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Mandato di arresto europeo: quando si può rifiutare?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino rumeno contro la sua consegna alla Romania, richiesta tramite mandato di arresto europeo per l’esecuzione di una condanna per tentato omicidio. Il caso verteva sul rischio di trattamenti inumani a causa delle condizioni carcerarie rumene. La Corte ha ritenuto sufficienti le garanzie specifiche fornite dalle autorità rumene riguardo allo spazio individuale minimo in cella e alle condizioni di detenzione, escludendo un pericolo concreto e attuale per il soggetto richiesto e confermando la legittimità della consegna.

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Pubblicato il 3 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo e Diritti Umani: Le Garanzie dello Stato Richiedente

La cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea si fonda sul principio di reciproca fiducia. Tuttavia, cosa accade quando l’esecuzione di un mandato di arresto europeo rischia di violare i diritti fondamentali della persona richiesta? La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un chiarimento cruciale sul bilanciamento tra l’esigenza di cooperazione e la tutela della dignità umana, specificando il valore delle garanzie fornite dallo Stato richiedente sulle condizioni di detenzione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un cittadino rumeno, destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dalla Romania per l’esecuzione di una pena definitiva a 5 anni di reclusione per tentato omicidio. La Corte di Appello di Catania aveva inizialmente disposto la consegna, ma la decisione era stata annullata dalla Corte di Cassazione a causa di dubbi sulle condizioni carcerarie rumene, notoriamente afflitte da problemi di sovraffollamento.

La questione centrale era il potenziale rischio che il soggetto fosse sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). A seguito dell’annullamento, la Corte di Appello ha richiesto informazioni supplementari alla Romania. Le autorità rumene hanno fornito rassicurazioni specifiche: il detenuto sarebbe stato inizialmente collocato in quarantena presso la Casa Circondariale di Bucarest Rahova, in una stanza con uno spazio minimo assicurato di 3 mq, per poi essere trasferito in un penitenziario vicino al suo domicilio, garantendo condizioni igieniche adeguate, accesso a programmi rieducativi e alla luce naturale. Sulla base di queste garanzie, la Corte di Appello ha nuovamente ordinato la consegna. Contro questa decisione, il soggetto ha proposto ricorso per cassazione.

L’Analisi della Corte e le Regole sul Mandato di Arresto Europeo

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali: una violazione procedurale (il mancato rispetto di un termine di 20 giorni per la decisione) e, soprattutto, il merito della questione, sostenendo che le garanzie fornite dalla Romania non fossero sufficienti a scongiurare il rischio di violazione dei diritti umani. In particolare, si evidenziava che lo spazio garantito durante la quarantena era esattamente di 3 mq, il minimo sindacale, e che in una delle possibili strutture di destinazione lo spazio individuale era addirittura inferiore (2,04 mq).

La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le obiezioni. Sul piano procedurale, ha chiarito che il termine di 20 giorni è meramente ordinatorio e la sua violazione non invalida la decisione. Sul piano sostanziale, il cuore della sentenza, la Corte ha ribadito il principio stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nei celebri casi Aaranyosi e Caldararu.

Questo principio impone un test a due fasi:
1. Valutazione Generale: L’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione deve verificare se esistono prove oggettive, attendibili e aggiornate di carenze sistemiche o generalizzate nelle condizioni di detenzione dello Stato emittente.
2. Valutazione Specifica: Se tali carenze esistono, l’autorità deve verificare in modo concreto e preciso se, nel caso specifico, la persona richiesta corra un rischio reale di essere sottoposta a trattamenti inumani o degradanti.

Le Motivazioni della Decisione

Secondo la Suprema Corte, la Corte di Appello ha correttamente applicato questo principio. Dopo aver riconosciuto l’esistenza di un problema generale nel sistema carcerario rumeno, ha giustamente richiesto informazioni supplementari per valutare il rischio specifico e concreto per l’individuo. Le risposte fornite dalla Romania sono state ritenute “esaustive” e idonee a escludere tale rischio. Le autorità rumene non si sono limitate a generiche rassicurazioni, ma hanno indicato le strutture specifiche, le condizioni di detenzione (spazio minimo, accesso all’aria, programmi trattamentali) e hanno fatto riferimento a un “Action Plan” presentato al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa per migliorare strutturalmente il sistema penitenziario.

La Corte di Cassazione sottolinea che, a fronte di informazioni così dettagliate, l’autorità giudiziaria italiana non può sostituire la propria valutazione a quella dello Stato richiedente, ma deve prenderne atto. Il rischio di trattamento degradante, che secondo la giurisprudenza europea è presunto quando lo spazio individuale è inferiore a 3 mq, è stato escluso dalle garanzie fornite, che assicuravano il rispetto di tale soglia o la presenza di fattori compensativi (maggiore libertà di movimento fuori dalla cella, accesso a attività, etc.).

Conclusioni: L’Importanza delle Garanzie Specifiche

La sentenza consolida un principio fondamentale nella gestione del mandato di arresto europeo: la presunzione di rispetto dei diritti fondamentali da parte di uno Stato membro può essere vinta solo da prove concrete di un rischio reale e individuale. Quando lo Stato emittente fornisce garanzie specifiche, dettagliate e credibili, queste sono sufficienti a superare i dubbi derivanti da carenze sistemiche. La cooperazione giudiziaria prevale, basandosi sulla fiducia rafforzata da un dialogo informativo tra le autorità. La decisione finale, quindi, non nega i problemi esistenti, ma conclude che, nel caso concreto, sono state adottate misure adeguate per proteggere i diritti fondamentali della persona da consegnare.

È possibile rifiutare un mandato di arresto europeo se le carceri del Paese richiedente sono generalmente sovraffollate?
Sì, ma non basta. L’autorità giudiziaria deve prima verificare se esiste un rischio generale di trattamenti inumani. Se esiste, deve poi accertare se, nel caso specifico, la persona richiesta correrà un rischio concreto e reale di subire tale trattamento. La consegna può essere rifiutata solo se questo rischio specifico non viene escluso dalle garanzie fornite.

Che valore hanno le rassicurazioni fornite dallo Stato che emette il mandato di arresto europeo?
Le rassicurazioni hanno un valore fondamentale. Se lo Stato richiedente fornisce informazioni specifiche e dettagliate sulle condizioni di detenzione che saranno riservate alla persona (come lo spazio minimo in cella, l’accesso a programmi, le condizioni igieniche), e queste informazioni sono idonee a escludere il rischio concreto di trattamento inumano, l’autorità giudiziaria deve prenderne atto e disporre la consegna.

Il mancato rispetto dei termini processuali per decidere sulla consegna invalida la decisione?
No. La sentenza chiarisce che il termine di 20 giorni previsto per la decisione del giudice del rinvio è “meramente ordinatorio”. La sua inosservanza, specialmente se dovuta alla necessità di acquisire ulteriori informazioni, non comporta la nullità o l’invalidità della decisione finale sulla consegna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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