È sufficiente che siano provate la rinomanza del marchio e la sua chiara riconducibilità a una determinata casa produttrice.

È responsabile penalmente solo chi produce materialmente il bene con marchio contraffatto?
No. L’articolo 474 del codice penale punisce non solo la produzione, ma anche la detenzione a scopo di vendita di prodotti con marchi contraffatti. Di conseguenza, chiunque ponga in vendita tali beni è responsabile, indipendentemente dal fatto che abbia personalmente realizzato la falsificazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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