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Marchio contraffatto: prova non necessaria se notorio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per commercio di prodotti con marchio contraffatto. Viene stabilito che, per marchi di larghissimo uso e notorietà, non è richiesta alla pubblica accusa la prova della registrazione. L’onere di fornire la prova contraria grava sull’imputato, che nel caso di specie non ha adempiuto, presentando argomentazioni generiche e non pertinenti.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Marchio Contraffatto Notorio: L’Onere della Prova si Inverte

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di commercio di prodotti con marchio contraffatto, ribadendo un principio fondamentale sull’onere della prova. Quando un marchio è talmente famoso da essere considerato di ‘larghissimo uso’, la sua notorietà è sufficiente a fondare una condanna, a meno che l’imputato non dimostri il contrario. Questa decisione chiarisce i doveri processuali in materia di contraffazione e tutela della proprietà intellettuale.

I fatti di causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo condannato nei gradi di merito per ricettazione e commercio di prodotti con marchi e segni distintivi falsificati. La Corte d’Appello aveva confermato la sua responsabilità penale. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando la sentenza sulla base di un presunto difetto di prova: a suo dire, l’accusa non aveva dimostrato l’avvenuta registrazione dei marchi che si assumevano contraffatti.

Il ricorso e la questione sul marchio contraffatto

La difesa ha incentrato i suoi motivi di ricorso sulla mancanza di prova della registrazione di un noto marchio sportivo, citando anche una presunta declaratoria di nullità di tale marchio da parte degli organi competenti dell’Unione Europea. Sostanzialmente, la tesi difensiva era che, in assenza di una prova certa sulla validità e registrazione del marchio originale, non si potesse configurare il reato di contraffazione.

La decisione della Corte di Cassazione: la notorietà del marchio contraffatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e privo di specificità. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per riaffermare un consolidato orientamento giurisprudenziale. Se è vero che in generale spetta al giudice l’accertamento incidentale della registrazione del marchio, tale regola subisce un’importante eccezione.

Quando si tratta di un marchio contraffatto che gode di larghissimo uso e incontestata utilizzazione, la prova della sua registrazione non è un requisito necessario per l’accusa. La notorietà del marchio stesso diventa un fatto che non necessita di prova specifica. In questi casi, si verifica una vera e propria inversione dell’onere della prova: spetta all’imputato fornire la ‘prova contraria’, ovvero dimostrare che il marchio non è registrato o è nullo.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, la genericità del ricorso. La difesa si è limitata a sollevare una questione di diritto in astratto (la nullità di un marchio specifico), senza però confrontarsi con le argomentazioni della sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, aveva basato la sua decisione sulla notorietà dei ‘plurimi marchi’ sequestrati, come confermato anche dalle dichiarazioni degli agenti operanti. L’imputato non ha mai contestato nel merito questa notorietà né ha fornito elementi concreti a sostegno della sua tesi.

In secondo luogo, la Corte ha valorizzato l’inosservanza degli ‘oneri probatori difensivi’. L’imputato, di fronte alla provata notorietà dei marchi, avrebbe dovuto attivarsi per dimostrare la fondatezza delle sue affermazioni, cosa che non è avvenuta. Di conseguenza, il suo ricorso è apparso come un tentativo di ignorare le solide fondamenta della decisione di condanna, rendendolo così inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di grande rilevanza pratica. Nei processi per contraffazione, la notorietà di un marchio può essere sufficiente a dimostrare l’esistenza del diritto tutelato. Questo alleggerisce il compito dell’accusa, che non deve produrre complessa documentazione sulla registrazione di marchi universalmente conosciuti. Al contempo, pone un onere specifico sulla difesa: chi vuole contestare l’esistenza o la validità di un marchio notorio deve farlo con prove concrete e specifiche, non con mere asserzioni generiche. La decisione, pertanto, rafforza la tutela dei marchi più famosi contro la contraffazione, rendendo più difficile per gli imputati eludere la responsabilità penale attraverso cavilli procedurali.

È sempre necessario provare in tribunale che un marchio è registrato per poter condannare qualcuno per contraffazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, quando si tratta di un marchio di larghissimo uso e notorio, la prova della sua registrazione non è richiesta. La notorietà stessa è considerata una prova sufficiente.

In caso di un marchio molto famoso, su chi ricade l’onere di provare la sua registrazione o non registrazione?
L’onere della prova si inverte. Non è l’accusa a dover provare la registrazione, ma è l’imputato che deve fornire la prova contraria, ossia dimostrare che il marchio non è registrato, è nullo o che per altre ragioni non gode di tutela.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché manifestamente infondato e generico. La difesa non si è confrontata con le motivazioni specifiche della sentenza impugnata, che si basavano sulla notorietà dei marchi, e non ha fornito alcuna prova concreta a sostegno della propria tesi, venendo meno al proprio onere probatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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