LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Manifestazione non autorizzata: chi è il promotore?

La Corte di Cassazione analizza un caso di manifestazione non autorizzata davanti a un carcere durante la pandemia. La sentenza chiarisce la distinzione fondamentale tra semplice partecipante e ‘promotore’, l’unico penalmente responsabile. La Corte annulla le condanne per la manifestazione per mancanza di prove sul ruolo di promotore, annulla la condanna per detenzione di esplosivi perché il quantitativo era inferiore alla soglia di legge, ma conferma la condanna per l’accensione di petardi, qualificandola come reato di pericolo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Manifestazione non autorizzata: la Cassazione distingue tra promotori e partecipanti

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, interviene su un caso di manifestazione non autorizzata svoltasi durante il lockdown, offrendo chiarimenti cruciali sulla responsabilità penale dei soggetti coinvolti. La decisione distingue nettamente il ruolo del ‘promotore’ da quello del semplice partecipante e fissa i paletti per la configurabilità di altri reati connessi, come la detenzione di esplosivi. Analizziamo i punti salienti di questa pronuncia.

I fatti del caso

Dodici persone venivano condannate dal Tribunale di Bologna per aver promosso una manifestazione non autorizzata davanti alla Casa Circondariale della città. L’evento, avvenuto in solidarietà con i detenuti durante il periodo di restrizioni per la pandemia, vedeva tre degli imputati accusati anche di reati specifici: due per accensioni ed esplosioni pericolose (art. 703 c.p.) per aver lanciato petardi, e uno per detenzione di materie esplodenti (art. 678 c.p.) in relazione a cinque ‘bombe-carta’.

La Corte di Appello, investita dell’impugnazione, dichiarava gli appelli inammissibili, poiché la condanna era stata limitata alla sola pena pecuniaria dell’ammenda. In base alla normativa processuale (art. 593, comma 3, c.p.p.), tali sentenze non sono appellabili e possono essere contestate solo con ricorso diretto alla Corte di Cassazione. Gli atti venivano quindi trasmessi alla Suprema Corte.

L’analisi della Corte di Cassazione

La Cassazione ha esaminato i diversi capi d’imputazione, giungendo a conclusioni differenziate. In primo luogo, ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello: le sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda sono inappellabili e ricorribili unicamente per cassazione.

La distinzione tra partecipante e promotore nella manifestazione non autorizzata

Il punto centrale della sentenza riguarda il reato di cui all’art. 18 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.). La Corte ha accolto i ricorsi su questo punto, annullando la condanna per tutti gli imputati e rinviando il caso al Tribunale per un nuovo giudizio.

La motivazione è netta: la legge punisce esclusivamente i promotori di una riunione in luogo pubblico non preavvisata, non i semplici partecipanti. La sentenza di primo grado era viziata da una carenza motivazionale grave, poiché non aveva individuato concretamente chi, tra i dodici imputati, avesse effettivamente svolto il ruolo di promotore. Non è sufficiente essere presenti a una manifestazione per essere considerati promotori. È necessario dimostrare un contributo attivo all’ideazione, organizzazione o direzione dell’evento, ad esempio attraverso l’uso di un megafono per guidare i cori, l’interlocuzione con le forze dell’ordine a nome del gruppo o la gestione di un servizio d’ordine.

La sentenza impugnata, non avendo descritto tali comportamenti specifici e non avendo neppure utilizzato il termine ‘promotore’, aveva di fatto esteso la responsabilità a tutti i presenti in modo generico e indistinto, contravvenendo alla lettera e allo spirito della norma.

La detenzione di materie esplodenti e il lancio di petardi

La Corte ha invece trattato diversamente le altre due accuse:

1. Detenzione di materie esplodenti (art. 678 c.p.): La condanna a carico dell’imputato trovato in possesso di cinque ‘bombe-carta’ è stata annullata senza rinvio ‘perché il fatto non sussiste’. La giurisprudenza consolidata stabilisce che la detenzione senza licenza di ‘materie esplodenti’ (come la polvere pirica dei fuochi d’artificio) diventa reato solo se il quantitativo supera i 5 kg di peso netto. Nel caso di specie, il peso complessivo del materiale era stato stimato tra i 150 e i 200 grammi, una quantità ben al di sotto della soglia di rilevanza penale. Pertanto, la condotta non costituiva reato.

2. Accensioni ed esplosioni pericolose (art. 703 c.p.): Le condanne per i due imputati che avevano acceso e lanciato petardi in direzione della recinzione del carcere sono state confermate. La difesa sosteneva che i petardi non erano stati lanciati contro persone, ma la Corte ha ribadito che l’art. 703 c.p. configura un reato di pericolo. La norma non richiede che si verifichi un danno effettivo, ma punisce la semplice creazione di una situazione potenzialmente lesiva per l’incolumità delle persone. Il fatto che i petardi siano stati esplosi in un luogo dove era in corso un’adunanza di persone era di per sé sufficiente a integrare il reato, data la concreta possibilità di arrecare danno.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione delle norme e sulla distinzione tra diverse tipologie di reato. Per la manifestazione non autorizzata, si riafferma un principio di garanzia: la responsabilità penale è personale e non può essere estesa per ‘trascinamento’ a tutti i presenti. È onere dell’accusa provare il ruolo specifico di ciascun imputato. Per la detenzione di esplosivi, la Corte applica un criterio quantitativo stabilito dalla legge, che funge da spartiacque tra illecito e condotta penalmente irrilevante. Infine, per le accensioni pericolose, prevale la natura di reato di pericolo, finalizzato a prevenire rischi per la sicurezza pubblica, a prescindere dall’esito concreto dell’azione.

Le conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti operativi. In primo luogo, ribadisce che partecipare a una manifestazione non preavvisata non è, di per sé, reato. La responsabilità penale ricade unicamente su chi la promuove e la organizza attivamente. In secondo luogo, chiarisce che la detenzione di modiche quantità di articoli pirotecnici, pur se illegale sotto altri profili, non integra il reato di cui all’art. 678 c.p. se non si supera la soglia dei 5 kg. Infine, conferma che il lancio di petardi in luoghi affollati è sempre una condotta penalmente rilevante, in quanto crea un pericolo concreto per l’incolumità pubblica che la legge intende prevenire.

Chi risponde penalmente per una manifestazione non autorizzata?
Secondo la sentenza, del reato di omesso preavviso per una riunione in luogo pubblico risponde penalmente solo il ‘promotore’, ovvero colui che progetta, indice, organizza o collabora attivamente alla realizzazione dell’evento. La semplice partecipazione non è sufficiente a fondare una responsabilità penale.

Quando la detenzione di ‘bombe-carta’ o petardi costituisce reato?
La detenzione di ‘materie esplodenti’, come quelle contenute in petardi o ‘bombe-carta’, non costituisce il reato previsto dall’art. 678 c.p. se il quantitativo di polveri esplodenti non supera la soglia di cinque chilogrammi di peso netto. Al di sotto di tale soglia, il fatto è penalmente irrilevante.

Perché lanciare petardi durante un assembramento è reato anche se nessuno si fa male?
Il reato di accensioni ed esplosioni pericolose (art. 703 c.p.) è un ‘reato di pericolo’. Ciò significa che la legge punisce la condotta per la sua potenziale pericolosità, indipendentemente dal fatto che si sia verificato un danno concreto a persone o cose. L’atto di lanciare un petardo in un luogo dove sono presenti più persone è sufficiente a integrare il reato perché crea una concreta possibilità di ledere l’incolumità pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati