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Marchio contraffatto: Cassazione su screenshot e reato

Un soggetto, condannato per aver commercializzato un veicolo con un marchio contraffatto, ha proposto ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le statuizioni civili a suo carico nonostante l’intervenuta prescrizione del reato. L’ordinanza stabilisce principi chiave: uno screenshot da social network è una prova documentale valida e la natura grossolana della contraffazione è irrilevante ai fini della configurabilità del reato, poiché la norma tutela la pubblica fede.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Marchio Contraffatto: Legittimo lo Screenshot come Prova secondo la Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del reato di commercio di prodotti con marchio contraffatto, fornendo chiarimenti cruciali sulla validità delle prove digitali e sulla natura stessa del delitto. La decisione ribadisce che anche una contraffazione palese può integrare il reato e che gli screenshot presi dai social network costituiscono una prova documentale pienamente legittima nel processo penale.

I Fatti del Caso: Vendita di un’Autovettura con Marchio Falso

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il delitto previsto dall’art. 474 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver commercializzato un’autovettura sulla quale era stato apposto un marchio falsificato. La prova a suo carico includeva, tra l’altro, alcuni screenshot della pagina Facebook della sua società, dove il veicolo veniva pubblicizzato.

In appello, la Corte territoriale aveva dichiarato il reato estinto per intervenuta prescrizione, ma aveva confermato le statuizioni civili, ovvero la condanna al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sollevando cinque motivi di doglianza.

La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa e consolidando importanti principi giuridici.

La questione del marchio contraffatto e la prescrizione

Il ricorrente sosteneva che, essendo il reato prescritto, la Corte d’Appello avrebbe dovuto revocare la condanna al pagamento della provvisionale. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che le statuizioni civili disposte con la sentenza di condanna restano valide se la prescrizione matura dopo la sentenza di primo grado. Solo se la prescrizione fosse intervenuta prima, la conferma delle disposizioni civili sarebbe stata illegittima.

La prova tramite screenshot e la sua validità

Un altro punto contestato era l’utilizzo di screenshot di una pagina Facebook come prova. La difesa ne contestava la legittimità. La Corte, richiamando la sua giurisprudenza consolidata, ha affermato che la realizzazione di una fotografia istantanea dello schermo di un dispositivo elettronico (“screenshot”) è un modo legittimo per acquisire un documento. Non vi è alcuna differenza tra la fotografia di uno schermo e quella di qualsiasi altro oggetto, rendendone legittima l’acquisizione nel processo.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si snodano attraverso l’analisi dei singoli motivi di ricorso. In primo luogo, viene ribadito che il delitto di commercio di prodotti con marchio contraffatto è un reato di pericolo. Ciò significa che la legge non intende proteggere solo l’acquirente finale dall’inganno, ma tutela un bene giuridico di più ampia portata: la pubblica fede. La fiducia dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi è il vero oggetto della protezione penale.

Di conseguenza, è irrilevante che la contraffazione sia “grossolana”, ovvero così evidente da non poter ingannare un consumatore mediamente attento. Anche una falsificazione palese è idonea a ledere la fiducia del pubblico nei marchi, integrando quindi il reato. La possibilità che qualcuno possa essere tratto in inganno è sufficiente, senza che l’inganno si realizzi effettivamente.

La Corte ha inoltre considerato generiche le altre doglianze, come la richiesta di rinnovare l’istruttoria in appello per sentire un nuovo testimone. La richiesta era priva dell’indicazione delle circostanze decisive che tale teste avrebbe potuto riferire. Infine, il motivo relativo al concorso nel reato è stato giudicato un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione con significative implicazioni pratiche.

1. Valore probatorio degli screenshot: Viene definitivamente sancita la piena legittimità dell’uso di screenshot come prova documentale, un principio fondamentale nell’era digitale dove molte attività, lecite e illecite, lasciano tracce sui social network.

2. Tutela del marchio: La decisione rafforza la tutela del marchio contraffatto, chiarendo che l’obiettivo della norma è proteggere il mercato e la fiducia dei consumatori in generale, non solo il singolo acquirente. Questo rende più difficile per gli imputati difendersi sostenendo la palese falsità del prodotto.

3. Effetti della prescrizione: Si consolida il principio per cui la prescrizione del reato, se intervenuta dopo la sentenza di primo grado, non travolge le condanne al risarcimento del danno, garantendo così una tutela effettiva alla parte civile danneggiata dal reato.

Uno screenshot da un social network può essere usato come prova in un processo penale?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’acquisizione di una pagina di un social network tramite screenshot è pienamente legittima e costituisce a tutti gli effetti una prova documentale valida ai sensi dell’art. 234 c.p.p.

Se una contraffazione è così evidente da non poter ingannare, si commette comunque il reato di commercio di prodotti con marchio contraffatto?
Sì, il reato sussiste ugualmente. La norma non tutela solo l’acquirente dal singolo inganno, ma primariamente la ‘pubblica fede’, ovvero la fiducia collettiva nell’autenticità dei marchi. Pertanto, la cosiddetta ‘contraffazione grossolana’ non esclude la configurabilità del delitto.

Cosa succede alle richieste di risarcimento del danno se il reato si prescrive dopo la condanna di primo grado?
Le statuizioni civili, come la condanna al pagamento di una provvisionale, rimangono valide ed efficaci. La Corte ha stabilito che la loro conferma in appello è illegittima solo nel caso in cui la prescrizione del reato sia maturata prima della sentenza di primo grado, non dopo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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