Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21176 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Gambia il DATA_NASCITA avverso la sentenza emessa il 18 aprile 2024 dalla Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che ne ha disposto la consegna all’Autorità giudiziaria finlandese in esecuzione del mandato di arresto europeo relativo alla esecuzione della sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello di Turku il 14 marzo 2024 con la quale è
stata inflitta al ricorrente la pena detentiva di anni due per il reato di traffi sostanze stupefacenti, pena di cui residuano da scontare anni uno e mesi undici.
Deduce quattro motivi di ricorso di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 18-ter della legge n. 69 del 2005 in quanto dal mandato di arresto non risulta la notifica al consegnando della data dell’udienza fissata per il procedimento finlandese né emerge con certezza se lo stesso è stato assistito da un difensore di fiducia o di ufficio. La Corte territoriale inoltre, omesso di valutare la rilevanza sulla legittimità del processo in assenza celebrato in Finlandia dell’avvenuta espulsione da detto Paese del consegnando.
1.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 24 della legge n. 69 del 2005 in quanto la Corte territoriale ha escluso l’opportunità di un rinvio dell consegna solo perché i procedimenti pendenti in Italia si trovano ancora nella fase delle indagini preliminari senza, tuttavia, effettuare / un adeguato bilanciamento della diversa gravità dei fatti oggetto del mandato di arresto europeo e di quelli per cui pendono due diversi procedimenti penali a carico del consegnando in Italia. Sostiene, infatti, il ricorrente che mentre il fatto di cui al mandato di arresto sareb qualificabile, secondo la giurisprudenza italiana, quale fatto di lieve entità, ben pi complessi sono i due procedimenti pendenti in Italia, relativi a fatti di cui all’art. d.P.R. n. 309 del 1990. Ciò non solo per l’entità della pena che potrebbe essere comminata in detti procedimenti, ma, più in generale, per l’interesse del ricorrente a partecipare a tali procedimenti e ad esercitare la possibilità di scelta di riti alternat
1.3. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 18-bis, commi 2 e 2-bis, della legge n. 69 del 2005, in quanto la Corte territoriale ha omesso di valutare l’applicabilità del motivo di rifiuto relativo alla condizione personale del consegnando, cittadino di uno Stato terzo, legittimamente ed effettivamente residente sul territorio italiano, omettendo, così, di considerare la recente sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2023.
1.4. Con il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 69 del 2005 in quanto la legge finlandese punisce il reato ascritto al consegnando con la pena alternativa della multa o della reclusione fino a due anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
Il primo motivo è manifestamente infondato ed aspecifico. Risulta sia dalla sentenza impugnata che dal mandato di arresto europeo che il ricorrente non è comparso personalmente al processo e che, essendo al corrente della data fissata, ha conferito un mandato ad un difensore, nominato dall’interessato o dallo Stato, dal quale è stato in effetti patrocinato.
Sulla base di tale attestazione, rispondente ai requisiti richiesti dall’art. 6, comma 1-bis, lett. a e b, legge n. 69 del 2005, la Corte territoriale ha, dunque, legittimamente escluso la configurabilità del motivo di rifiuto invocato dal ricorrente.
Va, peraltro, considerato che il motivo in esame, trascurando il chiaro dettato normativo contenuto alla lett. b dell’art. 6, comma 1-bis, insiste su una circostanza (l’incertezza sul patrocinio da parte di un difensore di fiducia o di ufficio) che, di sé, stante l’attestazione contenuta nel mandato di arresto in esame, è irrilevante ai fini della configurabilità del motivo di rifiuto.
Rileva, inoltre, il Collegio che la questione relativa all’avvenuta espulsione del ricorrente è stata introdotta in termini vaghi e meramente esplorativi nel motivo in esame, senza alcuna allegazione documentale a sostegno della censura né alcuna specifica deduzione in ordine alle circostanze di tempo in cui sarebbe avvenuta l’asserita espulsione, non specificandosi, ad esempio, se e in quale data il ricorrente abbia ottemperato all’ordine di espulsione ovvero lo stesso sia stato accompagnato alla frontiera dello Stato emittente. In ogni caso, si tratta di una questione di fat che deve essere dedotta dinanzi all”Autorità giudiziaria dello Stato emittente.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto, di fatto, si risolve in una non consentita COGNOME censura COGNOME della COGNOME motivazione. COGNOME Il COGNOME ricorrente, COGNOME infatti, COGNOME a COGNOME fronte dell’argomentazione posta a fondamento del mancato esercizio del potere discrezionale di rinvio della consegna, fondato sul diverso stadio dei procedimenti pendenti in Italia (ancora in fase di indagini preliminari) rispetto a quello cui riferisce il mandato di arresto, si limita a censurare detta valutazione sollecitando una non consentita diversa valutazione comparativa tra i fatti oggetto di detti procedimenti.
4. Il terzo motivo è manifestamente infondato ed aspecifico.
Va, innanzitutto, premesso che a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, 6 giugno 2023, C-700/21, e della successiva sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2023, il legislatore, con il d.l. 13 giugno 2023, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 103, ha
modificato l’art. 18, comma 2, legge n. 69 del 2005, estendendo il motivo di rifiuto ivi previsto anche al cittadino di uno Stato terzo.
Il citato d.l. n. 69 del 2023, recependo sostanzialmente un consolidato indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità, ha, inoltre, introdotto all’art. 18il comma 2-bis, in cui sono stati positivizzati gli indici sintomatici del legittimo effettivo radicamento dell’interessato. La norma prevede, infatti, che ai fini dell verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano de persona richiesta in consegna, la corte di appello accerta se l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza sul territorio sia in concreto idonea ad accrescerne le opportunità di reinserimento sociale, tenendo conto della durata, della natura e delle modalità della residenza o della dimora, del tempo intercorso tra la commissione del reato in base al quale il mandato d’arresto europeo è stato emesso e l’inizio del periodo di residenza o di dimora, della commissione di reati e del regolare adempimento degli obblighi contributivi e fiscali durante tale periodo, del rispetto delle norme nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri, dei legami familiari, linguistici, culturali, sociali, economici o di altra natura che la per intrattiene sul territorio italiano e di ogni altro elemento rilevante. La sentenza è nul se non contiene la specifica indicazione degli elementi di cui al primo periodo e dei relativi criteri di valutazione.
4.1 Tenendo ferme dette coordinate normative, ritiene il Collegio che la Corte territoriale, pur facendo erroneamente riferimento alla condizione del consegnando, quale cittadino di uno Stato terzo, ha, comunque, adeguatamente argomentato in ordine alla insussistenza degli elementi fattuali necessari a ritenere che lo stesso sia radicato nel territorio in italiano. In particolare, la Corte ha reputato non rileva l’unico documento prodotto dalla difesa, sulla cui rilevanza insiste il motivo in esame, rilevando che la comunicazione dell’assunzione a tempo indeterminato del consegnando, datata 26 febbraio 2024, non solo è in contrasto con la dichiarazione resa da costui all’udienza di convalida di non svolgere alcun lavoro, ma è, comunque, inidonea a dimostrare la sussistenza dei presupposti della legittima ed effettiva residenza o dimora nel territorio da almeno cinque anni.
5. Il quarto motivo è inammissibile in quanto dedotto per la Drima volta in questa Sede e, comunque, manifestamente infondato. Va, infatti, considerato che l’art. 7 della legge n. 69 del 2005 prevede che la verifica del requisito della doppia punibilità deve essere effettuata indipendentemente dalla qualificazione giuridica e dai singoli elementi costitutivi del reato, avendo riguardo al fatto, come descritto nel mandato
di arresto europeo sul piano naturalistico-strutturale, ed alla sua previsione come reato dalla legge nazionale. A tale proposito, questa Corte ha già condivisibilnnente affermato che ai fini della verifica del requisito della doppia punibilità, presuppost indispensabile per potersi far luogo alla consegna, non è necessario che coincidano la qualificazione giuridica ed i singoli elementi costitutivi delle fattispecie incriminat previste dallo Stato richiedente e da quello richiesto (cfr. Sez. 6, n. 21336 del 26/05/2021, COGNOME, Rv. 281509).
Accanto alla astratta punibilità del fatto, l’art. 7 richiede, inoltre, che questo punito con pena o una misura di sicurezza privativa della libertà personale non inferiore a dodici mesi (comma 3) e che, qualora si tratti di un ni.a.e. esecutivo, già (.4j la pena o la misura di sicurezza inflitte abbiano una durata non inferiore a quattro mesi (comma 4).
Con riferimento a tale ultima ipotesi, contrariamente a quanto deduce il ricorrente, occorre fare riferimento non alla pena edittale, ma a quella concretamente comminata dall’autorità giudiziaria straniera (cfr. Sez. 6, n. 13367 del 22/03/2018, Clinck, Rv. 272721), pena che, nel caso di specie, è superiore al limite previsto dal citato art.7, comma 4.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso il 28 maggio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore