Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8070 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8070 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Zhejiang (Repubblica Popolare Cinese) il 19/05/1984; avverso la sentenza del 19/04/2024 della Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 aprile 2024, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del 29 maggio 2023 del Tribunale di Roma, ha rideterminato in mesi quattro di reclusione la pena inflitta all’imputato, ritenuto responsabile per il reato, così riqualificato, di cui agli artt. 56 e 515 cod. pen. – a lui ascritto p aver compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco all’immissione in commercio occhiali da sole con marchio CE contraffatto – altresì concedendo il
At)
beneficio della non menzione della condanna sul certificato del casellario giudiziale e confermando nel resto la sentenza appellata.
Avverso la sentenza, l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di censura, il travisamento della prova.
La Corte di appello di Roma, infatti – nel ritenere che i test report che raccolgono i requisiti essenziali di sicurezza elencati dalla normativa europea e che devono essere elaborati da un istituto accreditato, siano stati redatti in epoca successiva all’apposizione del marchio contraffatto, contestata come commessa nel 2020, avrebbe erroneamente fondato il proprio convincimento su una prova inesistente – non risultando agli atti alcuna documentazione tecnica redatta o predisposta nell’anno 2021. Tali certificazioni, all’opposto, sarebbero state regolarmente rilasciate dal RAGIONE_SOCIALE un organismo notificato accreditato anche in Europa, nonché appositamente allegate alle fatture di acquisto al fine di consentire lo sdoganamento dei relativi beni, poi debitamente perfezionatosi per la conformità degli stessi prodotti alla normativa vigente nazionale ed europea.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – che censura la configurabilità del contestato reato di cui agli artt. 56 e 515 cod. pen. allorché deduce che gli occhiali da sole sequestrati fossero assistiti dalle certificazioni di conformità necessarie per la legittima apposizione del marco CE – è inammissibile giacché generico, oltre che manifestamente infondato. La prospettazione difensiva, infatti, coglie soltanto parzialmente la ratio decidendi del provvedimento, basato, oltre che sulla datazione della documentazione – che la Corte di appello ha ritenuto risalire al 2021 e, dunque, ad epoca successiva all’apposizione del marchio contraffatto – anche sulla duplice considerazione della mancata esibizione, al momento del controllo da parte della polizia giudiziaria, della documentazione attestante la regolarità dell’apposizione del marchio CE, nonché della impossibilità di riferire con certezza ai prodotti in sequestro la documentazione prodotta in sede dibattimentale, limitandosi piuttosto a contestare il solo elemento cronologico.
1.1. Preliminarmente, occorre ricordare che, come già rilevato in Sez. 3, n. 45916 del 18/09/2014, Rv. 260914, la funzione della marcatura CE è la tutela degli interessi pubblici della salute e della sicurezza degli utilizzatori dei prodot mediante l’attestazione della rispondenza alle disposizioni comunitarie che ne prevedono l’utilizzo; la stessa, pur non fungendo da marchio di qualità o di origine, costituisce comunque un marchio amministrativo, che evidenzia la possibilità di
libera circolazione del prodotto nel mercato comunitario (Sez. 2, n. 36228 del 18/09/2009). La marcatura CE, infatti, attesta la conformità del prodotto a standard minimi di qualità e costituisce, pertanto, una garanzia della qualità e della sicurezza della merce che si acquista (Sez. 3, n. 23819 del 09/06/2009).
Se, dunque, l’interesse tutelato dalla disposizione in esame è quello dello Stato e del consumatore al leale esercizio del commercio ed il reato in essa previsto è integrato dalla semplice messa in vendita di un bene difforme da quello dichiarato, è evidente che la consegna di merce recante una marcatura contraffatta, attestante la rispondenza a specifiche caratteristiche che assicurano la sussistenza dei requisiti di sicurezza e qualità richiesti dalla normativa comunitaria, determina senz’altro quella divergenza qualitativa che si ritiene necessaria per configurare l’illecito penale. La decettività della marcatura CE (China Export) – che si distingue da quella europea per la sola, impercettibile, diversa distanza tra le due lettere – dunque, è da sola sufficiente ad ingenerare nel consumatore la convinzione che la merce abbia le caratteristiche e gli standard europei, poiché questa garantisce non solo la provenienza del bene dall’Europa, ma anche la sussistenza dei requisiti aprioristicamente standardizzati dalla normativa comunitaria, che possono essere scelti dall’acquirente in ragione della loro origine e provenienza controllata alla fonte (Sez. 3, n. 30961 del 11/07/2024, in motivazione).
Secondo l’orientamento ampiamente consolidato della giurisprudenza, correttamente richiamato dalla Corte di appello di Roma e condiviso dal Collegio, pertanto, integra il reato di tentativo di frode in commercio il detenere, anche presso un esercizio commerciale di distribuzione e vendita all’ingrosso, prodotti privi di marcatura “CE” o con marcatura “CE” contraffatta, in quanto la presenza di tale marcatura è finalizzata ad attestare la conformità del prodotto a standard minimi di qualità e sicurezza (ex multis, Sez. 3, n. 17686 del 14/12/2018, dep. 2019, Rv. 275932; Sez. 3, n. 27704 del 21/04/2010, Rv. 248133; Sez. 5, n. 5068 del 26/10/2012, dep. 2013, Rv. 254652).
1.2. Ciò precisato, a norma del regolamento 2008/765/CE, della direttiva 30/2014/UE e del d.lgs. n. 196 del 2007, poi modificato dal d.lgs. n. 80 del 2016, per, poter legittimamente il marchio CE ai prodotti di importazione, è necessaria la predisposizione di un fascicolo tecnico nel quale sia data dimostrazione dell’esistenza dei requisiti occorrenti per lo specifico prodotto, nonché una dichiarazione di conformità resa dal produttore (o fabbricante), ovvero da un organo notificato competente.
La responsabilità di dichiarare la conformità con tutti i requisiti ricade, esclusivamente, sul produttore. Una volta ottenuto il marchio CE, il produttore può essere tenuto a fornire ai distributori e/o importatori tutta la documentazione di
supporto. Spetta al produttore verificare che il prodotto risponda a tutti i requisit della legislazione europea. Per alcuni prodotto, poi, è richiesta la verifica di conformità agli specifici requisiti tecnici richiesti dalla normativa da parte appositi organismi, i c.d. organismi notificati.
Operate queste preliminari attività, è possibile apporre il marchio CE sul prodotto; marchio che, nello specifico, deve essere visibile, leggibile ed indelebile. Se nel processo è intervenuto un organismo notificato, occorre apporre sul prodotto il numero di identificazione di tale organismo. È necessario, infine, redigere e firmare una dichiarazione di conformità UE che certifichi la conformità del prodotto a tutti i requisiti di legge.
Quanto agli importatori, essi devono assicurare che i prodotti che immettono sul mercato rispettino i requisiti applicabili e non presentino un rischio per consumatori europei. L’importatore deve verificare che il produttore extra-UE abbia adottato tutte le misure necessarie e che la relativa documentazione sia disponibile su richiesta.
Da parte loro, i distributori hanno l’onere di una conoscenza di base dei requisiti giuridici (ossia sapere quali prodotti devono recare marchio CE e conoscere la documentazione di accompagnamento) e dovrebbero inoltre essere in grado di individuare i prodotti che palesemente non siano conformi. Devono infine poter dimostrare alle autorità nazionali che hanno agito con la dovuta diligenza e che hanno ricevuto la conferma, da parte del produttore o l’importatore, che sono state adottate le misure necessarie. Oltre a ciò, il distributore deve essere in grado di assistere le autorità nazionali nel reperire la necessaria documentazione.
1.3. Nell’ambito della cornice normativa sopra sintetizzata, assume rilievo particolare, per il caso di specie, l’art. 19 del Regolamento Europeo citato, secondo cui le autorità di vigilanza del mercato controllano in modo appropriato e su scala adeguata le caratteristiche dei prodotti, potendo, a tal fine, chiedere agli operatori economici di mettere a disposizione la documentazione e le informazioni che ritengano necessarie ai fini dello svolgimento delle loro attività e, se necessario e giustificato, l’accesso ai locali degli operatori economici ed il prelievo dei necessari campioni di prodotti. Inoltre, è previsto che, qualora gli operatori economici presentino rapporti di prova o certificati di conformità rilasciati da un organismo accreditato di valutazione della conformità, le autorità di vigilanza del mercato tengono debitamente conto di tali rapporti o certificati.
Si delinea in tal modo un duplice principio, per cui da una parte, costituisce prova della regolarità della dichiarazione di conformità in parola il possesso di congrua documentazione dimostrativa della regolarità delle previe verifiche effettuate dall’operatore; dall’altra sussiste un onere di necessaria collaborazione
As
degli operatori economici interessati, tenuti, a fronte delle richieste di controllo formulate dagli organi a tal fine competenti, a fornire la documentazione di supporto sopra indicata e descrittiva della procedura sfociata nella dichiarazione di conformità ai requisiti europei. Ciò che, in altri termini, equivale a dire che, come più volte ribadito dalla stessa giurisprudenza di legittimità, in tema di delitti contro l’industria ed il commercio, la mancata consegna da parte di colui che pone in vendita prodotti che recano il marchio CE, nel corso di un controllo, della documentazione che attesta la regolarità dell’apposizione di tale marchio, integrando l’omissione di una condotta richiesta agli operatori economici, costituisce un comportamento significativo, in assenza di elementi contrari, della irregolarità dell’apposizione, non comportando un’inammissibile inversione dell’onere della prova della sussistenza del reato di tentativo di frode nell’esercizio del commercio di cui all’art. 515 cod. pen. (ex plurimis, Sez. 3, n. 28704 del 05/04/2024, Rv. 286746; Sez. 3, n. 50783 del 26/09/2019, Rv. 277688).
1.4. Ebbene, nel caso in esame, anche laddove si volesse accedere alla prospettazione difensiva in ordine alla regolarità temporale della documentazione allegata – che reca date riferibili al 2019 mentre il reato è contestato come commesso nel 2020 – osserva il Collegio che, come indicato nella sentenza impugnata, al momento della perquisizione, l’odierno imputato non ha fornito alcuna documentazione in ordine alle autorizzazioni previste dall’Unione Europea per apporre legittimamente il marchio CE.
Né può ritenersi che la presentazione delle predette certificazioni nel corso dell’istruttoria dibattimentale possa avere efficacia liberatoria. Il ricorrente, infat avrebbe dovuto fornire elementi dimostrativi della preesistenza della documentazione richiesta all’apposizione del marchio CE sugli occhiali da sole. Come già anticipato, infatti, nel sistema normativo del regolamento 2008/765/CE, la preesistenza della dichiarazione di conformità è un requisito formale necessario – una pre-condizione – per poter apporre il predetto- marchio CE, di talché la mancata produzione della dichiarazione di conformità al momento del controllo costituisce elemento significativo per ritenere illegittimamente effettuata l’apposizione del marchio CE.
A ciò si aggiunga ché, nel caso di specie, la documentazione prodotta esclusivamente in lingua inglese e della quale, peraltro, la parte omette di allegare la versione tradotta in italiano – non è con certezza riferibile alla merce caduta in sequestro, essendo rimasta priva di riscontro l’affermazione del ricorrente secondo cui si tratterebbe di documentazione allegata alle fatture di acquisto al momento delle operazioni di controllo. Ciò che, nello specifico, assume particolare rilievo in considerazione del fatto che, nel verbale di sequestro prodotto dal difensore medesimo, si dà espressamente conto di come, all’atto della perquisizione, la parte
avesse esibito unicamente certificazioni e test report relativi ad occhiali da vista che, tuttavia, non sono oggetto di sequestro, avendo quest’ultimo interessato i soli occhiali da sole.
Infine, occorre rilevare come, in ogni caso, la documentazione allegata al ricorso – che il ricorrente asserisce essere stata rilasciata da un organismo notificato di cui neppure non dimostra l’accreditamento – non appare consistere in una certificazione di conformità ai requisiti di sicurezza essenziali fissati dalle disposizioni comunitarie, limitandosi piuttosto a ribadire il principio generale per il quale i produttori sono responsabili di avviare la procedura di certificazione del marchio CE tramite un organismo notificato designato e di eseguire tutte le attività necessarie, prima di apporre il marchio CE sul prodotto, senza attestarne, in alcun modo, l’effettiva applicazione nel caso di specie.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024.